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Greta Thunberg, che figuraccia. Beccata a viaggiare sul treno a gasolio (che inquina)

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Cristina Agostini
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È arrivata a Madrid la ragazzina svedese Greta Thunberg, paladina dell'eco-oltranzismo, sicura di catastrofismi climatici su cui ancora oggi non fior di scienziati dubitano e dibattono. Parteciperà alla Conferenza internazionale sul Clima Cop25 (cioè la 25° edizione della "Conference of the Parties to the UN Framework Convention on Climate Change"), in atto fino al 13 dicembre. La ragazza già alle 18 di ieri era la star della marcia per il clima iniziata dalla piazza di Atocha. Ha poi concluso il corteo con l'attore spagnolo Javier Bardem. Anche in terra iberica, come già nel suo tour in America, Greta rinnoverà parole d'ordine che mischiano a sproposito clima, critica sociale, femminismo, in un guazzabuglio che farebbe rizzare i capelli alla comunità scientifica, che da anni studia seriamente il problema. Va ripetendo: «La crisi climatica non riguarda solo l'ambiente naturale. È una crisi di diritti umani, di giustizia e di volontà politica. I sistemi di oppressione colonialista, razzista e patriarcale l'hanno creata e alimentata». E poi: «Nonostante le proteste, non è stato fatto nulla». Leggi anche: Greta Thunberg, crollo psicologico della baby attivista: "Dopo un anno...", qua c'è odore di resa Dimenticando che, almeno in Occidente, la tecnologia del basso consumo ha fatto passi da gigante, negli ultimi 30 anni. Greta parla di «oppressione patriarcale» come causa dell'inquinamento. Ma se oggi le donne sono più libere, lo si deve anche alla tecnologia, che dal 1900 ha semplificato gran parte di quel lavoro domestico che gravava su mogli e madri. Se le donne oggi lavorano, lo si deve a quella rivoluzione che, nel bene e nel male, si ebbe a partire dalla Prima Guerra Mondiale, per la necessità di sostituire nelle fabbriche gli uomini partiti per il fronte. IL PROGRESSO - Il patriarcato dei secoli passati, invece, è così antico che ha sempre caratterizzato proprio quelle società preindustriali che vivevano entro i limiti posti dalla natura. Chissà quante delle studentesse che hanno marinato la scuola per seguire Greta, sarebbero contente di tornare indietro nel tempo, in un mondo non inquinato, ma in cui, allora sì, c' era il vero patriarcato e, fra l' altro, non c' era nemmeno il tempo per andare a scuola, poiché bisognava zappare la terra a mano. Certo, ancora oggi troppe donne soffrono di prevaricazione, ma, guardacaso, accade tendenzialmente più in paesi non occidentali. E non c' entra con l' inquinamento in sè. Sembra di risentire da Greta vaghe eco di slogan anni Settanta, impastati alla meno peggio. Anche l' idea che lo sviluppo industriale sia un complotto "razzista" e "colonialista" è datata. Sono proprio nazioni emergenti come Cina e India che accusano di "colonialismo" quei Paesi occidentali che si lamentano dell' inquinamento di origine orientale. La svedese, invece, attacca i governi occidentali, ma non il regime cinese, che rivendica il "diritto" a inquinare. Forse Greta non bada alle contraddizioni, se si tiene conto che dall'America era tornata in Europa, fino al porto di Lisbona, con una barca a vela per non inquinare. Ma poi, dovendo recarsi a Madrid, che non si affaccia sul mare, ha preso il comodo treno notturno "Lusitania", scartando un' auto elettrica messa a sua disposizione. Su 600 km totali, circa 100 km di linea non sono elettrificati e il treno di Greta ha dovuto farsi trainare da una locomotiva a gasolio. Anche la ragazzina non ha potuto fare a meno di inquinare, se voleva arrivare a Madrid in poche ore e non in giorni, come al tempo dei Don Chisciotte a cavallo. di Mirko Molteni

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