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Generale Tricarico, la strategia: "La promessa necessaria, cosa garantire a Putin per chiudere la guerra"

Mirko Molteni
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Sta iniziando la grande battaglia nel Donbass, che potrebbe essere risolutiva del conflitto russo-ucraino. Sulla complessità dello scenario abbiamo sentito l'opinione del generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica dal 2004 al 2006.

 

 



Generale, cosa possiamo aspettarci nei prossimi giorni?
«La mia impressione è che il cosiddetto "gap capacitivo", cioè la forbice di capacità che esisteva all'inizio del conflitto tra le forze russe e quelle ucraine, si stia chiudendo. All'inizio della guerra tutti avevamo pensato, letteralmente che Golia, cioè la Russia, avrebbe fatto un solo boccone di Davide, cioè l'Ucraina. Non è stato così e il prolungamento della lotta ha portato ad archiviare quelle iniziali aperture diplomatiche che balenavano nei primi giorni dei combattimenti. Mentre Putin, in sostanza, ha mantenuto le sue posizioni, il presidente ucraino Zelensky ha via via irrigidito le sue. Non credo che la nuova offensiva nel Donbass sarà una vera e propria spallata, quanto piuttosto una recrudescenza di un conflitto che si prospetta ancora sanguinoso, almeno finchè non si tornerà al tavolo dei negoziati».

Come mai i russi non sono ancora riusciti a prendere il Donbass, nonostante l'appoggio dei filorussi locali, con le loro milizie e le repubbliche secessioniste di Donetsk e Lugansk?
«Penso che il quadro di un forte sostegno alla Russia nelle aree del Donbass controllate dalle due repubbliche filorusse fosse valido una volta, ma non più oggi. Ci sono vari segnali di incrinature e di regressi rispetto all'epoca degli accordi di Minsk e oggi essere russofoni delle aree di Donetsk e Lugansk non significa più essere tout court sostenitori di Mosca. Viceversa, gli ucraini sono decisi a difendere il loro territorio con le unghie e coi denti, metro per metro. Le voglio portare un esempio che conosco. Qui a Montefalco, in Umbria, un asilo ha recentemente accolto due bambine ucraine che la madre ha affidato alla nonna, per poi tornare in patria a combattere personalmente nelle forze armate ucraine. Il marito della donna è già morto al fronte e ora anche la moglie sta lottando. Gli ucraini sono disposti a tutto per difendersi».

 

 


Se ne potrà uscire coi negoziati?
«Le opportunità della diplomazia ufficiale sono ormai bruciate. È tempo di intavolare negoziati in forma riservata, secondo una prassi che i servizi segreti ben conoscono. In tal modo si potrebbe por fine al conflitto escogitando un qualcosa che possa far dire a Putin di aver ottenuto qualche risultato, convincendolo così a cessare le ostilità. Poichè s' è parlato negli ultimi giorni della possibile adesione alla Nato di Svezia e Finlandia, un modo creativo e innovativo, dato che la diplomazia deve anche saper essere innovativa, sarebbe riportare in auge la vecchia promessa che l'allora segretario di Stato americano James Baker fece ai russi nel 1989, al crollo del muro di Berlino. Allora si promise che la Nato non si sarebbe allargata di un pollice rispetto ai confini di allora. Non fu così, ma io personalmente proporrei che qualcosa di simile venga proposto anche oggi. Si potrebbe promettere a Putin che mai più la Nato s' allargherà in Europa oltre i confini dei membri attuali. Ciò potrebbe dare anche a europei e americani l'occasione per ripensare la missione stessa dell'alleanza. Di sicuro non serve a niente, anzi è dannoso, dare al presidente russo del macellaio o del delinquente. Non aiuta la trattativa, né aiuta a risolvere la crisi».

In tutto questo, l'Europa è assente, al traino degli Usa?

«Anche se questa guerra non è ancora finita, possiamo già trarne una lezione sul ruolo dell'Europa. Che deve al più presto darsi una politica di difesa comune autonoma rispetto agli Stati Uniti. In marzo, quando già in Ucraina si combatteva, l'Unione Europea ha pubblicato lo Strategic Compass 2022, un documento che in 47 pagine ancora non dice nulla di concreto, è sciatto. Finora gli Stati europei hanno delegato troppo la loro difesa all'America, illudendosi che gli americani lo facessero gratis. In realtà abbiamo pagato per questo e anche nell'attuale crisi russo-ucraina gli europei continuano a pagare. Dobbiamo tirare una linea fra noi e gli Stati Uniti, per non essere proni. Una vera difesa comune europea può esistere anche se i singoli Paesi Ue mantengono politiche estere indipendenti, e inoltre non credo che gli Stati Uniti s' opporranno a una simile evoluzione». 

 

 

 

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