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Dalla Rai a Silvio, i deliri di Muccino neuro-tuttologo su Twitter

Gabriele Muccino

Eliana Giusto
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Gabriele Muccino in versione critico televisivo alla Aldo Grasso è tra le cose più divertenti che l'estate 2013 riesce a regalarci. Belen si sposa a settembre, George Clooney ha pensato di mollarsi proprio qualche giorno prima che la bella stagione scoppiasse e di scovare la Marini col pancino non c'è speranza, Valeriona nostra lo ha detto apertamente che non è in dolce attesa. Meno male quindi che a strapparci un sorriso, sotto il solleone, ci pensa il regista di Sette anime e L'ultimo bacio. Ultimamente, la sua Ricerca della felicità sembra trovare corrispondenza nella polemica. Adesso ce l'ha con la Rai. Non si sa perché. «Io attribuisco ogni responsabilità della decadenza culturale e di conseguenza politica, sociale ecc del nostro Paese - scrive Muccino - a come la Rai si è comportata dall'avvento delle tv commerciali in poi perdendo la sua identità, il suo prestigio culturale, il suo coraggio, la sua forza e il suo dovere di restare neutrale e servizio pubblico senza dover rincorrere, con logiche competitive e commerciali, i programmi dell'allora nascente Biscione». Se qualcuno era rimasto alla sua lite mediatica con il fratello minore Silvio a colpi di Twitter, il conseguente abbandono indignato del social network e il repentino rientro, non può perdersi il seguito della Muccino Senior History. Dal suo profilo Facebook, il regista. Gabriele è scatenato e scrive una serie di post velenosi. «Il peccato originale della Rai è stato quello di inseguire le leggi dell'auditel e quindi abbassare il livello dei suoi programmi per competere con Mediaset. Una tv pubblica aveva il dovere di servire chi pagava il canone e continuare a dispensare teatro, cultura, cinema, intrattenimento ma soprattutto informazione neutrale» o ancora: «La Tv pubblica, che ha il dovere di offrire quello che è all'altezza del ruolo che ricopre, non deve assecondare i telespettatori. Quello lo lascino fare alle Reti come Mediaset che hanno bisogno di audience per vendere pubblicità. Questa differenza è chiara e fondamentale eppure non sembra esserlo mai stata abbastanza, seppur il Canone serva proprio a questo: ad essere indipendenti dalle logiche competitive». E da quello che si legge sul social network ideato da Mark Zuckerberg, Muccino sembra aver addirittura abbandonato le numerose riserve nei confronti di Berlusconi, riserve che aveva ampiamente manifestato, non troppo tempo fa.  Sì, per un periodo, il chiodo fisso di Gabriele, anche qui senza che ne spiegasse il motivo,  è stato l'ex presidente del Consiglio, che forse ha pagato il prezzo di portare lo stesso nome del fratello Silvio. Tutto può essere. E sorprende anche il fatto che per sfogarsi lo sceneggiatore romano abbia scelto un social network, proprio lui che si era detto pronto ad abbandonare il cinguettio di Twitter perché indisposto dalle critiche dei follower. Anzi, a un certo punto era sparito sul serio ma, come molti altri, non ha resistito ed è tornato più agguerrito di prima. Insomma «il nuovo Grasso» sembra un po' volubile nelle scelte, ma ci piace così. Aspettiamo quindi una nuova puntata e un suo nuovo capolavoro. Cinematografico, s'intende. di Antonella Luppoli

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