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Ucraina, il generale Carlo Bellinzona: "Perché una guerra lunga favorisce la Russia"

Mirko Molteni
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Anche se l'Ucraina resiste da oltre un mese all'offensiva russa, è ancora presto per poter dire che i piani di Mosca siano falliti. Al proposito abbiamo intervistato il generale di Corpo d'Armata in congedo Carlo Bellinzona, che dal 1998 al 2001 è stato direttore del Centro Militare Studi Strategici (CeMiSS) di Roma.

Generale, le alte perdite delle truppe russe sono dovute solo alla resistenza ucraina o anche a errori di pianificazione?
«È dovuto alla realtà del teatro e agli obiettivi della missione. Per entrare in Ucraina le forze armate russe hanno dovuto fare i conti con il terreno e con strade d'ingresso a due corsie che hanno costretto colonne di movimento lunghe molte decine di chilometri attraverso territori boscosi e urbani, cosa questa che le ha rese vulnerabili alle incursioni e al fuoco d'agguato scelto dagli ucraini come propria principale tecnica di combattimento. Perseguire il piano di una campagna militare in grande stile, cadenzata e sistematica come questa lanciata dai russi, su un territorio cosi esteso non può non comportare perdite in linea con l'esperienza passata di simili operazioni».

Quali solo le possibilità di vittoria da parte di Putin? Si può considerare fallita la sua offensiva, o è un'idea che ci facciamo in Occidente e in realtà Mosca non pensava bastassero pochi giorni per piegare Kiev?
«L'operazione militare speciale, dopo il tentativo iniziale di un colpo di mano di paracadutisti rivolto alle istituzioni ucraine, non ha mai avuto i connotati di un blitzkrieg, perché non è così che combattono i russi. In Ucraina si combatte una guerra di attrito in cui il tempo sembra giocare a favore dei russi, posto che a differenza di quest' ultimi gli ucraini hanno già mobilitato tutte le risorse umane a loro disposizione. La manovra dei russi è impostata sulla sistematica eliminazione delle sacche di resistenza ucraine, più che sulla tenuta di posizioni».

Quanto è alla portata degli ucraini una vittoria tattica che consenta loro di arrivare ai negoziati strappando concessioni ai russi?
«In quattro settimane di combattimento gli ucraini, evitando sempre uno scontro in campo aperto che avrebbe impegnato forze ingenti, hanno optato per una difesa mobile organizzata su una serie di azioni di fuoco improvvise e rapidi sganciamenti, che ha avuto l'effetto di ridurre le capacità operative russe forse di un trenta per cento, rallentando un'operazione che nelle previsioni sarebbe dovuta essere travolgente. D'altra parte, per quanto riguarda i negoziati, le posizioni dei due contendenti sono ancora molto lontane e lo scontro ancora troppo intenso per poter raggiungere una plausibile, e reciprocamente accettabile, via di uscita».

La fornitura all'Ucraina di armi occidentali, focalizzata su armi leggere, controcarro e antiaeree, basterà a colmare il divario coi russi?
«No, non è sufficiente. Nel caso più favorevole, questioni logistiche e modalità di consegna a parte, ogni altra alternativa da un lato implica inevitabili problemi di tempo e di addestramento degli Ucraini all'uso di nuovi sistemi d'arma, dall'altro la disponibilità di sistemi d'arma ancora più distruttivi rischia un'immediata ritorsione russa con aggravamento del conflitto del quale, di nuovo, l'Ucraina pagherebbe il prezzo più alto in termini di vittime, profughi e infrastrutture».


Lo schieramento Nato sul fronte orientale dell'Alleanza Atlantica è secondo lei abbastanza cospicuo e reattivo per dissuadere i russi dal far debordare il conflitto fuori dall'Ucraina? «L'evoluzione delle operazioni di quest' ultimo mese dimostra che un'eventuale estensione del conflitto fuori dei confini ucraini non è certo nell'interesse, e ancora meno delle concrete possibilità, dei russi, che in Ucraina hanno già inviato in combattimento praticamente tutto quello che era per il momento loro possibile».

Esistono rischi di escalation dovuti a incidenti militari tra forze Nato e russe, sui confini terrestri dell'alleanza, oppure nei cieli e sui mari? Sono affidabili i canali di comunicazione reciproca per evitare malintesi?
«Eventuali "incidenti" sono molto improbabili perché quello in atto rimane un conflitto combattuto ben all'interno del territorio ucraino nel quale il ruolo dell'aviazione russa è sostanzialmente di appoggio alle unità sulla linea del fronte, mentre l'attacco in profondità è affidato alla componente missilistica. Comunque, allo stato attuale delle cose, un'escalation per possibili «incidenti» tra forze russe e alleate non è nell'interesse di nessuno. Qualora un simile incidente dovesse mai verificarsi ritengo non sarebbe valorizzato. Da notare che non ci sono comandanti Nato schierati sul «campo», cosa questa che rende superflua ogni riflessione sull'affidabilità di eventuali canali di comunicazione».

In caso di accidentale scaramuccia con armi convenzionali Nato-Russia, si può ristabilire la calma evitando che il livello dello scontro s' alzi avvicinandosi alla soglia nucleare?
«Di nuovo, l'eventualità di una "scaramuccia" accidentale tra forze alleate e russe non è credibile. Quanto alla probabilità dell'uso di armi nucleari sub-strategiche, questo potrebbe essere deciso dai russi al fine di prevalere sul campo qualora giudicassero di non aver più altra scelta operativa. A seguire, è il caso di ricordare che l'Alleanza Atlantica nel suo insieme non ha alcun obbligo con l'Ucraina tale da comportare una reazione simmetrica».

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