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Zelensky, "il ruolo della carta-Iran": l'indiscrezione decisiva

Maurizio Stefanini
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Direttore dell'Osservatorio Ucraina all'Istituto Gino Germani, Massimiliano Di Pasquale è un pesarese con moglie ucraina che si occupa di Ucraina da venti anni, e ci ha scritto vari libri. In particolare Ucraina terra di confine. Viaggi nell'Europa sconosciuta, uscito nel 2012, si trovò ad essere in pratica l'unico testo a disposizione nelle librerie italiane per provare a decifrare quel Paese quando la rivolta di Eromaidan lo portò al centro delle cronache. Il discorso fu ulteriormente approfondito con Abbecedario ucraino, uscito nel 2018, e con Abbecedario ucraino 2, del 2021.

Zelensky a Washington, dunque?
«È una visita storica, un segnale molto forte per la comunità internazionale e per quello che ciò implica. La presa di posizione degli Stati Uniti è molto chiara, di sostegno incondizionato all'Ucraina. Tra l'altro lui ha anche detto che ha richiesto più armi spiegando che questi non sono soldi in beneficienza, ma è un investimento sulla sicurezza globale. Per difendere la democrazia. Queste sono affermazioni molto importanti da parte di Zelensky, ma è anche molto importante il fatto che Biden lo abbia invitato. Sulla base di alcuni segnali, in molti nelle settimane scorse avevano speculato sul fatto che il sostegno degli Stati Uniti potesse stare diventando più tiepido. Si dimostra che non è così, ma è il contrario. E poi Zelensky aveva fatto anche una visita alla prima linea del fronte a Bachmut, il giorno prima. Questi sono tutti segnali forti, perché è vero che la situazione è molto grave, è vero che i russi stanno colpendo le infrastrutture per cercare di far morire gli ucraini di freddo, però è anche vero che la linea dell'Ucraina è molto ferma. Andare a Bachmut, città che è sulla linea del fronte, e poi andare il giorno dopo a Washington, sono segnali molto forti non solo a livello di immagine ma anche a livello di messaggio che danno».

Che messaggio danno?
«Che l'Ucraina è forte, resiste, e soprattutto è supportata in questa guerra, una guerra per la democrazia e per certi valori, dal mondo occidentale e dal suo massimo rappresentante, che sono appunto gli Stati Uniti».


Mentre Putin se ne sta nascosto...
«Sì, Putin se ne sta nascosto, e lo starsene nascosto è una ammissione che perla Russia la situazione è difficile. Però è chiaro che l'Ucraina non può cantar vittoria, perché comunque la Russia sta chiamando i riservisti e sta cercando di riorganizzarsi, proprio in questo momento dell'anno in cui si combatte di meno. C'è il rischio che l'Occidente se ne stia con le mani in mano, e infatti Zelensky ha ribadito il punto dell'assistenza militare. Dice: le nostre forze resistono, ma gli attaccanti hanno un vantaggio notevole nell'artiglieria, hanno un vantaggio nelle munizioni, hanno più missili di quanti ne abbiamo noi».

Mosca ha alleati oggi?
«Zelensky ha anche studiato il discorso dell'Iran. In questo momento non si parla solo di Ucraina ma si parla anche di Iran, si parla di repressione delle libertà civili, si parla appunto di impiccagioni in Iran, mentre la Russia ha trovato nell'Iran l'alleato che fornisce i droni con cui la Russia sta attaccando le infrastrutture critiche dell'Ucraina. Questo passaggio del suo discorso mi sembra importante».


Putin ha comunque ammesso che la situazione va male. Tant' è che stanno arruolando i delinquenti. Lo ha detto anche Navalny che la Wagner è andata al suo carcere a arruolate detenuti, E adesso dicono che vogliono arruolare anche detenute donne.
«È una cosa che può fare un po' impressione a chi conosce poco la storia russa. In realtà lo hanno sempre fatto. Anche ai tempi di Stalin arruolavano delinquenti».

Non solo loro, peraltro. Lo hanno fatto sempre i Paesi in difficoltà militari, quando non si riesce a fare la leva. Così come si arruola gente di etnie e regioni più povere, vedi la polemica su ceceni e buriati.
«Pensa un po' a cosa ha detto il Papa... L'aver sottolineato che i russi mandano a combattere certe etnie indica che comunque i russi bianchi, pietroburghesi piuttosto che i moscoviti non vanno a combattere. È anche una guerra che in una certa misura ti dice un po' il razzismo che c'è in Russia».

Anche nelle Forze Armate Usa ci sono molti ispanici e neri, con simili polemiche...
«Ma il problema russo è più grande. Il problema è che loro pensavano di fare una operazione speciale, in qualche giorno prendere Kiev e poi si sono trovati impantanati. Si è vista più volte in questi 10 mesi l'inadeguatezza dell'esercito russo. Gli stessi metodi adottati spesso non sono metodi da esercito, sono metodi da terroristi». 

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