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Al Bano e Lino Banfi, rissa totale sugli stagionali: "Non vogliono lavorare", "Basta pagarli"

Claudia Osmetti
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Al Bano contro Lino Banfi. Scontro (pop) sul mondo del lavoro. Ché, forse, un po' di ragione ce l'hanno tutti e due, perché (dice Al Bano) con i sussidi a pioggia, vedi alla voce reddito di cittadinanza, riuscire a trovare personale sta diventando un incubo, ma (gli risponde Banfi) se non si offre un ambiente sereno e un contratto regolare, il problema sta altrove. Due pugliesi d'eccezione, probabilmente i due pugliesi più famosi d'Italia (tolto solo Checco Zalone che, a questo punto, chissà se si farà sentire pure lui): il primo, mister Felicità, che è il proprietario di una tenuta a Cellino San Marco, in provincia di Brindisi, nella quale produce olio e vino e con un albergo e un ristorante; il secondo, l'ex Oronzo Canà della commedia anni Ottanta, che, con la figlia Rosanna, nel 2017 ha aperto, al quartieri Prati della capitale, la sua "Orecchietteria Banfi", una gastronomia che sforna leccornie della cucina regionale (pugliese, s' intende). E nel mezzo il web che da qualche ora è impazzito. Chi a favore dell'uno, chi dell'altro. Chi ha -ragione -Lino, chi non-si-tocca-Al-Bano. Chi è -successo -anche -a -me e chi bisogna-dire-le-cose-come-stanno.
Niente da fare, è l'Italia.

 

Quello strano Paese in cui prendi un cantante e un attore e ne esce una discussione che finisce per coinvolge un po' tutti. Dalla casalinga di Voghera al barista di Forlì. Non c'è niente di male, per carità. E diciamocelo subito: i toni utilizzati non sono quelli dell'insulto. Al contrario, si tratta di un semplicissimo scambio di opinioni. Ma andiamo ai fatti. Il "la", come è abituato a fare, lo dà Al Bano che, sul finire della settimana scorsa, lancia una sferzata a quegli italiani che non han più voglia di lavorare. Non è l'unico, prima di lui si sono già lamentati (più o meno nello stesso modo) anche l'imprenditore Flavio Briatore e lo chef Alessandro Borghese. Il ritornello (trattandosi di Al Bano) è lo stesso: «La mancanza di manodopera è una realtà drammatica con cui mi scontro ogni giorno nella mia azienda agricola», dice, e la colpa «è innanzitutto del reddito di cittadinanza. Bisognerebbe fare come in Germania dove già a dodici anni i ragazzi, dopo la scuola, fanno apprendistato nelle imprese».
Che si stava per sollevare un polverone (visti i precedenti già citati, ossia Borghese e Briatore) era nell'aria.

 


E' un tam-tam che va avanti da tempo e che non risparmia nessuno: c'è carenza di cuochi e camerieri, non si trovano lavapiatti manco a cercarli col lanternino e i receptionist notturni degli hotel aperti h24 sono più rari delle mosche bianche. Da quando abbiamo abbandonato le restrizioni anti-covid non c'è ristoratore, albergatore o gestore di locale che non l'abbia rimarcato. Però poi ecco quel che non t' aspetti. Il Banfi nazionale che ribalta la frittata: «Nessun problema nell'orecchietteria romana a trovare personale», puntualizza, e il segreto sta tutto nel rapporto con i dipendenti. A parlare, in verità, è la figlia Rosanna che è altrettanto schietta: «Nel nostro ristorante lavorano ragazzi che abbiamo assunto cinque anni fa e altri presi più di recente», spiega, «vero è che, oltre a offrire un contratto regolare, noi assicuriamo anche un clima di lavoro sereno e familiare. Se uno ha un problema, cioè, gli si va incontro».

Che poi sarebbe anche il minimo sindacale, per rimanere nel gergo. La famiglia Banfi non tira in ballo il reddito grillino, la butta meno in politica, ma ne fa un punto di orgoglio: tuttavia che si tratti di una stoccata a certi ambienti non ci piove. Resta solo da vedere se Al Bano replicherà a sua volta. 

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