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Federazione di centrodestra, Fabrizio Masia: "Perché per Matteo Salvini può essere la svolta"

Pietro Senaldi
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«Il partito di Draghi esiste in Parlamento ma non ancora presso l'opinione pubblica. Molti deputati vi hanno aderito idealmente, si sono accodati, colpiti dalla capacità di "cesellare" del premier, che non si fa influenzare da chicchessia ed è in grado di trattare con l'Europa e il mondo. Ma il Paese è più tosto da conquistare. Se il premier facesse un partito personale potrebbe certamente avere appeal elettorale, soprattutto se si giungerà presto a una vita normale. Il suo gradimento è risalito al 56%, mentre il mese scorso era al 50%. Con esso cresce il giudizio positivo verso il governo, che è ora al 49%». L'amministratore delegato di Emg Different vede due grandi catalizzatori di consenso attualmente: SuperMario e Super Giorgia, il capo del governo e quello dell'opposizione. In un momento di profonda crisi dei partiti, colpisce che Draghi sia premiato anche perché vissuto come un politico più che come un tecnico. «Il quadro è del tutto frastagliato» spiega Fabrizio Masia, «molto interessante, soprattutto per i movimenti delle forze moderate: tutto può succedere nei prossimi mesi».

La federazione tra Lega e Forza Italia è una soluzione vincente?
«Può essere interessante perché semplificherebbe il quadro del centrodestra, distinguendo un centro destra più centrista a guida Salvini e un centrodestra più destrorso a guida Meloni».

E in termini di voti?
«Non credo che la federazione allarghi il bacino del centrodestra e vada a prendere elettori di sinistra, e neppure - o pochi - di Renzi o di Calenda. Può determinare uno spostamento di consensi dalla Lega a FdI o viceversa, ma si resta sostanzialmente nell'alveo del centrodestra. L'operazione è interessante dal punto di vista politico, perché potrebbe forse frenare le fughe da Forza Italia verso il modello di Coraggio Italia di Brugnaro e Toti, ma non vedo allo stato allargamenti potenziali a sinistra, considerando comunque che, sondaggi alla mano, il centrodestra ha già un potenziale complessivo del 55% e, grosso modo, il 50% dei voti attuali».

In genere le fusioni tolgono voti: può essere così anche in questo caso?
«Di solito è così ma molto dipende da come viene costruito il progetto politico e come viene presentato e comunicato agli elettori. Insomma, potrebbe anche funzionare. Quando Berlusconi fondò il Pdl, il centrodestra schizzò in alto: tutto dipende da cosa si offre politicamente al variare del contesto elettorale di riferimento».

A proposito di Coraggio Italia, ha futuro?
«Lo spazio c'è, ma dipende dagli obiettivi che hanno. Se punta ad arrivare al 4% potrebbe anche farcela, sottraendo qualche voto a Renzi o Calenda, e qualcosa meno a Forza Italia. Ma se immaginano il 10-15%, la vedo durissima soprattutto in un orizzonte di breve -medio periodo: l'elettorato non si sposta facilmente su progetti nuovi, lo stesso Grillo ci ha impiegato quasi dieci anni a raggiungere certi livelli».

Loro puntano anche ai grillini.
«Improbabile, soprattutto se Conte riesce a consolidarsi, perché l'ex premier tranquillizza l'elettorato moderato grillino e piace in generale ai centristi».

Dal punto di vista dei consensi, Salvini ha fatto male o bene a sostenere Draghi?
«La partita è ancora lunga, mica si chiude qui! Salvini ha fatto una scommessa di medio periodo. Certo, finora la Lega nel governo ha fatto un po' il gioco della Meloni, che stando all'opposizione può puntare l'indice su tutto quel che non funziona o che si potrebbe fare meglio. Il punto è però che adesso le cose un po' iniziano a funzionare agli occhi dell'opinione pubblica e la gente tende a dimenticare le difficoltà, una volta che si sono superate».

Quindi Salvini si riprenderà?
«È una possibilità che non escludo, anche se ora ha sul collo il consenso in ascesa di FdI. Salvini per tornare molto in alto dovrebbe riuscire a intestarsi delle battaglie, far capire che la ripresa - almeno la parte più significativa - è merito suo. Durante il governo giallorosso si era intestato la lotta all'immigrazione e quota cento, ed era decollato. Oggi è più difficile caratterizzarsi, la figura di Draghi è incombente, pialla tutti i partiti del governo».

Mi pare che la sua strategia sia intestarsi direttamente Draghi...
«Sì, ma ci stanno provando in tanti. Anche Berlusconi e Renzi rivendicano di aver creato Draghi...».

Ma la federazione tra Lega e Forza Italia non potrebbe essere il capolavoro di Salvini?
«Lui è stato indebolito perché la gente ha iniziato a percepire la Lega come policentrica. Ministri e governatori hanno coperto in parte l'immagine del Capitano, però Salvini, riuscendo a intestarsi l'operazione di federare il centrodestra, potrebbe avere un qualcosa di emblematico da mostrare all'elettorato».

