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Osho, la verità sulla satira politica in Italia: "Io creativo di destra, faccio più fatica a emergere"

Gianluca Veneziani
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Se nomini Osho, ormai non pensi più al maestro spirituale indiano, ma pensi a Federico Palmaroli, geniale vignettista romano. Che con le sue perle di ironica saggezza, pubblicate sulla pagina social Le più belle frasi di Osho, ci ha aiutato a sorridere delle disgrazie capitateci nell'ultimo anno di pandemia e a mettere alla berlina le mancanze dei potenti. Le sue vignette più belle del 2021 sono state raccolte nel libro "Carcola che ve sfonno" (Rizzoli), manco a dirlo, regalo ideale per Natale.

 

 

 

Federico Palmaroli, qual è il segreto per creare un meme virale?

«Innanzitutto bisogna basarsi su una notizia alla portata di tutti. Ma dipende molto anche dal tipo di social: su Twitter ti agganci a un hashtag di tendenza ed è più facile che una battuta venga condivisa. Su Facebook e Instagram invece è meglio puntare su contenuti nazionalpopolari. Parte della fortuna dipende comunque da un mio amico che fa da cavia per testare l'efficacia delle mie battute».

Far ridere durante la pandemia è dissacrante o è un'arma salvifica, il famoso vaccino dell'ironia?

«Ovviamente non faccio ironia sulla malattia, ma sui provvedimenti governativi presi in merito alla pandemia. E comunque è difficilissimo scherzarci su perché il tema vaccini è divisivo e c'è una battaglia sociale in atto. E quindi non mi schiero».

Quale meme le ha aperto le porte del successo?

«Tutto nasce con le vignette sul santone Osho: allora si è creata la base dei follower. Quando poi ho cominciato a fare satira politica, il momento della caduta del governo gialloverde mi ha aiutato molto: la fine della storia d'amore tra Di Maio e Salvini sembrava una telenovela. In quel momento la vignetta di Salvini che chiama Di Maio per riconquistarlo e lui gli risponde "Che c'è ancora?" e Salvini gli dice "Aspetto un bambino" ha avuto una viralità molto importante».

Il personaggio politico che più si presta alla sua satira?

«All'inizio è stato Gentiloni, quando era premier. Lui ha una mimica facciale molto congeniale per fare dei meme. Poi c'è stata l'epopea di Conte: le famose dirette con Casalino sembravano una sitcom. Purtroppo in quest'ultima fase è complicato fare satira: non c'è una battaglia politica visto che sono quasi tutti appiattiti su Draghi, nessuno osa criticarlo e ci si annoia un po'. E poi lo stesso Draghi si espone pochissimo. Figliuolo invece ha un faccia molto simpatica e potrebbe dare molte soddisfazioni, se solo parlasse di più. Ma capisco che ha altro a cui pensare».

Più è scadente la classe politica più è facile sbeffeggiarla?

«In realtà aiutano di più i personaggi alti, nobili, proprio perché scopo della satira è abbassarli, riportarli al livello popolare. In questo senso mi sarebbe piaciuto fare satira ai tempi della Prima Repubblica, quando c'erano figure del calibro di Andreotti. I politici di oggi, molto più vicini al popolo, invece dicono cose che già di per sé fanno ridere. Insomma si fanno satira da soli».

 

 

 

Anche il Papa non è affatto immune dalla ironia. Cosa la attrae di lui?

«Io sono molto iconoclasta e perciò mi piace dissacrare Francesco, facendolo parlare in romanesco. A dir la verità, però, Francesco appare come un compañero e quindi ha già perso di suo l'aspetto sacrale di un Wojtyla o Ratzinger».

È lecito fare satira anche sui simboli religiosi?

«Assolutamente sì e non ho paura di farlo: l'importante è essere dissacranti senza essere offensivi. Mi sono fatto beffe pure dell'Isis, immaginandomi i miliziani bloccati nel traffico prima di arrivare a Roma. Non farei però quello che ha fatto Charlie Hebdo, ma solo perché non è la mia cifra comica».

I No Vax possono essere seppelliti con un meme?

«Purtroppo no, perché mancano di senso dell'ironia. Io ho fatto il vaccino perché mi affido alla scienza ma sono disposto a confrontarmi con tutti. Gli integralisti Non Vax sono però difficilissimi da conquistare con l'ironia: spesso la prendono sul personale e stanno là con la schiuma alla bocca».

Ogni tanto Meloni e Salvini le rubano degli spunti. Si sente il loro involontario spin doctor?

«Un po' sì. C'è chi pensa che le battute le faccia per loro o addirittura sia da loro prezzolato. Ovviamente non è così, però è divertente che riprendano le mie battute. La Meloni lo fa spesso, perché le sto molto simpatico».

Come si fa libera satira al tempo della censura social e del politicamente corretto?

«Le due cose sono molto legate. Sui social, per via dell'algoritmo, è diventato complicato fare satira. Basta una parola per essere bannati: una volta ho fatto una vignetta su Osho che diceva "Benvenuti a sti frocioni", citando il film Fracchia la belva umana. Non c'era nessun intento offensivo, ma l'algoritmo ovviamente non lo sapeva e l'ha rimossa. Penso anche alla parola fascismo: solo scriverla ti comporta censura. Una volta ho rilanciato un fotomontaggio di Orietta Berti che aveva confuso i Maneskin con i Naziskin: nell'immagine sul palco c'era la Berti con sotto i camerati che facevano il saluto romano. Mi è stata immediatamente cancellata».

Qualche seguace del vero Osho si è mai offeso per il fatto che lei si è appropriato del suo nome?

«Alcuni mi hanno detto che non potevo permettermi di toccare una figura sacra come la sua. E ancora oggi qualcuno mi avverte: "Osho non si è mai espresso contro Di Maio!". E ci credo, è morto 30 anni fa...».

Qualcuno si è arrabbiato per le sue vignette su Greta Thunberg?

«Sì, va così quando si creano questi miti buonisti e intoccabili. Ho ricevuto molti attacchi perché descrivo Greta mentre parla del tempo e dice ad esempio "Nun se sa più come vestisse!". Idem per i rom: lo chef Rubio mi ha dato del fascista di merda perché avevo osato ironizzare sudi loro».

Anche Andrea Scanzi la ha accusata di essere «un fiancheggiatore della destra», ribattezzando la sua pagina «Le più belle frasi dei fascio».

«Quella battuta su fascio-Osho era trita e ritrita. E comunque lui fece una figura di merda perché diceva che la satira deve essere super partes e mi accusava di aver fatto una serata per Fratelli d'Italia. Ma io avevo partecipato a eventi anche dei 5 Stelle e del Pd. Poi, sai, se attacchi qualcuno devi essere inattaccabile: e invece lui è cascato sulla storia del parcheggio per disabili, del saltafila per il vaccino...».

È difficile per un creativo di destra come lei affermarsi, sfidando l'egemonia culturale di sinistra?

«L'egemonia culturale ancora c'è in Italia e quindi per emergere, se sei di destra, devi essere particolarmente bravo. Perlopiù però le eccellenze di questa parte vengono ghettizzate».

Con quale meme descriverebbe il prossimo Natale?

«Ne ho già creato uno con San Giuseppe che dice ai re Magi: "'N'è pe cattiveria, ma me dovreste fa vedè il green pass". Dai re Magi siamo passati ai re Contagi». 

 

 

 

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