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Meloni trionfa? A "Repubblica" sbroccano: ecco la prima pagina

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Campeggia una foto in bianco e nero di Giorgia Meloni sulla prima pagina de La Repubblica che titola: "Meloni si prende l'Italia", quindi "Il Pd si ferma al 19,3%, il M5s terzo partito grazie all'exploit al Sud". Una copertina che esprime tutta la drammaticità di questo risultato elettorale per il quotidiano diretto da Maurizio Molinari che si è sempre schierato contro la leader di Fratelli d'Italia, in una campagna elettorale violentissima e senza esclusione di colpi bassi.

Nell'editoriale Ezio Mauro parla di "una nuova stagione populista". "La crisi inclina il Paese a destra, prolunga la stagione del populismo, conferma che la responsabilità di governo non paga elettoralmente, perché ha un riflesso di casta. Come era annunciato da tempo, Fratelli d'Italia vince, nel punto esatto di incrocio di questi fattori, sgonfiando la Lega e soffocando Forza Italia". No, a Repubblica non l'hanno presa bene. Niente affatto...

 

 

L'attacco di Ezio Mauro prosegue: "Il Paese con questo voto sembra aver amnistiato nell'indifferenza il fascismo storico, tanto da giudicare irrilevante il legame che in Fratelli d'Italia persiste con quel deposito di memorie e di simboli, devitalizzato politicamente ma tenuto vivo a bassa frequenza, come un paesaggio sentimentale di riferimento. L'elettorato mobile, che ieri si è spostato su Fratelli d'Italia, non chiede e tantomeno pretende dalla destra estrema - di derivazione post-fascista - una presa di posizione netta a favore della democrazia liberale, nelle cui regole e nei cui valori abbiamo vissuto con alti e bassi fino ad oggi, con la sicurezza della libertà. D'altra parte il populismo raccoglie i suoi frutti, dopo aver dileggiato per anni la democrazia, la sua fatica di garanzia, i suoi istituti. I risultati li vediamo ogni giorno nei giudizi sulla guerra di aggressione russa all'Ucraina, quando da destra e da sinistra ci si ferma a una condanna dell'invasione, per poi smarrire la consapevolezza che i valori e i principi calpestati nel Donbass sono la dotazione democratica che ci ha consentito di attraversare trent' anni di pace e convivenza dopo la fine della Guerra Fredda".

 

 

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