Cerca
Logo
Cerca
+

Chico Forti, l'intervista: "Dormo con 67 detenuti, ma l'unico amico è un cane"

Alessandro Dell'Orto
  • a
  • a
  • a

Chico Forti, in attesa di riaverla tra noi in Italia ci faccia venire virtualmente tutti da lei in carcere negli Usa. Per capire come vive e come aspetta il tanto atteso giorno del ritorno. Dove sta ora?
«Nel Dade Correctional Institution di Florida City».

Stanza doppia?
«No, non risiedo più in una cella per due: con il mio golden retriever sarebbe una convivenza estremamente difficile, se non impossibile».

Scusi, nel senso che ha un cane? Poi ci deve raccontare nei dettagli. Continuiamo con la descrizione.
«Da più di tre anni sono in un dormitorio aperto. È una sorta di camerata con 26 letti a castello disposti a ferro di cavallo e 16 brande singole disposte a spina di pesce nel centro».

Quanto è grande?
«Un'area delle dimensioni di un campo da tennis».

Urca, 68 persone in pochi metri... Giornata tipo?
«Guardi, la routine dei tempi - dalla sveglia ai conteggi è come un orologio svizzero. Di quelli venduti ai mercatini, però, che sudando colorano il polso di verde e con le lancette che cadono al primo starnuto».

Ha reso perfettamente l'idea. Poche regole?
«No, no, le regole ci sono, ma manca la continuità. Quindi i tempi qui lasciano molto a desiderare...».

Chico, prima parlava di un cane. Ci spiega meglio?
«Il mio lavoro consiste nell'addestramento di golden retriever per servizi sociali ed accompagnatori; ogni candidato canino rimane con l'addestratore per un periodo di circa sei mesi. Io sono considerato un whisperer (coloro che riescono ad avere un rapporto con gli animali semi francescano) e sono già al terzo cane: dopo Cajun e Disco, ora mi trovo con Chutney».

Che tipo è Chutney?
«Lui è un'anomalia, perché di mansueto non ha un singolo pelo. Con una fama da Tasmanian Devil (diavolo della Tasmania, una specie di lupo n.d.r.) era destinato all'abbattimento per il suo abbaiare considerato aggressivo e per il comportamento antisociale verso cani e persone». Ed è riuscito a salvarlo? «Fortunatamente l'ho recuperato e, anche se dubito riuscirà mai a qualificarsi come cane da servizio, almeno il suo futuro ora prevede una cuccia ed un giardino». Meraviglioso. Ora avrete un rapporto speciale.
«Chutney si è legato a me in modo ossessivo e temo per una sua ulteriore traumatizzazione alla nostra, inevitabile, futura separazione. Non ci voglio pensare, questo è l'unico aspetto triste di questo incarico: il momento del distacco».

Torniamo alla sua vita lì in carcere. Chiuda gli occhi e pensi a un odore che caratterizza quel posto.
«Quello dei 13 cani che convivono con me 24 ore al giorno, da 8 mesi, è il prevalente».

Un rumore?
«Soprattutto il loro abbaiare, specialmente quando le guardie tardano nel lasciarci uscire in tempo per i loro bisogni».

Un colore?
«Il dorato tipico di questa fantastica e super mansueta razza retriever: i loro peli sono ovunque e ogni giorno ne raccogliamo quantità assurde».

Che rapporto ha con gli altri detenuti? Ha amici?
«Il mio concetto d'amicizia è troppo profondo ed è basato su principi e valori qui dentro sconosciuti. Le poche persone con cui socializzo sono ex criminali che stanno cercando di cambiare vita, ma nella stragrande maggioranza si tratta di individui con una data di rilascio, una via d'uscita».

E gli altri?
«Quelli con sentenze equiparate alla mia hanno adattato la loro vita a questo ecosistema, purtroppo con gli aspetti comportamentali che accompagnano i rassegnati... Agli antipodi della virtù».

Chico, può informarsi su quello che succede nel mondo? Come si documenta?
«Il mio rapporto con l'esterno, usando un'analogia come se fossi in un rifugio nucleare, è in attesa che le radiazioni se ne vadano. Ascolto la radio sul canale della BBC inglese ogni notte: l'unica fonte di notizie sulla mia amata Italia».

Che tipo di contatti può avere?
«Ho accesso ad un telefono comune che ci permette di fare delle chiamate limitate a pochissime persone approvate. Possiedo inoltre un tablet antidiluviano con un servizio di email circoscritto alla connessione del penitenziario, rigidamente supervisionato, che è comunque diventato il mio cordone ombelicale con il mondo esterno».

