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Vladimir Putin? "La Nato teme che ci copi"

Mirko Molteni
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Sulle prospettive della guerra russo-ucraina, abbiamo intervistato il capitano in congedo Vincenzo Meleca, già comandante carrista nell'Esercito Italiano, su tank Leopard. Esperto di tattica, è autore di libri di argomento militare e storico, fra cui "I carri armati poco conosciuti del Regio Esercito" (2015) e "I racconti delle navi morte" (2020).

 



Capitano Meleca, siamo a quasi un anno di guerra fra Russia e Ucraina. Si aspettava che un conflitto così lungo?
«No, non mi sarei mai aspettato che la guerra potesse durare fino a questo punto. Nessuno in realtà se lo aspettava, sia riguardo alla capacità ucraina di resistere, sia di attuare controffensive. Al massimo, nei primi tempi del conflitto, ero convinto che Kiev avrebbero potuto opporre resistenza in una ristretta fascia del fronte. Il vento è cambiato grazie alle forniture di armi occidentali».

 

La stampa occidentale ha parlato molto della prossima fornitura agli ucraini di, cosiddetti, "carri armati" AMX-10 RC francesi ed M2 Bradley americani. Facendoli passare per i "primi carri armati occidentali" mai dati a Kiev. Ma non sono veicoli da fanteria?
«Infatti, non sono carri armati, bensì quello che si dice IFV, Infantry Fighting Veichle, cioè veicoli da combattimento per la fanteria. Servono per appoggiare i fanti, non per affrontare direttamente i veri carri da battaglia, altrimenti classificati MBT, ovvero Main Battle Tank, carro da battaglia principale. L'AMX-10 RC francese è vecchio di 40 anni. È un'autoblindo a 6 ruote, meno pesante della nostra Centauro. Molto mobile su strada e su terreni compatti, ha difficoltà su terreni agricoli, fangosi o innevati. Non è paragonabile ai cingolati. Il cannone è un calibro 105 mm con rigatura leggera della canna, piuttosto impreciso. Se un AMX-10 RC s' imbatte in un vero carro armato russo, come un T-90, non ha speranze contro un mezzo più corazzato e armato di cannone da 125 mm, con maggior potenza e gittata. La Francia ha dato anche il Bastion che è un mezzo blindato a 4 ruote, nemmeno a 6 ruote come il nostro Puma. È spacciato per IFV, ma non lo è, sebbene almeno resista alle mine. Meglio va con l'M2 Bradley americano, che anzitutto è cingolato, poi porta 7 missili anticarro TOW, ma bisogna capire quanti ne manderanno e in che versione. L'armamento fisso del Bradley, un cannoncino-mitragliera da 25 mm, è comunque inferiore al 76 mm montato sui BMP russi».

Perché l'Occidente non ha ancora dato all'Ucraina veri carri armati?
«Nei mesi scorsi se n'era parlato. I tedeschi avevano vagheggiato di dare alcuni Leopard 1A4, vecchi, ma ancora efficienti, presi dai magazzini. I francesi parlavano dei datati AMX-30. Alla fine non se n'è fatto niente. La Germania ha ripiegato sui cingolati Marder che sono veicoli da fanteria. Per l'Ucraina sarebbe stato un notevole rinforzo ricevere 200 "veri" carri MBT. Ma ha prevalso la politica di dare solo armamenti difensivi. Esattamente come i missili a lungo raggio, i carri armati veri e propri sono considerati armi di tipo offensivo e, nonostante le ripetute richieste, vengono negati».

