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Vittorio Feltri e Senaldi, la "patata bollente" e la Raggi: la sentenza, niente carcere

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Niente carcere per Vittorio Feltri. Il fondatore di Libero, a processo insieme al condirettore Pietro Senaldi per il famoso titolo di prima pagina "Patata bollente" su Virginia Raggi, ha di fatto vinto la sua battaglia legale: l'accusa chiedeva una condanna senza precedenti a 3 anni e 4 mesi di carcere (8 mesi per Senaldi), il Tribunale di Roma ha invece riportato tutto a dimensioni ben più ragionevoli, comminando a Feltri due sanzioni pecuniarie e una provvisionale da 5.000 euro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo la richiesta del carcere da parte dell'accusa, Feltri aveva ribadito l'assurdità della vicenda legata a "Patata bollente", un titolo che "per altro non mi sembra offensivo - aveva scritto in un editoriale su Libero - ma semplicemente scherzoso visto che la patata bollente o fredda è solamente un tubero, che con il sesso non ha alcuna attinenza. Segnalo poi al sindaco di Roma che la Corte costituzionale ha emesso una sentenza con la quale dichiara che non si può punire col carcere un giornalista".

 

 

 

 

E infatti tutto si è risolto senza passare per il carcere. "Io non ho alcuna ostilità nei confronti delle donne - aveva sottolineato Feltri prima della sentenza - come dimostra tutta la mia attività. Al massimo esprimo dissenso nei confronti di quelle che commettono errori. Capisco la soddisfazione della Raggi davanti alla richiesta del Pm di mandarmi in galera, così commettendo un abuso. Il senso della legalità non ce l'hanno tutti purtroppo. Ride bene chi ride ultimo".

 

 

 

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