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Sallusti avverte Conte: "Fossi in lui non dormirei tranquillo". Così il pentapartito di Renzi lo farà fuori

Giulio Bucchi
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Cosa c'è dietro la scissione di Matteo Renzi dal Pd? Lo spiega, sinteticamente, Alessandro Sallusti nel suo editoriale sul Giornale: "Indebolisce il Pd di Zingaretti da tutti i punti di vista. Si mette in proprio, accede al cospicuo finanziamento pubblico concesso ai gruppi parlamentari, avrà sue delegazioni ai tavoli di qualsiasi trattativa e, cosa importante, una quota certa delle 400 nomine, senza dovere più passare da Zingaretti, che il governo sarà chiamato a fare nei prossimi mesi". Leggi anche: "Salvini? La partita non è finita". Sallusti, una bomba su Pd e M5s La scissione parlamentare, e presto elettorale, darà vita a una nuova versione del pentapartito anni 80: "Entrambi nascono in laboratorio contro qualcosa (l'ascesa del Pci, allora, della Lega e del centrodestra, ora) - analizza Sallusti - avere come obiettivo ultimo dell'anomala alleanza l'elezione di un capo dello Stato amico, oltre ovviamente a una spartizione di nomi e poltrone da manuale Cencelli". "Se fossi Conte - conclude il direttore - non dormirei tranquillo. Per stare in piedi, la formula del pentapartito prevedeva la rotazione a premier, nel corso della legislatura, dei leader dei tre partiti principali, la famosa staffetta tra Spadolini, Craxi e De Mita. Non so se questo è quello a cui pensa Renzi ma conoscendo la sua indole diabolica non lo escluderei".

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