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Generale Paolo Capitini, "il motivo per cui l'esercito russo arranca": ecco l'errore di Putin

Mirko Molteni
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Nella guerra contro l'Ucraina, la Russia seguita a far valere la sua maggior mole, ma Kiev getta sulla bilancia le armi fornite dagli Stati Uniti e da altri Paesi della Nato. Sull'andamento del conflitto abbiamo intervistato il generale dei bersaglieri Paolo Capitini, docente alla Scuola Sottufficiali dell'Esercito di Viterbo, nonché reduce da numerose missioni all'estero (Somalia, Bosnia, Kosovo, Ciad, Repubblica Centro Africana, Haiti e Libia).

Generale, come va questa seconda fase per i russi? Sfonderanno?
«Le operazioni russe in Donbass non sono un'offensiva come noi ce la immaginiamo, con lo sforzo concentrato su un punto del fronte. Attaccano su tutta la linea, che però è presidiata dalla parte migliore dell'esercito ucraino, trincerata fin dal 2014. Non si capisce perché i russi operino in questo modo, sembra la Prima Guerra Mondiale, s' avanza per 2-3 km e poi magari si indietreggia di altri 2 km. Immaginavamo un'azione russa da Est più una puntata da Nord per prendere alle spalle due terzi dell'esercito di Kiev. Invece non sta accadendo nulla di ciò. Una spiegazione potrebbe essere che, come avvenuto anche nella prima fase, quando si tentò di espugnare Kiev, i russi agiscano sulla base di ordini del presidente Putin, che pretende successi rapidi senza dar tempo al suo esercito di organizzarsi».

E sull'ultimo baluardo ucraino a Mariupol, nell'acciaieria Azovstal, cosa ne pensa?
«Il caso degli ucraini asserragliati nell'acciaieria Azovstal è emblematico. La decisione di Putin di non ordinare l'assalto per stanarli può essere dovuta al bisogno di raccogliere da Mariupol ogni uomo disponibile per spedirlo al fronte, dove mancano truppe, anziché sprecare forze nei cunicoli dello stabilimento. La Azovstal è insignificante come obbiettivo, è tagliata fuori, con un lato sul mare».

Eppure la Russia, nella sua storia è sempre stata nota per la lentezza con cui si mobilitava e organizzava rifornimenti per le sue truppe. Lentezza seguita però da un effetto valanga. Cosa sta mancando oggi?
«Fin dall'inizio è mancato l'effetto sorpresa. La Russia, se non ha la sorpresa dalla sua, deve sopperire con la forza. Ma se non accumula sufficiente forza, è in difficoltà. Gli eserciti russi e sovietici del passato erano numericamente superiori all'armata putiniana. Prendiamo l'esercito sovietico dell'epoca di Leonid Breznev, fra il 1964 e il 1982. Esso avrebbe potuto permettersi di non agire di sorpresa, ma di muoversi lentamente accumulando divisioni che infine avrebbero travolto i nemici. Oggi la Russia ha molti meno soldati, carri e aerei che nel periodo sovietico. E se parliamo di guerra su vasta scala, è dal 1945, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che i russi non la combatto no».

Quanto contano le armi occidentali date all'Ucraina?
«Le nazioni occidentali hanno fornito migliaia di missili antiaerei Stinger per abbattere ogni velivolo fino a duemila metri di quota, il che spiega perchè i russi usino pochi aerei ed elicotteri. Quanto ai missili anticarro, non si esauriscono facilmente. Contando un missile per ogni carro nemico, in termini di costi sono più abbondanti i primi che i secondi.
Importanti sono le recenti consegne di artiglieria pesante, come gli obici americani da 155 mm. Certo, bisogna dare anche abbastanza munizioni, poiché il munizionamento prevalente in Ucraina è di tipo sovietico. Laddove noi abbiamo il calibro 155 mm, loro hanno il 152 mm, ai nostri pezzi da 125 mm equivale il loro 122 mm, e via dicendo. Se l'Occidente fornisce a Kiev 150 obici, è già una quantità sufficiente per un esercito intero. Con 6 obici si fa una batteria d'artiglieria, 3 batterie formano un reggimento d'artiglieria, il quale a sua volta può fornire appoggio a un reparto della consistenza di una brigata. Finora gli ucraini si sono difesi bene. Con armi pesanti potrebbero passare alla controffensiva, almeno in alcuni settori».

Come evolveranno i combattimenti?
«Difficili i pronostici. Nel pensiero militare russo il rapporto fanteria-artiglieria è invertito rispetto al pensiero militare occidentale. Da noi, l'artiglieria fa fuoco per appoggiare la fanteria che avanza, ma per i russi è l'inverso. Essi punterebbero a vincere anche solo sommergendo il nemico di cannonate e mandando avanti solo in seguito la fanteria. Una modalità che l'esercito russo ha mutuato, in origine, dai francesi di Napoleone e che permane anche oggi. Sul terreno gli ucraini vantano molti capisaldi. La pianura sarmatica non è spoglia come 80 anni fa. È punteggiata di villaggi, case, fabbriche, centri commerciali. In ogni edificio truppe ucraine possono attestarsi per ritardare, anche solo di 3 ore, l'avanzata russa. Così arriva il tramonto e finisce che l'invasore ha perso un intero giorno. Putin nei suoi discorsi non ha mai parlato di riferimenti territoriali precisi e conserva un margine per poter decidere, a un certo punto, di dichiararsi soddisfatto e intavolare negoziati».

Per i russi, comunque, non è una guerra facile. Come ne usciranno?
«La Russia ha spesso subito batoste militari, come quella del 1905 contro il Giappone. Anche questo conflitto offrirà occasione di imparare dagli errori e migliorare le proprie capacità. Accadde anche agli Stati Uniti dopo la sconfitta in Vietnam nel 1973. Gli americani cambiarono molte cose nei metodi operativi e nella preparazione degli ufficiali, finchè nel 1991 con l'offensiva Desert Storm contro l'Iraq mostrarono d'aver capito la lezione. La stessa cosa farà la Russia, chissà, forse nel 2024 o nel 2028». 

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