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Fedez? Libero di offendere i carabinieri "infami": la sentenza-choc

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Paolo Ferrari
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Per il pm milanese Francesco Cajani dire che i carabinieri sono «infami» e «figli di cani» non è reato di vilipendio ma solo «critica aspra». Il frasario da collegio svizzero era contenuto in una canzone, pubblicata la prima volta nel 2010, di Fedez, alias Federico Leonardo Lucia, noto alle cronache per essere il marito dell'influencer Chiara Ferragni. A denunciare Fedez in Procura era stato il colonnello dei carabinieri in congedo Roberto Colasanti, membro dell'Associazione pro territorio e cittadini onlus. L'ufficiale dell'Arma, oltre alla denuncia, aveva depositato in Procura anche una relazione tecnica, elaborata dalla società Legal technology solutions di Rieti, la quale con metodologia forense aveva recuperato tutte le pagine web dove il testo e la canzone erano stati diffusi negli ultimi undici anni e di cui aveva chiesto l'oscuramento immediato. L'Associazione si era attivata dopo numerose segnalazioni da parte di carabinieri in congedo. Nessuna analoga iniziativa era stata, invece, presa dal Comando generale dell'Arma di viale Romania a Roma. «Tu come li chiami carabinieri e militari, io li chiamo infami tutti quei figli di cani». Un ritornello ripetuto più volte nel testo che, come evidenziava Colasanti, era un invito esplicito ad insultare le Forze armate.

«CRITICA ASPRA»
Questi "versi", perla Procura di Milano che questa settimana ha chiesto al giudice di archiviare la denuncia, non hanno invece i connotati del vilipendio «ma solo quelli penalmente irrilevanti - della critica aspra, della provocazione e della ricerca spasmodica della notorietà». Fedez, sempre perla Procura, «è legato a doppio filo alla sua appartenenza ad una "figura" che possiamo definire "maledetta" e da essa e con essa esprime la propria esistenza costruita su eccessi e provocazioni». «Non è questo un tentativo di sminuire o vedere in diversa (favorevole) luce l'espressione di Fedez, ma è un'analisi prettamente giuridica e giuridico-sociologica», aveva aggiunto il pm Cajani nella sua archiviazione. In particolare, il contesto sociologo si caratterizzerebbe dalla «necessità di "pubblicità" odi "notorietà" all'interno della costellazione di migliaia di "rapper" con l'unico fini di emergere dall'anonimato». In tale ambito, in estrema sintesi, «tutto ciò- pur non essendo edificante - non costituisce un reato penale (sic!)».

Una motivazione che ha lasciato molti esterrefatti non essendo stato minimamente considerato l'elemento emulativo tipico del mondo social, quello nel quale Fedez spadroneggia da tempo ed ha maggiore presa. Molti giovani potrebbero, allora, sentirsi autorizzati a fare proprio come Fedez, utilizzando lo stesso frasario volgare nei confronti dei carabinieri e delle forze di polizia in genere. Un messaggio per nulla educativo in un momento di profonda crisi di tutte le agenzie formative, ad iniziare dalla scuola. «Oltre a rammaricarci profondamente, desta enorme preoccupazione poiché, qualora tale interpretazione venisse avvallata anche dal giudice per le indagini preliminari, significherebbe riconoscere delle aree di impunità che non appaiono tollerabili in uno stato di diritto», ha quindi commentato Colasanti. Saputa la decisione della Procura, il colonnello ha annunciato opposizione al giudice: «Per tale ragione e per rispetto dei carabinieri caduti nell'adempimento del dovere e delle sofferenze che tuttora patiscono gli orfani e i loro familiari ci opporremo all'archiviazione».

ANCHE DALLA CHIESA?
Ironia del destino, il provvedimento di archiviazione firmato dal pm Cajani è arrivato nella settimana in cui si sono svolte a Milano le cerimonie per i 40 anni della morte del generale dell'Arma Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente di scorta Domenico Russo, uccisi a colpi di kalashnikov da Cosa Nostra in via Carini a Palermo. Alle cerimonie commemorative ha partecipato anche il procuratore di Milano Marcello Viola, che ha voluto ricordare il generale dalla Chiesa come il simbolo indelebile del "contrasto alla criminalità mafiosa". «Ho un ricordo diretto di quegli anni perché ero a Palermo, stavo iniziando il mio servizio, ero in tirocinio. Ho un ricordo vivissimo dell'arrivo del generale Dalla Chiesa, dell'impatto enorme che ebbe, anche sotto l'aspetto simbolico, e della solitudine che lo accompagnò», aveva dichiarato visibilmente commosso Viola davanti ai familiari del generale. Chissà cosa avrebbe detto Dalla Chiesa, che prima di essere barbaramente ucciso per mano mafiosa aveva sconfitto il terrorismo, sentendosi chiamare infame e figlio di cane dal marito di Chiara Ferragni. Non resta che sperare nel giudice il quale, sicuramente, a differenza di Fedez, saprà chi è stato Dalla Chiesa.

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