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Giulio Giorello, perché il suo addio per coronavirus spaventa: due mesi in ospedale, dimesso e "guarito", ma muore

Sandro Iacometti
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Una laurea in filosofia, la seconda in matematica (entrambe alla Statale di Milano), esperto di neuroscienze, paleontologia, fisica delle particelle, mitologia e psicologia evolutiva. Ma Giulio Giorello sembrava più a suo agio quando discettava di Topolino o Dylan Dog, due dei suoi fumetti preferiti, che non ha mai smesso di leggere e che gli hanno consentito di filtrare la complessità del sapere con la semplicità della vita quotidiana. Ed è proprio con le cose di tutti i giorni che si è dovuto scontrare il filosofo, vittima del virus con cui tutto il mondo sta combattendo da mesi. Lui, che da anni riflette sul ruolo della scienza, sulla fragilità delle certezze accademiche, sull'inesistenza della verità, si è trovato per due mesi al Policlinico ad ascoltare il verbo di virologi mentre il Covid gli toglieva il respiro. 

«Al contrario di certe astrazioni fatte in modo facilone da studiosi dai toni trionfalistici, la scienza non dà certezze né sicurezze», ha detto in un'intervista rilasciato qualche settimana fa dal letto dell'ospedale. E la fallibilità del metodo scientifico Giorello l'ha sperimentata, tragicamente, sulla propria pelle. Tornato a casa tra i suoi libri e i suoi fumetti il filosofo qualche giorno fa si è trovato di nuovo alle prese con problemi di salute. È presto per dire se il colpo fatale sia arrivato dalle complicanze del virus, ma di sicuro la fine non è arrivata a sopresa. Tre giorni fa, quando si è capito che le cose non si stavano mettendo bene, ha deciso di sposarsi con la sua compagna Roberto Pelachin. 

 

NIENTE FIGLI
Non lascia eredi Giorello, morto ieri pomeriggio all'età di 75 anni, ma una solida tradizione filosofica immortalata in decine di saggi scientifici e testi divulgativi. Dall'etica alla letteratura, da Leopardi ai superereroi della Marvel, il filosofo aveva la capacità, rara, di superare i confini delle varie discipline e di mescolare il sacro al profano, il banale al trascendente, l'evidente all'imperscrutabile. Allievo di Ludovico Geymonat, monumento dell'epistemologia italiana ed originale interprete del neopositivismo, che il filosofo aveva riletto con gli occhiali del marxismo, Giorello si era poi allontanato dagli insegnamenti del maestro (di cui ha ereditato la cattedra di Filosofia della scienza alla Statale) per sviluppare una propria visione dei rapporti tra etica, scienza e politica sul terreno del liberalismo laico. 

CONGETTURE E CONFUTAZIONI
Grande studioso di Karl Raimund Popper e di Immanuel Kant, il filosofo ha dedicato particolare attenzione all'empirismo anglossassone, con una passione per David Hume, ma concentrandosi sulla versione elaborata da John Stuart Mill, uno dei padri del liberalismo moderno, su cui ha scritto diversi saggi. Cultore della società aperta di Popper e anche delle sue congetture e confutazioni, Giorello, pur non rinunciando mai alla sue convinzioni di sinistra, aveva coltivato ultimamente una discreta insofferenza verso la classe dirigente. «Ci sono alcuni politici, incompetenti in campo scientifico, che vogliono fare i padroni della città, e questo mi sembra intollerabile. Sono capaci solo di sparare decretoni che dimostrano la loro inadeguatezza culturale, e non solo», ha detto recentemente. 

Molto tempo prima si era allontanato, invece, dalla tradizione filosofica italiana, che ha sistematicamente oscurato gli insegnamenti di Kant preferendogli le rivelazioni dogmatiche di Hegel o Marx. «La lezione dell'illuminismo di fine '700, dell'epoca di Kant», ha spiegato, «è molto più valida di quanto ci dica la vulgata marxista che dobbiamo sopportare da parte dei cosiddetti politici di sinistra, che sembrano totalmente inadatti alla complessità della situazione reale». Era il pensiero critico il suo pallino. Il filone meno studiato e più prolifico della filosofia, il motore delle rivoluzioni scientifiche, il pilastro del liberalismo politico ed economico, l'essenza del progresso. Il legame, direbbe lui, che unisce Galilei a Pippo.

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