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Luca Zaia, Andrea Crisanti: "Il suo trionfo in Veneto? Merito mio. Magari tra cinque anni mi candido e lo sfido"

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Luca Zaia raggiunge risultati mai visti prima. Roba da Doge. Roba da imperatore. Il leghista si riconferma alla guida del Veneto con il 76,78 per cento dei voti, percentuali bulgare. Ma per Andrea Crisanti il merito non è suo. "I veneti hanno premiato Zaia per come ha gestito l’epidemia - esordisce il virologo che ha affiancato il presidente della Regione nei primi mesi della pandemia, salvo poi fare un passo indietro - con tutti i meriti e le contraddizioni del caso". Crisanti, lo si ricorda, fu al fianco di Zaia nella gestione del coronavirus, poi tra i due si è consumata una rottura, netta e un poco misteriosa. E ora, lo stesso Crisanti in buona sostanza ci spiega che il trionfo di Zaia sarebbe merito suo. Un discreto delirio, ammettiamolo.

Insomma, che tra Zaia e Crisanti non ci fosse più feeling si era già capito. Così come è ormai ben noto il briciolo di protagonismo che caratterizza il professore di microbiologia. Mesi fa - nel bel mezzo dell'emergenza coronavirus - Crisanti, nominato commissario per fermare il Covid-19 in Veneto, uscì dalla porta principale. Nel mirino l'elogio del governatore a Francesca Russo, direttrice del dipartimento di Prevenzione additata come responsabile del modello-Veneto. "In una situazione disastrosa il presidente mi ha detto retta seguendo l’evidenza scientifica - ha proseguito raggiunto dalla Stampa -. Se non fosse stato per me Zaia avrebbe combinato un disastro".

 

 

Crisanti segue la cronologia degli avvenimenti, precisando che "Zaia il 28 febbraio parlò di epidemia mediatica, poi si è preso il merito e non ho potuto tacere". Ma le ambizioni del genetista sono tante, tra queste non poteva mancare la politica: "Mi hanno poi offerto una candidatura al Senato per il centrosinistra e il M5S, ma preferisco rimanere uno scienziato. È così che mi sento più utile. Magari quando andrò in pensione ci penserò, ma mancano cinque anni". Insomma, Crisanti segue l'esempio del collega Pier Luigi Lopalco, perché nel Pd si può trovare "un punto di riferimento, anche se è dilaniato da tante contraddizioni. Mi sento un liberal senza casa, attento alla giustizia sociale", conclude lasciando intendere che mai dire mai.

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