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Figliuolo schierato in Sudan: l'ultima missione del super generale

Barbara Sonador
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Lo avevamo lasciato dopo la trionfale campagna vaccinale da lui presa in mano e rivoltata come un calzino. Poco più di un anno dopo lo ritroviamo protagonista dell’operazione internazionale che ha riportato in patria i nostri connazionali bloccati in Sudan a causa della guerra civile. Parliamo del generale Francesco Paolo Figliuolo, classe ’61. Un militare che mezzo mondo ci invidia e che da dicembre 2021 è al vertice del Comando operativo di vertice interforze dello stato maggiore della difesa. Cioè è quello che deve smazzarsi tutte le grane relative alle missioni delicate delle nostre forze armate.

 

 

Che Figliuolo non fosse un parvenu lo si era capito non solo dalla stuolata di riconoscimenti che gli appesantiscono la giacca della divisa da alpino, ma soprattutto dalla decisa accelerata che diede alla campagna vaccinale dopo la disastrosa gestione del super commissario contiano Domenico Arcuri. Se tutto questo non fosse abbastanza, a merito di Figliuolo c’è anche la campagna denigratoria che contro di lui montò l’arcuriano Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. Figliuolo, da sempre restio ai riflettori, non appena terminato il suo ruolo di commissario per la campagna vaccinale, se n’è tornato nel suo cono d’ombra, ma non ha smesso un secondo di lavorare per il suo Paese.

 

 

Prima di parlare del Sudan, infatti, va ricordato che nel suo ruolo di comandante interforze il generale degli alpini ha coordinato le operazioni di soccorso del popolo ucraino, quelle cioè che, una volta scoppiata la guerra, hanno permesso a centinaia di donne e bambini di raggiungere il nostro Paese e salvarsi. L’ultima missione del generale Figliuolo è quella del recupero dei nostri concittadini bloccati in Sudan dalla guerra civile. Un ruolo che lo ha riportato alla ribalta soprattutto perché il suo nome è stato citato nei ringraziamenti con i quali il premier Giorgia Meloni ha ricordato l’impegno delle forze armate italiane in questa delicata missione. Lui, come d’abitudine, se n’è rimasto in seconda fila, ben felice di poter servire il suo Paese, senza clamori. Proprio come un vero alpino.

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