E Berlusconi può essere premiato dalla federazione?
«Dipende dalle forze e dalle prospettive che ha. Silvio può avere interesse a fare una sorta di nuovo predellino. Esiste un aspetto sincretico tra leghisti e forzisti e la federazione può avere un senso politico, ma non è attrattiva a sinistra: potrebbe riassorbire voti in deflusso verso FdI, qualche astensionista e qualche centrista in cerca di collocazione elettorale».

La decisione di federarsi con Salvini nasconde una debolezza del Cavaliere?
«Immagino che lui preferisca essere il presidente di un partito del 30% piuttosto che il leader di una forza minore. Però bisogna considerare che, malgrado tutto quello che è successo, Berlusconi ha riacquisito molta fiducia presso gli italiani».

Che cosa lo ha tirato su?
«Quanto emerso sulla giustizia dopo il caso Palamara ha fatto riconsiderare agli italiani molte accuse che le procure facevano a Silvio. La generosità nello spendersi malgrado le condizioni fisiche critiche gli ha consentito di guadagnare simpatia. Ultimamente poi il profilo più moderato che si è dato, da statista, gli ha regalato consenso personale pure nel campo progressista».

Berlusconi ha bisogno di Salvini o viceversa?
«Credo che abbiano bisogno più che mai di spalleggiarsi a vicenda, soprattutto in una prospettiva di medio -lungo periodo».

E in tutto questo la Meloni?
«Giorgia è cresciuta, grazie alla propria determinazione e costanza, e anche al fatto di essere donna. In otto anni ha moltiplicato per 19 i consensi. Nel 2013 era all'1,9%, oggi è al 19 e passa per cento!».

Perché donna?
«Perché questo stempera la pregiudiziale antifascista. Il fascismo ha una componente fallica che è difficilmente riferibile a Giorgia: nel suo libro ha mostrato le proprie fragilità, segno di una raggiunta sicurezza. Solo chi è forte mostra le proprie debolezze. La Meloni ha migliorato il proprio allure estetico -comunicativo, ha accresciuto la sua immagine di politica competente».

Lei rimproverano che non ha una classe dirigente all'altezza...
«Può essere un problema nel governare ma non in fase di raccolta voti. Quelli ormai li portano solo i leader, almeno in massima parte».

La federazione tra Lega e Forza Italia le toglierà voti o glieli farà guadagnare, aprendole spazi a destra lasciati liberi da Salvini?
«Non esiste risposta oggi. Occorre vedere quali contenuti saranno messi in campo dalla federazione - ammesso che nasca - e come verranno declinati sui vari canali comunicativi. Direi che è un '1x2'...»

Il centrodestra si federa e M5S si scompone: è alla frutta?
«Fatico, in generale, a dar per morti i partiti, finché non li vedo esangui. Quante volte è stato dato per morto Berlusconi, poi immancabilmente sempre risorto? Tutto dipende dalla capacità di riprogettarsi. Però la crisi è innegabile».

A cosa è dovuta?
«Non hanno ancora un capo insediato. Conte fatica a cavalcare la tigre. D'altronde in genere prima si diventa capi del partito e poi premier, lui ha fatto il percorso inverso. È naturale che fatichi a imporsi sulle gerarchie del Movimento, malgrado un consenso personale ancora elevato. E poi Grillo pare un po' distante in questo momento. Il guru è silente, forse a causa del processo del figlio e del video contestato».

M5S non è in crisi perché ha tradito i propri valori?
«Dissento. M5S ha una parte movimentista, che possiamo identificare con Di Battista, e una governista, rappresentata da Di Maio. Però è quest' ultima quella prevalente».

Forse nel Palazzo ma non tra gli elettori...
«Dissento ancora. La forza grilli na è stata sapersi adeguare al sistema politico cercando di dare risposte pratiche alla gente, cavalcando l'attualità. All'elettore grillino interessano misure come il reddito di cittadinanza, non i teoremi (l'onestà è una pre -condizione). Di Maio lo ha capito meglio di Di Battista Il vero grillino è liquido, non rigido».

Resta il malinconico Letta...
«Lui non ha nell'approccio comunicativo il profilo carismatico di un Renzi, ma i dem avevano bisogno in questa fase di una figura rassicurante e moderata che lui è in grado di interpretare».

Non pare moderato: bombarda Salvini ogni giorno, si batte per la legge Zan, difende la mala giustizia, vuol spalancare le porte agli immigrati illegali, vuole tassare i parenti di chi muore... «Sono battaglie identitarie. Marca il profilo di sinistra del Pd, punta agli spazi lasciati liberi da M5S».

Ma non rischia di perdere gli elettori moderati?
«Alcuni di quelli li ha già persi, migrati verso Calenda o Renzi. Ma si fa forte della mancanza di alternative, focalizza lo scontro con Salvini in modo da dire all'elettorato progressista: meglio io o Matteo? E la risposta è scontata».

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