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Alfonso Bonafede, Formigoni in carcere per colpa sua: la Spazzacorrotti retroattiva illegittima

Giulio Bucchi
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La Corte Costituzionale ieri è stata costretta a scoprire l' acqua calda. Ha rivelato che una legge non può essere applicata su casi e circostanze antecedenti alla sua approvazione dalle Camere e promulgazione del Capo dello Stato nonché pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Sono cose che si imparano alle elementari, erano una volta sul sussidiario di quinta, nei tornei di calcio all' oratorio si spiegava che non si cambiano le regole dopo che la competizione è avviata. Eppure il Parlamento, a disgraziatissima maggioranza giallo-verde, aveva accettato violentando il buon senso e lo Stato di diritto che, essendoci di mezzo la bandiera dei Cinque Stelle, e cioè la legge "Spazzacorrotti", del "principio di retroattività" bisognava farsene un baffo. Quella legge era stata creata, con questa astuta trovata ad personam, per sbattere in galera Roberto Formigoni, da due eminentissimi giuristi: il premier Giuseppe Conte e il ministro guardasigilli Alfonso Bonafede.  Leggi anche: "Come mai hanno quel dossier. ministro?". Bonafede, bomba Iene in arrivo sul grillino Purtroppo, pur di non far cadere il governo, e (non) fare la flat tax, i leghisti si accodarono irritati ma cedevoli. La legge fu approvata il primo febbraio del 2019. Formigoni finì giusto giusto nella prigione di Bollate il 22 febbraio. In quel momento aveva 72 anni. A prescindere da qualunque considerazione sulla sua colpevolezza (a cui non crediamo al seguito di Franco Coppi che aveva parlato di «processo senza prove»), sulla base delle leggi in vigore nel momento in cui avrebbe commesso il supposto crimine di fare il bagno in un orribile costume, avrebbe dovuto finire agli arresti domiciliari. L' articolo 25 della Costituzione sostiene che «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso». L' articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell' uomo (Cedu) si appoggia a un motto del diritto romano: «Nulla poena sine lege». E così lo esplicita: «...non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso». Chiaro no? Sono stati diciassette i giudici o le corti che hanno sollevato il caso presso la Consulta. Certo, c' è chi ha provato a teorizzare che la retroattività prevista dalla Spazzacorrotti non fosse intercettabile dai radar della Costituzione e della Cedu e dunque non poteva essere abbattuta dalla Consulta. Infatti la legge Bonafede, secondo questi geni del sofisma, non appesantiva le pene, ma mutava solo la loro modalità di applicazione. Carcere sì, carcere no sarebbero la stessa cosa per costoro. Finire in prigione un ammennicolo che non cambia la sostanza della punizione, ma sarebbe solo un contorno diverso dello stesso menù. C' è un fatto che non riusciamo a spiegarci. Ed è come un giurista fine come il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, già giudice della Corte costituzionale, contornato com' è da fior di consiglieri giuridici, abbia accettato questo obbrobrio e non abbia colto "manifesta incostituzionalità" in questa declinazione sconcia del diritto, rispedendo il "pacco" alle Camere. Come mai gli è sfuggita una enormità del genere? Chi ripagherà di un ingiusta carcerazione la negligenza di qualche ufficio quirinalizio forse troppo simpatizzante per i grillini? L' avvocato dello Stato La faccenda era a tal punto chiara che persino l' avvocato dello Stato, Massimo Giannuzzi, per la prima volta nella storia repubblicana, non se l' è proprio sentita di difendere una legge del "suo" Stato davanti alla Consulta e ha chiesto di farla a pezzi. Ci sono altri casi drammatici. Ma quello di Formigoni ha risvolti di gogna pubblica che lo rende paradigmatico. È stato in cella cinque mesi esatti indebitamente. Alla richiesta di arresti domiciliari, il sostituto procuratore generale di Milano, Antonio Lamanna, si oppose e disse: «Ci sono carceri e carceri. C' è chi viene mandato a Opera o a Busto Arsizio, dove le celle sono strettissime. E c' è chi invece viene mandato a Bollate, un carcere a cinque stelle, celle aperte tutto il giorno, laboratorio di pasticceria, laboratorio di pelletteria, non sembra neanche un carcere». Dopo qualche mese, altri magistrati presero decisioni diverse. E Formigoni andò agli arresti domiciliari. Avendo però sulla testa il ricorso in Cassazione della Procura generale che esigeva per Formigoni il ritorno in carcere. Perché? L' ex governatore lombardo non avrebbe rivelato dove tiene nascosti i soldi. Formigoni nega di aver occultato anche un solo tallero. Si chiama ribaltamento dell' onere della prova. Non c' è nessuna prova di corruzione, e allora i pm chiedono a Formigoni di fornirgliele. Non lo fa? Torni in cella subito! Una pervicacia davvero notevole. ignoranza manettara La Consulta ieri ha rimesso a posto un po' di cose. Formigoni, liberato dalla minacciosa istanza della Procura milanese, all' Ansa ha commentato pacatamente: «Apprendo oggi con soddisfazione che la Corte ha ritenuto incostituzionale tale retroattività in forza della quale, purtroppo, ho subito alcuni mesi di ingiustificata detenzione. C' è da augurarsi che tale pronunciamento freni una linea di politica penale giustizialista presente nei governi di questa legislatura». Noi meno pacatamente commentiamo che la Consulta, presieduta da Marta Cartabia, facendo prevalere il diritto, ha sbugiardato l' ignoranza perversamente manettara dell' attuale ministro, che anche solo per questo suo parto legislativo mostruoso dovrebbe, se ha dignità, dimettersi. Figuriamoci. di Renato Farina

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