Anno nuovo, solita vita con antiquati rottami ideologici in bella mostra. Potrebbe essere presentato così, nel palinsesto di La7 per il 2019, l' imperdibile "Otto e mezzo" di Lilli Gruber. Perché lei, maestra di cerimonie tivù per pensose tavole gosciste, ha dato un tono vibrante al rientro dopo il cenone di Capodanno apparecchiando una trasmissione con gli stivali di Mussolini. Titolo: "Fascismo di ieri, fantasmi di oggi". Ospiti: l' esimio Luciano Canfora, storico in odore di santità stalinista; la collega universitaria Alessandra Tarquini e lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco in quota odore di zolfo. Leggi anche: "Perché la Gruber invita la Fornero". Otto e mezzo, la confessione di Pagliaro Nulla di strano, chiunque mastichi di televisione sa che tira più un pelo di fascismo d' una carrettata di numeri economici. Sarebbe perfino un favore al convitato di pietra Matteo Salvini, che gioca con gli slogan del Ventennio e, tra un selfie e l' altro mentre rumina cibarie, si esibisce in pose maschie da uomo d' ordine. Ma siccome Lilli è altoatesina, si dedica al tema con teutonica acribia. E imposta l' ordine del discorso con impareggiabile equanimità: «Dopo un dibattito seguìto per tutto il 2018, ci chiediamo: sta tornando il fascismo nel 2019?». Canfora, perfetto nel ruolo del vecchio resistenziale, risponde allarmando sulle attuali «incredibili analogie con quello che ha portato al fascismo»; e cioè «l' aggressione verbale alla passeggera che difendeva alcuni rom sull' autobus a Roma». Una chiara azione di stampo squadristico? E che dire - sempre Canfora - delle violenze che si moltiplicano in altre parti d' Italia, mentre «un esponente governativo molto potente, perché fa il ministro dell' Interno, non disdegna di mimare atteggiamenti e concetti fascisti». Eccolo, il ducetto Salvini, imprigionato in una camicia nera ed esposto per mancanza di alternative nel tritacarne della storiografia gruberiana. «Rischio Weimar» - Buttafuoco, colto frequentatore di metropolitane, ha rotto l' incanto ricordando ai presenti che l' unico fascismo in vita è quello che ha eletto domicilio nelle allucinazioni degli antifascisti: è la loro pigra e confortevole risposta alla durezza della realtà che ha voltato le spalle alla sinistra dacché la sinistra ha voltato le spalle al popolo. Una "falsificazione" brandita da chi ha bisogno di spiegarsi l' avanzata dei populisti in modo autossolutorio. Partita vinta dal cattivo? Canfora esita: affermare che sta tornando il fascismo è una formula grossolana e schematica, ma certo i segnali La professoressa Tarquini è più risoluta: «Nessuna analogia. Il fascismo era un partito rivoluzionario che praticava la violenza come mezzo di lotta politica. I fenomeni di cui parliamo oggi derivano dalla sfiducia totale nella politica. Le destre più o meno radicali e illiberali in questi anni nascono dai redditi erosi e dalle paure». Semplicisticamente impeccabile. A questo punto Gruber vacilla. Lei del fascismo di ritorno sembra non poter fare a meno. Evoca la xenofobia e il razzismo, insiste: «Ma perché abbiamo bisogno di parlare di fascismo?». Già, perché? Visto che le posizioni sono chiare, gli ospiti quasi concordano su più rassicuranti prospettive. Poi Canfora si concede un altro monito: «La dinamica può ripetersi: il migrante può diventare come l' ebreo durante Weimar». Boom. Così Gruber si rianima e torna a bomba sugli «ammiccamenti di Salvini» ai fascisti immaginari del terzo millennio. Sempre lì va a parare, la padrona di casa, come per un' ossessiva coazione a ripetere. In libreria - Essendo Gruber una professionista dell' informazione e non una militante politica, nel suo caso non può trattarsi di una scorciatoia per incassare dividendi elettorali; deve esserci dietro qualcosa di serio e urgente. Soldi? La risposta è nelle migliori librerie, nel reparto Gruber (sta tra la storia, l' antropologia e il giardinaggio), lì dove campeggia la scintillante bibliografia della conduttrice. Ed ecco baluginare, tra le sue fatiche, saggi e romanzi come "Eredità. Una storia della mia famiglia tra l' Impero e il fascismo"; oppure "Tempesta", con tanto di svasticona hitleriana in copertina a sugellare un libro dedicato «a un' Europa in cui il nazismo dilaga vittorioso». Se poi le guerre guerreggiate stancano, c' è il Dopoguerra dell' ultimo "Inganno. Tre ragazzi, il Sudtirolo in fiamme, i segreti della Guerra fredda". Insomma dietro le paure di Lilli c' è del metodo: unire l' utile al disdicevole. Il suo prossimo libro potrebbe intitolarlo direttamente "Ventotto (ottobre) e mezzo", firmandosi "Lilli Marlene". di Alessandro Giuli