Ma in questo modo l'Occidente non ostacola gli ucraini nel riprendersi i territori invasi?
«È vero, qui ci addentriamo in fattori anche politico-strategici. Sulla capacità, o meno, degli ucraini di riprendere i territori invasi dai russi ci sono molte cose che non sappiamo. Non sappiamo quanti e quanto estesi siano i campi minati. Sappiamo che i russi starebbero affidando le difese del Donbass a giovani reclute residenti nella zona, come quelle uccise in massa nell'attacco di Makiivka a Capodanno. La lentezza delle operazioni in settori come Kreminna o Bakhmut indica scenari simili alla Prima Guerra Mondiale, alle operazioni italiane sull'Isonzo nel 1916-1917, quando a prezzo di migliaia di morti s' avanzava di un pugno di chilometri. Se è vero che a Kreminna gli ucraini sono avanzati di 2,5 km in una settimana, sono solo 360 metri al giorno, significa che le linee di difesa russe sono stabili».

E tuttavia abbiamo visto la negligenza dei comandi russi in episodi come quello di Makiivka.
«Sono stati madornali gli errori, che i morti siano stati 89 come dicono i russi, o 400 come dicono gli ucraini. Anzitutto acquartierare tutti quei soldati in un unico edificio, quando in qualsiasi caserma ogni blocco ospita al massimo una compagnia ed è distanziato da altri blocchi.
Inoltre, quando l'obbiettivo è stato colpito da un lanciarazzi americano HIMARS, ci sono state esplosioni multiple causate dalla vicinanza delle munizioni. Di solito la polveriera viene distanziata dagli alloggi. Il resto lo ha fatto la capacità ucraina d'intercettare le comunicazioni nemiche, rilevando il picco di telefonate cellulari corrispondente a quei soldati che mandavano auguri alle famiglie. Ciò ha fornito le coordinate da inserire nel razzo sparato dall'HIMARS, che è a guida GPS, molto preciso. Normalmente ha un margine d'errore di 50 metri di raggio dal bersaglio, ma in questo caso non deve aver sbagliato per più di 10-20 metri. Non escludo però che gli alloggiamenti dei russi possano essere stati segnalati anche da residenti delle zone».

I russi stanno imparando tattiche Nato insegnate agli ucraini?
«Ne sono convinto. Mosca impara dai suoi errori e anche dal modo di operare del nemico. Credo che gli alti ufficiali della Nato stiano già lavorando per modificare una serie di procedure tattiche insegnate alle truppe ucraine, e che la pratica del combattimento ha portato alla conoscenza dei russi. C'è un indizio interessante. Gli ucraini, da qualche tempo, non diffondono più, come facevano nei primi mesi, immagini o filmati di carri armati russi distrutti, per cercare di non dare informazioni al nemico».

Un'insidia è l'intenso uso dei droni. Che ne pensa?
«Entrambi i contendenti dovranno sviluppare difese efficaci contro i droni kamikaze, detti anche "loitering munitions". Problema maggiore è il rilevamento, perché sono molto piccoli ed essendo in materiali compositi, non vengono rilevati dai radar. Posto d'individuarli con ottica o infrarossi, credo verranno impiegati sistemi simili ai CIWS (Close-in Weapons System) imbarcati su navi, cioè cannoni automatici a tiro rapidissimo e a canne rotanti che investono una zona di cielo con migliaia di proiettili in pochi secondi. Una specie di tiro "a pallettoni"».

Quanto durerà ancora il conflitto?
«Non siamo alla fine, perché l'inverno rallenta le operazioni, che proseguiranno nei prossimi mesi. Il tempo gioca a favore dei russi. Non sappiamo se abbiano perso 70.000 o 100.000 soldati come dice Kiev. Di sicuro hanno popolazione e risorse superiori a quelle degli ucraini. Egli ucraini quanti morti hanno avuto davvero? Non lo sappiamo. Anche riguardo a negligenze di Mosca, risorse superiori ti permettono di "assorbire" molti più errori. È la Storia, la Russia ha sempre vinto anche dopo lungo tempo e gravi perdite contando sulla massa. Quanto saranno in grado ancora gli ucraini di ripianare le loro perdite umane? Se c'è malcontento in Russia, dobbiamo presumere che anche in Ucraina molti inizino a chiedersi se vale la pena continuare». 

 

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