Italo Balbo, il ricordo del "Bell'Alpino": governatore della Libia e maresciallo dell'aria
In occasione dell’82° anniversario della morte di Italo Balbo, proponiamo un estratto da: Un bell’Alpino, un grande Aviatore. Italo Balbo fra gli Alpini e l’Aeronautica (Eclettica Edizioni, giugno 2022) per gentile concessione degli autori Marco Petrelli, Giorgio Baldacci, Alessandro Pinelli. L’opera ricostruisce la figura di Balbo da un profilo inedito, restituendo un’immagine altresì obiettiva dell’uomo, del politico e del soldato.
Nel nostro Paese la capacità di analizzare il passato con il dovuto distacco e con la necessaria obiettività manca alle generazioni pre- senti come è mancata a quelle passate.
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, infatti, mai è avvenuta una completa somatizzazione del Regime fascista e delle conseguenze delle tragiche scelte adottate dalla classe dirigente italiana del tempo.
No, mentre la polemica montava il libro era già un “pezzo avanti”. Perché? Perché Italo Balbo è una figura troppo complessa e misteriosa, troppo affascinante, irrequieta ed esplosiva per non destare la curiosità di appassionati di Storia, incoraggiandoli quindi a met- tersi all’opera al fine di raccontare quella che fu fra le più singolari personalità dell’Italia del Novecento.
L’opposizione al cesarismo mussoliniano, all’alleanza con la Germania nazional-socialista, la contrarietà alle leggi razziali ed alla guerra hanno reso Balbo scomodo sia alla gerarchia fascista, sia a chi oggi cerca ogni pretesto per rimuoverne il nome dalla memoria nazionale.
Per Mussolini, per i tedeschi e per i gerarchi più intransigenti era un ostacolo al nuovo equilibrio che Roma e Berlino cercavano di costruire sul finire degli Anni Trenta. Per una parte degli storici e dei politici odierni è invece solo un fascista, seppure sia difficile trattarlo meramente come tale. Consci che non lo si potesse accusare di antisemitismo o di simpatie filo-naziste, i “censori” del XXI Secolo hanno dovuto rispolverare gli scontri di piazza e le spedizioni delle squadre d’azione fra il 1919 ed il 1922. La colpa incancellabile del futuro Maresciallo dell’Aria sarebbe dunque stata quella di aver preso parte ad azioni persecutorie contro i socialisti e cattolici, contro gli operai e contro i contadini.
In verità, nel corso di quel prodromo di guerra civile combattu- to nelle città e nelle campagne italiane si registrarono violenze da ambo le parti. L’eco della Rivoluzione d’Ottobre era risuonata an- che in Italia, paese agricolo, sfiancato dai costi della guerra e sfibra- to da conflitti sociali antecedenti che le battaglie sul San Michele, sul Piave e sul Grappa avevano soltanto rinviato.
Contrariamente a quanto si pensi, prima dell’ascesa di Musso- lini il Regno d’Italia a trazione liberale era tutt’altro che armoniosa e completa democrazia. Disuguaglianze, povertà, analfabetismo, carovita aumentavano un malcontento popolare che si materializzava in disordini prontamente (e duramente) repressi dalle forze di pubblica sicurezza e dall’Esercito.
Quanto agli scontri di natura ideologica, fascisti e socialisti si combattevano senza esclusione di colpi.
Contestare, dunque, al solo Italo Balbo d’essere stato un picchiatore è un appiglio di scarsa presa, poiché la violenza politica è stata protagonista di quel drammatico periodo della nostra Storia... su tutti i fronti.
Certamente questo non giustifica il ricorso al manganello o alle purghe con l’olio di ricino (oltreché disgustoso al palato, in dosi massicce è anche nocivo all’organismo), lo colloca semmai in una realtà in cui, purtroppo, bastonate e risse erano quasi prassi.
Inoltre, se da un lato l’atto di fare fisicamente del male ad un individuo era ed è moralmente inaccettabile e penalmente perseguibile, dall’altro va considerato che condannare alla damnatio memoriae qualunque personaggio storico sia ricorso alla violenza ci costringerebbe, alla fine, a cancellare interi capitoli del nostro passato.
Se così fosse, infatti, dovremmo smettere di studiare il De Bello Gallico poiché Giulio Cesare era un conquistatore, un uomo d’armi nonché colui che aveva deportato un milione di galli a Roma dopo aver espugnato Alesia. O dimenticare Giuseppe Garibaldi e tutti i padri del Risorgimento per aver soppresso austriaci, borbonici e pontifici. O, ancora, mettere alla porta quegli intellettuali, giornalisti e politici che negli Anni Settanta erano vicini a gruppi radicali responsabili di incendi, devastazioni, sparatorie...
Una follia: seppure alla vita del nemico vadano doverosamente riconosciuti dignità e rispetto, è altresì necessario imparare a contestualizzare l’azione al periodo in cui si svolge. Cosa che capì il comunista Palmiro Togliatti nel 1952 quando, con la sua celebre amnistia, cercò di ricucire gli strappi della Guerra civile. Il Guardasigilli sapeva infatti che eccessi e crudeltà si erano registrati tanto fra le file dei fascisti, quanto fra quelle degli antifascisti e contestualizzarli a quella fase avrebbe forse aiutato gli italiani a chiudere definitivamente con il conflitto ’43-‘45 e a concentrarsi sulla ricostruzione del Paese.
In Un bell’alpino, un grande aviatore non inseguiamo quindi la succitata polemica, proponendo una ricostruzione storico-milita- re della figura di Italo Balbo, vero e proprio ponte fra due forze armate nonché un italiano visionario, geniale, capace di ubbidire scrupolosamente ad ordini e regole e, nel contempo, di opporsi fermamente quando le sue convinzioni erano messe in discussione. Costi quello che costi, a partire dalla carriera fino alla vita.
Un uomo che ha viaggiato “in direzione ostinata e contraria”. E forse, anche per questo, poco amato da chi, in Italia, era ed è abituato ad adeguarsi ed a seguire la corrente...