Jacopo Iacoboni, i dossier sulla firma anti-Salvini: ombre russe, tutto torna?

di Andrea Vallesabato 30 luglio 2022
Jacopo Iacoboni, i dossier sulla firma anti-Salvini: ombre russe, tutto torna?
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Jacopo Iacoboni è il giornalista della Stampa che ha scritto l'articolo nel quale, due giorni fa, si denuncia la presunta ingerenza dei russi nella caduta del governo Draghi. La frase chiave - «È vero che la Lega ritira i ministri?»- sarebbe stata rivolta da un funzionario dell'ambasciata russa al consigliere di Salvini Antonio Capuano.

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Iacoboni da anni firma inchieste e reportage contro la dittatura di Vladimir Putin, e sui rapporti di Mosca con i partiti italiani. In particolare, il giornalista del quotidiano diretto da Massimo Giannini è diventato per questo il bersaglio del Movimento Cinquestelle. Il nome del paladino anti-Putin è finito nel mirino di M5S anche per un altro motivo. Alla fine del 2018 spuntarono alcuni documenti riservati pubblicati da Anonymous, nei quali si rivelavano i dettagli di una operazione chiamata "Integrity Initiative": in pratica, il governo e i servizi di sicurezza inglesi avrebbero ingaggiato giornalisti e uomini insospettabili con l'obiettivo di screditare la Russia e influenzare l'opinione pubblica.

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L'attività, nel 2018, sarebbe costata circa 2,2 milioni di euro al governo inglese, e secondo questa fonte nella lista sarebbe stato inserito anche Iacoboni. Il quale ha subito smentito, querelato e protestato contro il dossieraggio subito. «Documenti pubblicati su un sito dove hanno già pubblicato presunti hacker di stato russi, documenti che anche Wikileaks (quello vero) ha già fatto a pezzi come documenti "fabbricati"» scrisse Iacoboni appena uscirono le accuse, subito cadute. Nel marzo 2019, qualche mese dopo il polverone, Iacoboni scriveva su Twitter: «Ricordate la diffamazione che ho subito mesi fa, che io sarei pagato dai servizi segreti inglesi? Ora viene fuori che è "molto probabile" che l'hackeraggio di quella lista di nomi sia stato fatto direttamente dal Gru, i servizi segreti militari russi». L'ennesima prova della falsità delle accuse.