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Marò, l'ex ministro Terzi: "Letta, Bonino e gli 007". Cosa c'è davvero dietro lo scandalo di Latorre e Girone

I due marò

Alessandro Gonzato
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«Subentrato il governo Letta, con Emma Bonino ministro degli Esteri, la procedura d'arbitrato è finita in un limbo, e ci è rimasta per mesi anche con Renzi. Improvvisamente è nata una grande sfiducia nel ricorso al tribunale dell'Aja, nonostante eminenti internazionalisti come la professoressa Angela Del Vecchio - consulente della Farnesina - l'avessero indicato subito come il percorso vincente. Pare che qualcuno, nell'esecutivo, invece abbia pensato a scorciatoie attraverso i servizi segreti. Si è perso tempo. Si parlava di do ut des».

 

 


Giulio Terzi di Sant' Agata è stato ministro degli Esteri da novembre 2011 a marzo 2013. Si è dimesso dopo la decisione del premier Monti di rimandare in India i due marò per la seconda volta. Cosa intende per do ut des?
«Si vociferava di punti d'incontro non dichiarati che consentissero di chiudere la controversia».
Intende che l'Italia era disposta a pagare?
«Non necessariamente. A volte si arriva alla liberazione di prigionieri. Altri Paesi, penso a quelli mediorientali, stringono accordi con organizzazioni criminali per ottenere la restituzione dei corpi».
Il processo a carico di Girone e La Torre è stato assegnato all'Italia dopo più di 8 anni.
«Finalmente è stata affermata la sovranità italiana ai sensi della convenzione internazionale del diritto del mare. È la linea che avevo indicato nel 2012. Poi è stata messa nel sottoscala».
Monti, allora, aveva dichiarato che la decisione di riportare i marò in India era stata collegiale...
«La verità, ed è testimoniata anche dalla lettera che avevo scritto, è che mi sono trovato di fronte al fatto compiuto. Non ho potuto accettarlo. Per me le forze armate devono essere sempre tutelate e rispondere di eventuali reati allo Stato d'appartenenza o a un'istanza internazionale, come in questo caso. Peraltro la scelta di rimandarli in India metteva a rischio, anche sul piano legale, la sicurezza di molti uomini impiegati in operazioni di pace all'estero. In certi casi non si può derogare».
Monti sosteneva che alla base della sua intransigenza ci fosse la volontà di conseguire «altri risultati che magari nei prossimi tempi diventeranno più evidenti». 
«Un'insinuazione immotivata, mi spiace, perché è una persona che rispetto. Chi mi era vicino sapeva che non mi sarei mai candidato neppure ad amministratore di condominio».
Lei è stato ambasciatore in Israele e negli Stati Uniti, due nazioni a dir poco decisioniste...
«Nemmeno lontanamente paragonabili all'Italia: parliamo di galassie diverse. Il rifiuto dell'America di far parte della Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità deriva in larga parte dalla preoccupazione che i loro militari possano essere giudicati da magistrati stranieri. Israele ha una consapevolezza straordinaria della funzione dei propri soldati: la sovranità nazionale, su questi temi, è assoluta».
Oggi Conte e Di Maio rivendicano il successo.
«È come dire che un baobab è diventato tale per merito esclusivo di chi l'ha coltivato negli ultimi anni. Il merito è anche di chi l'ha piantato e curato. Noi ci avevamo visto giusto già nel 2012: le carte ci davano ragione. Era tutto piuttosto evidente. Poi qualcun altro ha deciso di procedere in modo diverso».

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