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Islam, la profezia della Ghisleri: "La verità sul terrorismo in Italia"

Andrea Tempestini
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«I sondaggi sono come il mare, sempre in movimento, sarà per questo che mi ci trovo come un pesce nell'acqua». Già, perché Alessandra Ghisleri, sondaggista che mette d'accordo Berlusconi e Ballarò è laureata in Oceanografia Paleontologica… «Sì, e mi piaceva moltissimo, mi sono laureata sul mare tra Ponza e Palmarola, ma non vedevo sbocchi occupazionali che mi garantissero il futuro. Fortuna che mentre studiavo avevo iniziato a fare qualche lavoretto. Prima come vestierista per le sfilate di moda, poi venditrice negli show room, intervistatrice telefonica...». È lì che ha capito la sua vocazione? «Lì ho capito che il mondo si poteva leggere da tanti punti di vista. La svolta fu quando mi diedero da sintetizzare dei dati per un professore universitario: io riuscii a fornire una buona chiave di lettura ed entrai a far parte di un importante istituto di ricerca italiano». Renzi, Boschi, le banche: è girato il vento? «Dopo gli ultimi crolli delle banche in borsa e le vicessitudini del padre della Boschi, per la seconda volta Renzi è sceso sotto il 30% di gradimento. La prima volta era accaduto a novembre, quando scoppiò la vicenda Banca Etruria». La gente pensa che Etruria sia colpa sua? «Siamo in Toscana, la geografia non lo aiuta. E neppure il fatto che uno dei responsabili del fallimento della banca sia individuato dall'opinione pubblica nel padre del ministro a cui il premier si è dimostrato più vicino. In più pesa la rivendicazione della paternità del decreto che ha salvato le banche ma non gli obbligazionisti». Ma lui ha spiegato che è stata la Ue a condannare i risparmiatori, impedendo l'intervento del Fondo di tutela interbancario… «Certo l'Europa avrà le sue responsabilità, ma quello che hanno capito gli elettori è che ci sono state persone obbligate a comprare, a cui è stato impedito di recedere e che hanno perso tutto. Persone normali, non grandi speculatori e questo penalizza il premier in termini di consenso. Dopo anni di crisi, l'argomento soldi è molto sentito: per gli italiani la stabilità economica è la cosa più importante, tre volte più della salute». Un dato che l'ha sorpresa? «Per gli italiani, grandi risparmiatori, il denaro è il salvacondotto dei sogni. La vicenda Etruria li ha fatti sentire vulnerabili, come se qualcuno potesse rubare loro un pezzo di vita. Il dato mi ha sorpreso per le dimensioni: il 60% sogna di cambiare condizione economica e lavorativa». Quali altri fatti recenti sono stati in grado di cambiare il comune sentire? «La strage di Parigi e le donne molestate da squadre di musulmani a Colonia. Il Bataclan ci ha fatto capire che tutti siamo attaccabili: al bar, nel metrò. Ha cambiato l'approccio con il terrorismo islamico più dei video delle decapitazioni». E le donne di Colonia? «Quelle violenze hanno svelato, anche ai più favorevoli, le difficoltà dell'integrazione. Prima la diffidenza verso l'immigrato era legata alla criminalità o al lavoro, ora gli italiani hanno paura di essere sottomessi, prevaricati nelle loro abitudini e identità. Parte tutto dalla vita quotidiana: gli odori diversi del cibo, il velo, la paura di esibire la croce, le scuole che non fanno più il presepe, il non poter dare la mano alla vicina islamica perché si è considerati impuri. Si teme che la libertà che concediamo non ci venga ricambiata e anzi ci colpisca come un boomerang». È cambiata anche la coscienza etica… «Credo che lo spartiacque sia stata la vicenda di Eluana Englaro, quando il padre disse che “lei non è più la ragazza che vedete nelle foto sui giornali”. È come se fosse saltato un tappo: la gente ha subito avvertito l'esigenza di avere una maggiore libertà di scelta sulla propria vita». Cosa ha inciso sul sì alle unioni gay? «Un fatto importante è stato quando Barilla ha dovuto fare retromarcia sul no agli spot con famiglie gay. Subito dopo sono comparse, forse per reazione, le prime pubblicità con famiglie gay. E il concetto di famiglia, fondante per la nostra società, si è allargato nella percezione degli italiani, che in maggioranza oggi vogliono vedere riconosciuti i diritti di chi, al di là del sesso, desidera costruire il suo nucleo. Diverso è per le adozioni, perché la maggioranza vuole tenere i bambini fuori dalle rivendicazioni gay». Che forza mediatica ha Renzi? «È carismatico. Perfino l'inglese maccheronico e il suo piccolo difetto di pronuncia, quando sibila o si incespica, sono un punto di forza, perché generano empatia. È stato vincente puntare sulla rottamazione di un centrosinistra arroccato. I suoi segreti sono mettersi in gioco, risultare un po' ganzo e un po' vicino alla gente e la capacità mediatica: è facile da ascoltare e semplice da interpretare. Ma i pregi che portano sù