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Morte Mauro da Mantova, "siamo diventati tutti un po' pezzi di mer***": come ci ha rovinato il Covid, un'inquietante verità

 Mauro da Mantova

Filippo Facci
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Siamo tutti su un treno, dobbiamo solo decidere se sia quello di «Cassandra Crossing», dove i passeggeri contagiati vengono mandati a schiantarsi da un ponte che non può reggere il peso del convoglio (quel ponte potrebbe essere il sistema sanitario) oppure dobbiamo decidere se siamo i protagonisti di «Assassinio sull'Orient Express», dove tutti i sospettati, in qualche modo, sono colpevoli di un omicidio. L'omicidio, un morto tra i tanti, per ora è quello del 61enne Mauro Buratti, un carrozziere di Curtatone ucciso dal Covid e da se stesso (dicasi suicidio) che rispetto alle 102 persone che ogni minuto muoiono nel mondo potrebbe interessare perché si era fatto notare per pittoreschi (eufemismo) interventi alla Zanzara su Radio24, programma radiofonico dove un tempo interveniva telefonicamente il presidente del Senato (per dire) e da qualche tempo invece effettua un campionamento percentuale dei malati mentali in circolazione. Buratti era «Mauro da Mantova», ed era in terapia intensiva a Borgo Trento (Verona) dopo l'insistenza di Giuseppe Cruciani, conduttore che aveva convinto il carrozziere No vax a correre in ospedale anche perché, in una diretta del 30 novembre, aveva detto di essere andato sfacciatamente in un supermercato con 38 di febbre e una mascherina malmessa. Poi, in ospedale, i medici riferirono che in pratica Mauro era irrecuperabile.

 

 

TRISTE STORIA
Dapprima aveva persino rifiutato di farsi intubare, poi aveva fatto come tutti: cambiare idea quando il dolore incalza. Per finire la cronaca: il co-conduttore David Parenzo, incaricato di contraddire Cruciani anche se dicesse che l'Everest è più alto del monte Tobbio, si è commosso - è una persona buona - e ha detto «Riposa in pace, vecchio complottista, spero che la tua triste storia serva da esempio a coloro che hanno ancora dubbi su efficacia dei vaccini». Ci associamo alla speranza, ma dubitiamo. Invece Cruciani, uso talvolta a confondere il libertarismo con l'egotismo anarchico, ha espresso a sua volta un credibile dolore, per quanto sulla sua capacità di provare sentimenti non esistano prove certe. Ha scritto: «Abbiamo sperato che la sua pellaccia ancora una volta potesse vincere su tutto... Aveva deciso di campare in un certo modo, nessuno lo avrebbe fermato, e la nostra comunità gli voleva bene nonostante le sue storture, le sue teorie... eri felice, Mauro, quando qualcuno ti riconosceva per strada e ti chiedeva un selfie... ce ne siamo dette di tutti i colori fino alle soglie di un tribunale, ma ci siamo divertiti come mai nella vita».

Detto questo, le cose da dire parrebbero molte: ma forse, negli ultimi due anni, ce le siamo già dette tutte. Giorni fa, Cruciani aveva tuonato: «Chi augura la morte di Mauro perché era un No vax, e diceva follie, è un pezzo di merda». Ecco: da queste parti nessuno è compiaciuto della morte del signor Mauro, di cui in ogni caso - opinione confinata a chi scrive - preferirei la morte, parlandone da vivo, piuttosto di quella di chi potrebbe aver contagiato in quel supermercato di Curtatone, località dove poi dissero - ma non siamo aggiornati - che i contagi erano schizzati. Perché i contagiati sarebbero vittime, Mauro invece è stato compartecipe del suo destino. Un'altra cosa da dire, poi, potrebbe riguardare la facoltà di lasciare grande spazio radiofonico a un diffusore di pericolose sciocchezze: non tanto perché un ascoltatore avrebbe potuto emularlo uno scemo resta scemo, e pretesti per dimostrarlo ne trova ovunque - ma perché l'infatuazione da esposizione mediatica, che è potentissima, potrebbe aver spinto il signor Mauro ad alzare la posta pur di avere qualcosa di nuovo da raccontare: chissà, magari a quel supermercato ci è andato per questo, anche se la stessa logica suggerisce che possa non esserci mai andato.

 

 

Anche qui, però, il ragionamento è fallace: uno scemo - e il signor Mauro sostanzialmente lo era: detto con tutto l'affetto di chi lo conosceva - avrebbe comunque trovato dei modi per dichiararsi tale. Insomma, sino ad ora l'unico acclarato colpevole resta lui: perché non era una delle tante bestie rinchiuse nelle gabbie dello zoo di Cruciani, non era un terrapiattista o un respiriano: la sua gabbia era aperta e lui circolava pericolosamente. Il signor Mauro non predicava né si portava appresso idee strampalate, ma un virus che ammazza. Ammazza lui, certo, ma potrebbe anche ammazzare un vecchietto che magari stava comprando i fagioli al supermercato di Curtatone. Resta l'impressione che nessuno, tantomeno dei conduttori radiofonici, avesse il potere o il dovere di redimere il signor Mauro: forse non sarà più propriamente giornalismo, quello della Zanzara, ma neppure assistenza sociale, o insegnamento di sostegno. Dicevamo che la vita di Mauro Buratti, per chi non lo conosceva, non valeva un grammo più di quella degli altri 102 esseri umani che muoiono ogni minuto: però, ecco, non valeva neanche un grammo di meno. Il vero punto è questo. Per dirla con la raffinatezza di Cruciani: è come se fossimo diventati un po' tutti dei pezzi di merda. Perché quelli contenti della morte di Mauro, beh, ci sono eccome. E ci sarà di sicuro chi si augura la loro, di morte. Probabile, pure, che ci sia pure chi si augura un decesso simultaneo di entrambi gli schieramenti.

IL PAESE DELL'ODIO
La morte di Mauro non avrà fatto calare il numero dei fanatici No vax, temiamo. Circola un altro virus, assieme al Covid: è quello che ci costringe talvolta a guardarci dall'alto, a guardarci per come siamo diventati: gente che si augura la morte altrui, ma che soprattutto, da qualche tempo, lo declama. E sarà forse per paura, per troppe gabbie lasciate aperte, per l'ancestrale cattiveria umana che nessun controllo sociale riesce più a contenere, perché il denaro - non dateci dei patetici - è la sola ideologia sopravvissuta al tramonto di tutte le altre: da qui l'invidia sociale, la mancata fiducia nei ruoli e negli esperti, la compiaciuta mancanza di qualsiasi riferimento tradizionale (informazione compresa: la sua sovrabbondanza ha prodotto solo bolle in cui rinchiudersi, in compagnia di consolatorie auto-convinzioni) e insomma: è come se la famosa folla solitaria nascondesse soltanto un disperato tentativo di esistere, laddove un virus ci ha sottratto persino la socialità. C'è un intero Paese che andrebbe incriminato per istigazione all'odio, convinto che una ritrovata salute possa redimerci tutti. Purtroppo manca ancora un vaccino.

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