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Battaglione Azov, il generale Mori: "Sono merce, a Putin servono vivi. Ecco come li userà"

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A Mosca i combattenti del Battagione Azov servono vivi. A spiegare il motivo è il generale Mario Mori, ex capo del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri. "La loro resa è manna dal cielo per i russi". Il motivo? Ancora una volta la propaganda. Vladimir Putin, così come in altre occasioni, "cercherà ora di dimostrare che aveva una parvenza di senso l'invasione dell'Ucraina per de-nazificarla". In sostanza, è il ragionamento affidato alle colonne del Messaggero, il presidente russo userà chi ha deciso di abbandonare la resistenza "per contrapporli alla narrativa ucraina dei crimini di guerra commessi dai soldati russi".

 

 

Il battaglione Azov compreso. Nonostante i timori e i sospetti che circolano ai piani alti di Kiev, il generale si dice convinto che lo zar non ucciderà i suoi componenti. "Anzi - prosegue - li gestiranno con attenzione, quelli che si sono arresi e quelli che ancora devono arrendersi. Ai russi servono in vita, non serve farli morire, sono merce mediatica. Per gli ucraini, invece, sono solo prigionieri da scambiare". Ma se alcuni combattenti hanno lasciato l'acciaieria di Mariupol, altri non hanno alcuna intenzione di arrendersi. Complice un dettaglio che irrilevante non è: "Loro - spiega Mori - avevano previsto questo tipo di attacco e si erano organizzati, probabilmente pensavano che una resistenza prolungata avrebbe consentito alla Nato o agli ucraini stessi di intervenire per estrarli. Sul piano strategico e militare, l'Azov è servito all'Ucraina per dimostrare la propria forza, la capacità di resistere, ma in fondo l'Azov rispondeva solo a se stesso". 

 

 

E ora cosa succederà? "Credo che si arriverà a una tregua". Entrambi, Putin e Zelensky, resteranno sulle proprie posizioni e daranno inevitabilmente inizio a una lunga pausa. "Questa - è l'amara conclusione - sarà una delle tante crisi irrisolte di cui è pieno il mondo: palestinese, siriana, libica, e adesso ucraina". 

 

 

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