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Carlo Nordio, una proposta radicale: "Test psichiatrico per entrare in magistratura"

Pietro Senaldi
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C'è un giudice in Italia. Ovviamente non lavora più. Si chiama Carlo Nordio, pm di coscienza e non d'assalto, ex procuratore di Venezia, più volte corteggiato dalla politica, che ha sempre rifiutato con orgoglio e ostinazione. È un uomo che ha dedicato la propria vita alla magistratura e la ama al punto da soffrire fisicamente per come si è ridotta. A differenza di molti suoi colleghi, nella sua lunghissima carriera non ha mai usato la legge per mettervisi al di sopra, ma vi si è sempre accostato come a uno strumento utile per far viaggiare in carreggiata il Paese. Nei tribunali tutti sapevano che è uno dalla schiena dritta, non disponibile ad attaccare il cappello per un incarico in più; infatti ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato. Da quando è andato in pensione, un paio d'anni fa, il procuratore ha iniziato a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Uomo coraggioso e controcorrente, è stato il solo a rendere giustizia all'ex capo dell'Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, con il quale non ha nulla in comune. Nordio lo ha definito «un capro espiatorio» e ha bollato come «statilinista» il procedimento del Csm che ne ha sentenziato l'espulsione dalla casta, invitando i colleghi a «non autoassolversi condannando il loro ex capo». Si sarebbero dovuti auto-cacciare tutti, secondo il Procuratore di Venezia.

 

 

PAROLE DURE
Ieri, in merito all'ultima vergogna della casta in toga, il tentativo di saltare la fila nelle vaccinazioni minacciando, finché non riceveranno l'iniezione, di rallentare la giustizia già più lenta del mondo, Nordio ha sbottato. Secondo lui «la credibilità della magistratura ormai è ampiamente compromessa», ma che «non essendoci limiti al peggio, è possibile che si possa cadere anche più in basso». Tuttavia le parole più dure il pm in pensione le ha usate per bastonare un collega in attività, il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, fresco estensore della prefazione a un libro no vax. «L'esame fondamentale per l'accesso in magistratura», è il pensiero della toga veneta, «non è quello sulla conoscenza del diritto, bensì un test psichiatrico». Siamo al "sono pazzi questi giudici", ma la battuta non è goliardica. Per Nordio molti magistrati sono accecati dal potere e «avrebbero bisogno di un grande bagno di umiltà e di leggere un libro di diritto in meno ma qualche tragedia shakespeariana in più, per capire meglio le loro debolezze e quelle altrui». Un richiamo alla dimensione umana della giustizia, che è la negazione del giustizialismo grillino alla Travaglio e dell'uso politico delle inchieste, arma preferita dal Pd per distruggere i suoi avversari. Ultimo esempio, nel pensiero dell'ex procuratore, le incriminazioni di Salvini per sequestro di persona, «per un atto compiuto nell'esercizio dei suoi poteri di ministro nell'interesse dell'Italia e le cui responsabilità penali, quando mai ci fossero, il che non è, andrebbero addebitate a Conte, che presiedeva il consiglio dei ministri». Nordio è un grande vecchio della giustizia italiana, un difensore della magistratura, che l'ex toga attacca per salvarla. Lo scopo è metterla di fronte alle proprie responsabilità istituzionali e morali e farla tornare imparziale e compos sui dopo trent' anni di militanza politica partigiana e lotta senza esclusione di colpi bassi a chi sta dall'altra parte, cioè nel centrodestra.

 

 

CREDIBILITÀ PERDUTA
Con la sua naturale empatia e il grande acume che lo contraddistingue, l'anziano pm, pur avendo passato la vita dall'altra parte della sbarra, ha colto perfettamente come si sente un cittadino che deve aver a che fare, a torto o a ragione, con la giustizia italiana: «Accende un cero in chiesa e spera nel carattere e nelle idee del giudice, che talvolta traduce in provvedimenti le proprie preferenze ideologiche». È un manifesto di denegata giustizia che conferma quel che si apprende al primo anno di giurisprudenza: per chi è nel giusto e ha ragione, conviene a tutti i costi evitare un processo, che in Italia può dare soddisfazioni solo a chi ha torto marcio. La sola cosa che continua a stupire è che della credibilità dei magistrati ormai interessi solo a Nordio. Non all'Associazione Nazionale Magistrati, che nulla ha fatto per riabilitarsi dopo la cacciata di Palamara; poco al nuovo Guardasigilli, Marta Cartabia, che pare voler spendere il proprio mandato a dedicarsi soprattutto all'aspetto tecnico della materia; ancor meno ai politici, a cui le toghe hanno tolto tutto, ma che sono troppo terrorizzati per tentare di ripristinare il diritto in questo Paese. C'è un altro ex pm, molto diverso da Nordio, recentemente entrato in polemica con la propria casta. È l'eroe di Mani Pulite, Piercamillo Davigo, che ha portato in giudizio nientemeno che il Consiglio Superiore della Magistratura, reo di averlo allontanato perché era andato in pensione per raggiunti limiti d'età. Caso strano, uscito dal giro, l'ex pm ha perso due volte contro i colleghi. Eppure eravamo convinti che, codice alla mano, fosse imbattibile. Evidentemente, se si tratta di una toga, l'abito non fa solo il monaco, ma anche il risultato.

 

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