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Paolo Becchi: "Giuseppe Conte vuol fare un partito di centro alleato con la sinistra. Mossa che spiazza Renzi"

Cristina Agostini
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Si parla tanto di Di Maio, della crisi del M5s, degli errori di Salvini, e piuttosto poco di Conte. Indicato due volte come Presidente del Consiglio dai 5 Stelle, in realtà sta giocando da tempo la sua partita. L' ex avvocato del popolo sarebbe infatti pronto a mettersi a capo di quella che alcuni chiamano - impropriamente a dire il vero - la "nuova" Democrazia cristiana. Non a caso il 18 gennaio si è tenuta a Roma "la giornata della riunificazione democristiana" promossa dalla federazione democratico-cristiana e dalla fondazione Dc. Presenti Gianfranco Rotondi, Calogero Mannino, Lorenzo Cesa, uno dei figli di Giulio Andreotti e la figlia di Aldo Moro. Lo stesso Rotondi ha proposto che questo soggetto politico prenda il nome di "Partito popolare europeo", mantenendo il simbolo dello scudo crociato. Di tentativi di ricostituire la "balena bianca" negli ultimi decenni ce ne sono stati diversi, tutti finiti male o quantomeno senza un significativo riscontro elettorale. Ma stavolta è diverso, infatti - oltre ai soliti nostalgici che ormai non prendono voti nemmeno dalle loro famiglie - a fare da leader di questo nuovo soggetto politico potrebbe essere proprio l' attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte che verrebbe seguito da alcuni fuoriusciti del M5S come Fioramonti (e altri dissidenti in cerca di una sistemazione), ma soprattutto dagli ex Dc Pierluigi Castagnetti e Bruno Tabacci. IL SÌ DEL COLLE - L' operazione potrebbe essere vista di buon occhio dal Presidente della Repubblica, vecchio Dc e buon amico di Castagnetti. E di sicuro troverebbe una sponda in Vaticano, dove da sempre Conte gode di ottimi rapporti. Altro che Meloni e Crosetto in visita segreta da emissari di Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, come qualcuno ha scritto per seminare zizzania nel centro destra. Bisognerebbe semmai chiedersi chi ha interesse a far uscire queste invenzioni. Come che sia, Conte potrebbe riuscire laddove non riuscì Monti alle politiche del 2013. Il bocconiano era troppo spigoloso, dai modi di fare aristocratici e non godeva di consenso, il foggiano è scaltro, pronto al compromesso, e gode non solo del sostegno dei cosiddetti poteri forti ma anche del consenso popolare. Il suo obbiettivo è chiaro. Costruire un centro forte, in una coalizione di centro sinistra. Un partito di centro che sia la (brutta) copia della Dc potrebbe, del resto, risultare utile a Zingaretti in un' ottica elettorale di coalizione, coi voti perduti dal M5S che stanno già ritornando nell' area di centrosinistra, anche grazie alla discesa in campo di Conte, che non si può negarlo gode di consenso. Questa manovra, se andasse a buon fine, metterebbe in seria difficoltà anzitutto Matteo Renzi. Il senatore di Firenze, scoraggiato dai sondaggi che danno la sua Italia Viva intorno al 4%, ha deciso di far durare l'attuale legislatura, assumendosi persino il rischio del taglio dei parlamentari con il referendum confermativo. Da tempo abbaia ma non morde. Questa mossa difensiva di Renzi consentirà però a Conte di avere tutto il tempo necessario per dar vita ad un nuovo soggetto politico, magari formando già gruppi parlamentari, se avrà forza sufficiente. E a quel punto Zingaretti - con l'apporto della "nuovo centro" di Conte - avrà a disposizione il suo bel centrosinistra per competere col centrodestra, con Renzi in una posizione marginale. L'estate scorsa Renzi è stato abile con la mossa del cavallo, ma ora sta sottovalutando Conte, come in passato avevano fatto Di Maio e Salvini. E non è detto che Conte, alla fine, non lo metta sotto scacco. Matto? di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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