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Morto Rosa, addio al critico comunista: la deriva del "golpe Berlusconi"

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E' morto Alberto Asor Rosa, uno dei maggiori e più influenti critici letterari del Dopoguerra italiano. Aveva 89 anni: a confermare la scomparsa la sua casa editorie, Einaudi, di cui ha diretto la prestigiosa collana dedicata alla letteratura italiana dal 1982 al 1991. Nato a Roma nel 1933, è stato professore di Letteratura italiana alla Sapienza di Roma, storico della letteratura, saggista. Come scrive anche l'Enciclopedia Treccani, la sua critica letteraria è sempre stata "permeata di rispetto nei confronti dell'individualità dell'opera". 

 

 



Un "critico militante", com'è sempre stato definito. La politica era infatti parte integrante sia della sua attività intellettuale sia della sua vita pubblica e privata: Asor Rosa è stato deputato del Partito comunista dal 1979 al 1980, senza mai abbandonare però la battaglia. Punto di riferimento della sinistra più intransigente, è stato protagonista della lotta contro Silvio Berlusconi, con ogni mezzo. Quasi profetico quando nella primavera 2011 propose di togliere il potere al premier e leader di Forza Italia "con un intervento dall'alto". L'intellettuale invocava il coinvolgimento di Carabinieri e polizia, pochi mesi dopo ci pensarono Unione europea, crisi economica, il presidente Giorgio Napolitano e Mario Monti a far "sloggiare" il Cav da Palazzo Chigi.

 

 

 

 

Le parole di Asor Rosa generarono un terremoto, anche in chi aveva condiviso negli anni precedenti molte delle sue battaglie e posizioni. Giuliano Ferrara, che non ha mai nascosto i suoi giovanili furori comunisti, a Radio Londra inserì il critico in "quella che potremmo definire la cricca Scalfari, che cerca di abbattere Berlusconi in quanto capo politico". Pochi giorni dopo, arrivò la risposta di Asor Rosa: "Berlusconi è un golpista e Ferrara un sicario". Sarebbe ingeneroso ridurre la sua carriera in queste velenose polemiche, ma sarebbe altrettanto ingiusto omettere la a tratti folle Crociata anti-berlusconiana, deriva che (non solo per colpa dell'intellettuale) ha avvelenato tanta parte degli ultimi 30 anni di dibattito politico italiano.

 

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