Allora, da grande ex sportivo, sarà informato sui successi azzurri dell'ultimo anno.
«Gli ultimi exploit sportivi italiani li ho vissuti con tanta emozione e patriottismo ed anche con una mia indiretta partecipazione a distanza».

In che senso, scusi?
«La vittoria della nazionale di calcio all'Europeo è stata un'altalena di emozioni fino all'ultimo rigore e vedere lo striscione col mio nome dietro la porta scelta per i penalty, nell'immensità di Wembley, ha elevato la pressione nella pentola della mia emotività».

E le olimpiadi di Tokyo?
«Quelle hanno provato la mia capacità di trattenere le emozioni, aldilà del momento storico della doppietta nei cento metri».

La medaglia che l'ha esaltata di più?
«L'oro di Ruggero Tita (vela n.d.r.), un amico e figlio di un caro amico. Vederlo indossare la maglietta chicofortisonoio con la sua medaglia come collana, e sottobraccio lo snowboard che avevo regalato a suo papà Mauro tanti anni addietro, ha azionato i miei tergicristalli oculari a mille».

Chico, ma lei che visione ha dell'Italia da lì dentro?
«È un'immagine indelebile di una nazione che non ha rivali come storia, tradizioni, e calore umano. Un Paese che, unico al mondo, dà più valore al contenuto del cuore che a quello del portafoglio».

C'è qualcosa che le manca di più?
«Famiglia ed amici a parte, un po' tutto... Il cibo, i vicoli stretti, i castelli, i laghi, le strade con i cubetti di porfido invece dell'asfalto, le piazze con le fontane e le statue dei cavalli semi impennati, l'odore delle caldarroste e la neve d'inverno. E ancora, il fresco dell'acqua dei laghi ed il sapore salato del mare; le spiagge con i bagni, pattini, tende ed ombrelloni; altre, invece, isolate per camminarci a piedi nudi; anche quelle affollate dai surfisti. Le biciclette da strada ed i rampichini; i tifosi allo stadio; ma, soprattutto, la voglia di abbracciare i milioni di supporters che non mi hanno mai abbandonato, che hanno alimentato il mio patriottismo e l'orgoglio d'essere italiano. Sono commosso sia per tanta solidarietà da parte della gente comune, sia quella dei Vip».

Già, molti personaggi famosi si sono mobilitati per lei.
«Troppi per menzionarli tutti senza scordarne qualcuno. Una nota particolare però va all'intera tribù Bocelli, al di là del personaggio Andrea, un uomo d'integrità e principi ineguagliabili: un artista come pochi al mondo. La comunità che lo circonda è un esempio di persone buone ed altruiste che credono nell'aiutare il prossimo, indipendentemente dal vantaggio personale».

Lo scorso 8 febbraio per il suo compleanno, e poi due giorni fa, Bocelli è venuto a trovarla in carcere.
«La visita di Andrea e Veronica, la sua fantastica moglie, è stata una bombola di cinque ore di puro ossigeno quando stavo boccheggiando: un'infusione di speranza. È stato seduto su una sedia di plastica senza cuscino, dividendo con me cibo da spaccio militare e mi ha cantato con voce d'angelo e ruggito leonino "Tanti auguri a te" come interpretasse l'"Ave Maria" in mondovisione, coinvolgendo tutti noi e ogni sbirro presente. Inspiegabilmente ne è nata un'amicizia come poche, immediata come ci conoscessimo da sempre. Ma non è stata l'unica sorpresa...».

Cioè?
«Sua figlia Virginia di 9 anni, a totale mia insaputa, per San Valentino a Fort Lauderdale (Florida), di fronte ad oltre 17mila persone, prima di effettuare il duetto di metà concerto con Andrea ha ammutolito la platea. Poi ha richiesto un minuto di silenzio per onorare il loro amico Chico Forti da 23 anni ingiustamente incarcerato e infine, in coppia con papà, ha rotto il silenzio tombale interpretando l'Alleluiah».

Da brividi. E un grande messaggio di solidarietà. Anche perché il 24 dicembre 2020 sembrava che il ritorno in Italia ormai fosse una formalità. Invece dopo più di un anno stiamo ancora aspettando. Come resiste?
«La visita di Bocelli mi ha cambiato la vita, quando ormai l'unico viso amico qui era il muso di Chutney».

Chico, ultima domanda. Immaginiamo il grande giorno. Atterra in Italia e finalmente incontra mamma Maria, che lo scorso 14 febbraio ha compiuto 94 anni. La seconda cosa che farà quale è?
«Nulla. L'intensità di quel momento non mi permetterà di vedere oltre. Il solo poter abbracciare mia madre e darle un bacio soddisferà ogni desiderio accumulato in 23 annidi reclusione e privazioni...»

Dai blog