Cerca
Logo
Cerca
+

Stephen King il genio che infetta d'incubi la letteratura

Stephen King nella copertina di Linus

Re dell'horror

Francesco Specchia
  • a
  • a
  • a

 

C’è una vecchia foto di Stephen King che ha sempre inquietato noi ragazzini degli anni 80 cresciuti sotto il segno di suoi capolavori Shining, Carrie, Cujo, La zona morta e tutto il resto. Sguardo demoniaco dietro occhialoni alla Franco Califano, ghigno cinematografico, un nugolo di gatti arrampicati sulla giacca: è la foto di un livido insegnante di inglese del liceo che potrebbe tranquillamente nascondere un cadavere fatto a pezzi nel freezer.

La banalità del male dietro la realtà dei piccoli gesti è sempre stato il suo segreto. Oggi, King fisicamente è migliorato. Nel suo incontro anti-Covid via Youtube del 29 aprile con i fan -prima in un divertente colloquio con John Grisham e poi in solitaria- il re del terrore è apparso smagrito. E, presentando la sua ultima antologia di racconti Se scorre il sangue (Sperling & Kupfer pp 512, euro 21,90), oggi in libreria, e indossando una mascherina con piccoli squali disegnati e una maglietta rossa, ha annunciato di aver consumato il suo 72esimo anno d’età immerso nella realtà del suo romanzo epidemiologicamente più profetico: L’ombra dello scorpione. Lì c’era un virus, il “Captain Trips” mutazione letale dell’agente eziologico dell’influenza, caratterizzato da un tasso di infettività del 99,4% ed un tasso di mortalità per gli infetti del 100%, che cambiava il paradigma stesso del mondo. “L’ho scritto nel 1978 e da allora stavo solo aspettando che accadesse. Il fatto che nessuno sembrasse preparato, mi stupisce ancora. Era inevitabile, prima o poi in una società come la nostra dove il viaggio è una parte essenziale della vita quotidiana”, ha detto King con quell’aria che non si capisce mai se ti voglia terrorizzare o prenderti per il culo. In realtà, King ha incentrato tutta la sua carriera di scrittore più visionario del secolo proprio sul tema del contagio, nelle sue varie sfumature. Non parlo della sua produzione realistica, come Il corpo (Stand by me), Ossessione, Misery, Dolores Clairborne o Rose Madder, laddove il terrore sta nelle malattie, nel primo incontro con la morte, nella follia. Su questo King, per esempio, Linus il mese scorso gli ha dedicato un numero quasi monografico tra i disegni di alcuni grandi del fumetto contemporaneo -come Palumbo, Deco e Bacilieri- e le analisi di Loredana Lipperini e del suo traduttore principe Giovanni Arduino (“King è il mondo che cigola”, definizione bellissima). E, soprattutto, ha pubblicato un altro racconto inedito di stampo realista, Una rissa per Batman e Robin in cui un vecchio padre malato di Alzheimer, ospite di una casa di cura –“il Castello degli sciroccati”-  massacra un teppista tatuato che gli stava pestando il figlio. No, io parlo proprio del King che infetta i lettori di horror puro, del contagio del Male che irrompe nel quotidiano, sia esso un tizio posseduto in un albergo infestato, un cane impazzito, un’automobile infernale, un pagliaccio che esce dalle fogne. Il contagio, per King, sta nella libera circolazione dell’incubo.

 

King potrebbe trasudare incubi anche scrivendo sulla carta igienica, come faceva Kerouac. E’ l’autore più nobilmente popolare mai esistito. E’ stato il metronomo di tre generazioni compresa la mia; lo dimostrano gli oltre 80 volumi, almeno due all’anno, firmati con vari pseudonimi (tra cui, il più famoso quello di Richard Bachman) e gli adattamenti cinematografici che impaginano attraverso una ragnatela di temi e sottogeneri il “grande romanzo americano” che ogni scrittore d’Oltreoceano ricerca come il Sacro Graal. Questo Se scorre il sangue – If it Bleeds riscopre la sua antica propensione al racconto: appena annunciato, il libro, ha intasato Amazon di prenotazioni. King, su Youtube, ne ha letto un brano sotto la riproduzione di un’opera di Edward Hopper, Room in New York (1932) che rimanda - ha sottolineato - al senso di «distanziamento sociale» di questi mesi. La suddetta raccolta, attraverso i racconti, spazia proprio negli anfratti di una realtà malata. Il telefono di mr Harrigan, narra di un giovane che infila nella tasca del mentore appena defunto un iPhone per rispondere alla domanda: “Che accadrebbe se telefonassi a un caro amico morto prematuramente”?; Se scorre il sangue che dà il titolo all’opera racconta, di un investigatrice che indaga su cronisti sempre sospettosamente in anticipo sulla scena del crimine (“tutti, nell'ambiente, conoscono l'assioma: If it bleeds, it leads”, dice King a proposito della tv innervata dalla cronaca nera); La vita di Chuck si fissa su terremoti, apocalissi e cartelloni pubblicitari con messaggi misteriosi; Il ratto - veicolo di contagio per antonomasia- fotografa il solito scrittore kinghiano in crisi creativa che stringe il solito patto col diavolo.

Quel che mi sono sempre chiesto, nei decenni, è da dove King abbia attinto questa sua inesauribile fantasia dell’orrore quotidiano. E lui ogni volta ne dà una spiegazione diversa: dal fatto di avere visto, da piccolo, un amichetto finire travolto da un bus; da una filastrocca terrificante recitata dalla zia mentre passava una donna che spingeva una carrozzina; dalla visione di un vecchio thriller della Universal. Mente, ovviamente. Ma la sua menzogna non fa che alimentarne, shakespearianamente, la leggenda….

 

Dai blog