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Giampalo Pansa aveva previsto tutto: nel 2013 la profezia sull'odio del Pd

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Tommaso Lorenzini
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"Sangue, sesso, soldi". Era il 2013 quando Giampaolo Pansa (scomparso nel 2020) pubblicava per Rizzoli il volume così intitolato, mezzo secolo di esperienze giornalistiche rivissute con spirito critico e perfino autocritico. Un volume nel quale spiccano passaggi profetici contro la deriva presa allora (e mai così d'attualità) da quella Repubblica (dove a lungo è stato vicedirettore) e altri quotidiani (come la "sua" Stampa), convertitisi alla strategia della demonizzazione dell'avversario promossa dalla sinistra. Pansa (uomo di sinistra) ne resta attonito, preconizzando che avrebbero creato un clima mefitico: quel Pansa che da "Il sangue dei vinti" in poi è stato ripudiato da parte dei kompagni con l'accusa di revisionismo, dopo aver messo nero su bianco decenni di porcherie "rosse". Scrive Pansa che, martedì 12 marzo 2013, Ezio Mauro, direttore di Repubblica, pubblica un fondo di inedita durezza contro i parlamentari del Pdl che manifestano a Palazzo di Giustizia di Milano «a favore di Silvio Berlusconi, ritenuto vittima innocente della magistratura rossa»: 44 righe con vocaboli come "ordalìa finale", "abusi", "impunità" e il riferimento al Popolo delle Libertà come "un partito trasformato in un bullo collettivo, come se la democrazia fosse una taverna".

 

 

 

Un articolo che da una parte mandò in visibilio tutto il mondo anti-berlusconiano (il titolo del pezzo era il celebre "Caimani"), dall'altra meravigliò molti giornalisti ma non Pansa: «Penso di conoscere bene Ezio. Grande professionista e grande fazioso. Un giacobino in doppiopetto. Molto geloso della propria identità di militante della sinistra, incurante del rischio che un quotidiano di rango come il suo possa alimentare il male che corrode l'Italia di oggi. Un cancro così evidente che chiunque legga qualche giornale, o veda alla televisione un talk show di battaglia, è in grado di descrivere. È l'uso sempre più frequente della parola violenta, l'abitudine al linguaggio minaccioso, il ricorso all'insulto come arma politica, la deformazione della verità quando conviene alla tua fazione».

 

 

 

Certo, Pansa sottolinea che «sono in molti, tanto a sinistra che a destra a subire il fascino di un lessico aggressivo», però il fondo sui Caimani lo porta una riflessione tranchant: «Quando un giorno rifletteremo sul clima fetido dell'Italia 2013, ci renderemo conto pure delle responsabilità di Repubblica e del suo direttore. Hanno fallito nell'intento di guidare dall'esterno la sinistra, poiché quest' area politica si è frammentata in tante parrocchie che non obbediscono a nessun giornale-partito. In compenso si sono rivelati abili nel cimentarsi in un'altra missione. È quella di aizzare i loro lettori rossi, arroventarne gli umori, armarli di un linguaggio fanatizzato che neppure la vecchia gestione di "Barbapapà" Scalfari aveva eretto a sistema. E Repubblica non è il solo quotidiano ad aver imboccato questa strada rischiosa. Anche altri giornali si sono trasformati in pulpiti dove predicatori incendiari lanciano anatemi, scomuniche e condanne che non cambiano mai e si ripetono immutati ogni mattina. L'insulto rabbioso rischia di diventare il mezzo d'espressione più frequente della sinistra in questo 2013. Per un succedersi di circostanze che meritano di essere ricordate, poiché avranno effetti di lunga durata. Capaci di pesare nella vita di tutti noi, cittadini di una nazione alle prese con il ciclo più nero dal 1945 in poi». Vi ricorda qualcosa?

 

 

 

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