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Coronavirus, Franco Bechis: "Per chiudere tutto bastava un portinaio. Giuseppe Conte pensi a come uscirne"

Franco Bechis

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L’Italia rimarrà chiusa e le misure restrittive resteranno in vigore fino a dopo Pasqua. Lunedì 30 marzo il premier Giuseppe Conte ha fatto visita a Papa Francesco, dopodiché ha fatto trapelare l’intenzione di prolungare la chiusura di ogni attività non necessaria. “Fino ad ora la principale attività del governo è stata quella di chiudere, chiudere, chiudere”, scrive Franco Bechis nel suo editoriale su Il Tempo: “Per fare quello non ci voleva chissà chi, bastava e avanzava uno qualsiasi degli ottimi portinai che poco dopo il tramonto serra tutti i portoni di Italia. Certo, sono gli ‘scienziati’ a suggerire al governo quella misura: virologi e infettivologi che ben conosciamo vedendoli ad ogni ora del giorno in tv più che nei laboratori di ricerca o in prima linea in corsia”.

Nessuno sa però prevedere quando finirà la clausura. Ed è proprio questo il punto sul quale insiste Bechis: ora il governo, o chi per esso, deve pensare ad un modo per uscire da tale situazione. Anche perché le misure pensate per reggere il sistema economico sono “assolutamente insufficienti rispetto al danno causato con i decreti di clausura. Se tu con una tua decisione mi causi un danno da 100 miliardi al mese - sostiene il direttore de Il Tempo - devi risarcirmi l’intero danno”. Il problema per Bechis è che l’Italia “non ha né le risorse né l’autorevolezza politica per ottenere prestiti in grado di fare questo. Quindi la soluzione obbligata è quella di cercare di ridurre quella perdita incolmabile facendo tornare alla produzione se non tutti i settori, almeno una parte di quelli chiusi”.

Una soluzione potrebbe essere l’aggiunta in un decreto della condizione per tutte le attività chiuse “di mettere in grande sicurezza gli ambienti di lavoro per poter riaprire quanto prima”. Secondo Bechis è fondamentale tracciare una strada adesso perché le aziende “vanno salvate più del piatto di minestra, e quindi lì vanno dirottati i soldi come hanno fatto tutti gli altri paesi del mondo, anche caricando sulle spalle pubbliche una quota maggioritaria degli stipendi entro un certo tetto. In quel modo - chiosa il direttore de Il Tempo - si salverebbe almeno in parte il gettito fiscale che altrimenti verrebbe azzerato”.

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