possono diventare le bucce di banana su cui si scivola: se sei chiaro, gli elettori capiscono e se non mantieni le promesse ti puniscono. L'importante per lui ora è non perdere il contatto con la gente». Davvero il centrodestra ha più voti? «Oggi la maggioranza di governo si attesta sul 30-35%. Il restante 60-65% è opposizione, rappresentata da M5s e centrodestra. Comunque non bisogna dimenticare che da tempo più di un terzo degli italiani non vota». Insomma, il centrodestra è primo ma non può vincere perché non ha una leadership? «Il problema del centrodestra oggi è di mostrare di essere una forza compatta. L'elettorato c'è ma manca un programma comune su cui chiedere il voto e in forza del quale esprimere un leader. La manifestazione di Bologna, con Berlusconi, Salvini e Meloni insieme, ha riacceso l'interesse ma non c'è stato un seguito forte». Forza Italia è ai minimi storici. Berlusconi può ancora rianimarla? «Berlusconi è capace di rimonte impossibili. Alle elezioni del 2013 in poco più di due mesi riportò il partito dal 12-13% fino quasi al 22%. Gli restano una storia personale insuperabile e una grande sensibilità verso gli elettori ma oggi ha una difficoltà in più: la sua incandidabilità». Cosa fu decisivo nella rimonta del 2013? «L'effetto Santoro, la spolverata alla sedia di Travaglio, il flop di Monti, e la sinistra che smacchiando il giaguaro l'ha imposto al grande pubblico come vittima. Infine, il supporto indiscusso e unanime sia dal suo partito sia dagli alleati». È cambiato molto da allora? «È cambiato tutto. Il responso elettorale, un sostanziale pareggio a tre, ha indicato la necessità del compromesso, che per un certo periodo è stato addirittura voluto dall'opinione pubblica». Vogliamo il Partito della Nazione? «Il Nazareno aveva consenso. Gli elettori chiedevano a ogni partito di dare il proprio valore aggiunto in un momento di difficoltà. Ora però la situazione è mutata nuovamente». E chi può vincere oggi? «Chi convince gli astenuti, come sempre. E gli astenuti sono giovani, partite Iva, autonomi, le categorie in cerca di punti di riferimento». Ma se il Partito della Nazione piaceva, come mai i partiti di centro arrancano? «E chi l'ha detto? Dipende come identifichiamo i partiti di centro: Pd e Forza Italia per lei cosa sono? Soffrono le forze minori di centro perché non riescono a marcare la loro specificità». Come si spiega il boom della Lega? «Merito dell'operazione pulizia che ha generato una nuova classe dirigente e di Salvini, punto di riferimento. Ha un'energia incredibile, sta sulla strada, sposa le battaglie delle persone reali. Di ogni storia fa un caso da prima pagina, dal pensionato che spara al ladro alle case occupate dagli abusivi. Inoltre la Lega, con M5s, è l'unico partito a praticare ancora il porta a porta». E i Cinquestelle? «Erano in crescita costante, secondo partito dopo il Pd, terzo dopo gli astenuti. Poi c'è stata la vicenda del sindaco di Quarto, e in una settimana hanno perso quasi il 2%. Ora bisogna vedere che sviluppi avrà il caso. M5s ha basato la sua forza su onestà e lotta al malaffare e qualsiasi intoppo potrebbe rivelarsi un dazio pesante». Di Maio e Di Battista sembrano gli eredi: come mai sono emersi proprio loro? «Di Maio parla bene, si veste bene, è pacato, è berlusconiano come approccio. Di Battista è un personaggio, tiene il palco, ha presenza». Un po' di pagelle: la Meloni? «La bravura. È preparata, è una politica nata, ha fatto la gavetta e la gente lo riconosce». Il sindaco in pectore di Milano, Sala? «L'elettorato chiede a un sindaco onestà, competenza, semplicità e contatto diretto con i cittadini: nessuno deve sentirsi escluso. Il biglietto da visita dell'Expo è straordinario ma non basta. Per Sala può essere più difficile vincere le primarie che il ballottaggio, perché la base meneghina del Pd è molto vicina al sindaco uscente». Il non rottamabile Bersani? «È molto amato, soprattutto da che c'è Renzi. È considerato una brava persona, semplice ma accorto. L'accento emiliano è un punto di forza. Nel 2013 perse perché restò vittima del suo giardino. Il Pd non riuscì a liberarsi dell'antiberlusconismo ma molti elettori erano stanchi: nei sondaggi dicevano Pd, al dunque votarono Grillo». Un vostro capolavoro fu nel 2006: Berlusconi perse per 24mila voti ma voi foste gli unici a prevedere un testa a testa... «In 5 anni era molto cambiato il corpo elettorale, con 3,5 milioni di nuovi voti. L'abilità fu catturare l'attenzione dei giovani, sui cui lo schema dell'Ulivo, ossia un centro democristiano sbilanciato a sinistra, non faceva più presa». Quella sinistra è davvero morta? «È significativo il nostro sondaggio sui licenziamenti dei furbetti del cartellino nella Pubblica Amministrazione. Il 30% degli intervistati accusa i sindacati di proteggere i fannulloni». intervista di Pietro Senaldi @PSenaldi

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