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Ucraina, il diplomatico Maurizio Serra: "L'errore al tavolo dei negoziati che porta alla guerra mondiale"

Giovanni Terzi
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Lo scrittore e diplomatico Maurizio Serra, vincitore del premio Goncourt della biografia per l'opera su Malaparte (Marsilio) e del premio Chateaubriand per quella su D'Annunzio (Neri Pozza), è stato il prescelto dai membri dell'Académie française diventando il primo italiano a entrare tra i 40 «immortali» di Francia ed occupando il seggio che fu di Simone Weil, scomparsa il 30 giugno 2017. L'Académie è stata fondata nel 1635 dal cardinale Richelieu e da allora l'istituzione è garante della correttezza della lingua francese, sorvegliandone l'evoluzione. Serra è stato eletto al seggio numero 13, già occupato appunto da Jean Racine e da Simone Weil, una delle personalità più popolari e amate dai francesi. Il rispetto per la sua figura si è manifestato anche nella scelta del suo successore, in quanto gli accademici hanno tenuto in particolare considerazione il parere dei suoi due figli, Jean e Pierre-François. Le candidature erano una decina, Serra è stato eletto al primo turno con 17 voti contro 1. Lo raggiungo telefonicamente dopo il rientro da Parigi al termine della sua elezione a "Immortale".

Lei ha rappresentato l'Italia a Mosca e Berlino nel periodo dell'Urss: come era Mosca in quegli anni?
«Ho il ricordo di un Paese che si stava trasformando e che conteneva ancora il fascino del mistero. Si percepiva che il sistema stesse scricchiolando, soprattutto sull'onda della necessità di un riformismo economico: determinante in questa trasformazione è stata la politica di Gorbaciov. Così, lentamente e nei decenni, ci fu una riconciliazione tra l'eredità dell'Unione Sovietica e l'accettazione della identità dei suoi vari Stati».

Oggi c'è una guerra tra Russia e Ucraina quale è la sua valutazione e che cosa si dovrebbe fare?
«Innanzitutto dovrebbe essere intensificato il dialogo con una negoziazione più decisa; per fare questo sarebbe necessario che Russia e Ucraina, riconoscessero le culture differenti con quella reciprocità che è elemento fondamentale per accogliere il prossimo. Dico sempre che non c'è politica senza cultura».

Lei quindi considera questa una guerra culturale?
«No. Questa è drammaticamente una guerra civile che, mi creda, sono le più atroci e violente».

 

 

Ma rischia di diventare una guerra mondiale...
«Se non si lascia ai protagonisti lo spazio di trovare una soluzione riconoscendo a Russia e Ucraina di essere degli Stati sovrani c'è il rischio di una guerra totale».

E cosa si dovrebbe fare?
«Appoggiare i negoziati senza soffiare fiato sul collo schierandosi con gli uni o con gli altri. Non appoggiare militarmente qualcuno e lasciare fluidità nel contesto internazionale».

Qualche giorno fa è stato eletto "Immortale" dell'Académie française. Quale è il suo sentimento per un riconoscimento così grande?
«Mai avrei pensato di poter essere insignito di un riconoscimento così importante ed autorevole. Anni fa, su sollecitazione di qualche amico, diedi la mia disponibilità (che non è una candidatura) ad entrare nell'Accademia. Il seggio di Simone Weil è ancor più autorevole in quanto ha sempre rappresentato una personalità autentica e spesso scomoda in Francia; per questo credo che la mia elezione sia anche frutto di una scelta "diplomatica" che fosse in grado di risolvere un problema».

Weil è sempre stata una europeista convinta, pure per questo sostituirla nello stesso seggio la onora?
«Weil fu una politica dalla vocazione europeista, antisemita, promotrice della parità di genere e sostenitrice del dialogo tra religioni, tutti motivi che mi onorano nell'essere stato eletto sullo scranno che fu suo».

Le mystère Mussolini il libro in cui racconta e spiega un Mussolini inedito è stato un caso in Francia. Come è stato preso Oltralpe?
«Non c'è nulla di inedito e sono soltanto chiavi interpretative con cui viene letta una personalità articolata come quella di Mussolini. In Francia è andato molto bene anche perché erano più di vent'anni che non usciva nulla di storico e letterario sul Duce. Ho cercato di fare comprendere come l'immagine che i francesi avevano di un dittatore fantoccio al cospetto di Hitler non fosse veritiera».

In che senso "dittatore fantoccio"?
«Per i francesi prevaleva l'immagine buffonesca del film Il grande dittatore di Charlie Chaplin; sia chiaro: io non difendo Mussolini, anzi, era un dittatore violento ma cerco restituire una verità sostenuta dai fatti storici. Tutto questo perché se passasse il principio che il Duce era un fantoccio, questo ricadrebbe sul nostro Paese che diventerebbe uno Stato fantoccio».

Quali sono i fatti storici per cui Mussolini non è stato un "fantoccio" nelle mani di Hitler?
«Sono convinto che l'asse con Hitler poteva essere evitato se Francia e Inghilterra avessero arginato insieme all'Italia le mire egemoniche del Furher, cosa che non accadde».

Quindi Mussolini voleva accordarsi con Francia ed Inghilterra ed è stato spinto a collaborare con Hitler?
«Mussolini era un uomo ambiguo ma non ebbe come prima soluzione l'alleanza con i tedeschi».

 

 

Mussolini personalità complessa?
«Complessa e complessata. Mi ha stupito quanto fossero distanti il Mussolini dittatore da quello intimo. Uno autoritario amante delle folle oceaniche, l'altro solitario. Il contrario di ciò che è stata un'altra personalità importante di quegli anni di cui ho scritto: D'Annunzio».

Come era D'Annunzio?
«In lui c'era fluidità tra personalità mostrata esternamente e quella intima e perciò è più semplice narrarlo».

C'è un D'Annunzio oggi?
«No, l'epoca in cui viviamo non permette più agli intellettuali di avere un ruolo politico di primo piano».

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