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Vittorio Feltri: "Il denaro ci fa peccatori? Sì, ma felici"

Vittorio Feltri
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Ogni tanto nelle redazioni dei giornali piovono notizie curiose e talvolta ovvie. Ieri ne sono arrivate due che meritano di essere divulgate. Una dice che secondo uno studio di neuro scienze il denaro è il principale motore della felicità. Grazie al cavolo, mi verrebbe da dire. Ma stando alla rivista della National Academy of sciences le cose sono più complicate. Un tempo chi guadagnava 100 mila euro l’anno era contento. Oggi per gioire ne servono molti di più. Il 25 per cento della popolazione raggiunge alti livelli di benessere ed è quindi di buonumore. L’85 per cento della folla, contrariamente a quanto si è pensato nei secoli, è del parere che il segreto della felicità sarebbero comunque proprio i soldi.

Ma la cosa che io nel mio piccolo ho sempre saputo è che la tristezza è provocata dalla bolletta. Che è causa di litigi in famiglia, un senso forte di frustrazione e spesso provoca depressione. D’altronde ho sempre scritto che l’unico consiglio che posso dare ai poveri è di diventare ricchi o almeno benestanti, che poi in fondo è la stessa cosa. Non mi sembra un concetto difficile da digerire, mentre è difficile o quantomeno complicato accumulare denaro in misura sufficiente per vivere rilassati. È vero che la moneta non è tutto e non basta per raggiungere la piena letizia, ma se ne hai poca, non a sufficienza per le tue esigenze, ti garantisci la disperazione e magari sei indotto a commettere scorrettezze per procurarti l’indispensabile per non campare come un disgraziato. Di certo non è facile procacciarsi un bel gruzzolo, ciononostante conviene fare qualche tentativo. Per esempio imparare un mestiere, cosa ignota ai miserabili, i quali si affidano semplicemente al Superenalotto per tentare la fortuna. Mentre basta essere un buon artigiano per guadagnare a sufficienza per sfuggire alla maledetta miseria. La felicità infatti sbuca dal buio dell’esistenza quando puoi garantire un po’ di serenità a tua moglie e una buona istruzione ai figli. Il resto è superfluo anche se l’uomo mira spesso più in alto se non altro per darsi delle arie.

 

 

Sempre ieri è giunto poi nei nostri uffici un dispaccio di Papa Francesco, il quale afferma che il diavolo, cioè il grano, entra nelle tasche e ci rende quindi peccatori. E suggerisce che i beni o sono di uso comune o non sono beni, bensì maledizioni. Io non mi permetto di contraddire il Pontefice però gli farei notare che per dividere tali beni ci vuole qualcuno, magari indiavolato, che li produce, altrimenti non c’è nulla da spartire. D’altronde mi pare che lui stesso non sia nelle condizioni di un clochard, ma trascorra le sue impegnative giornate in palazzi di lusso. Non è un rimprovero, ci mancherebbe, ma una constatazione. Quanto alle preghiere che il Santo Padre raccomanda ai cattolici di rivolgere a Dio, mi risulta che solo lui disponga della Cappella Sistina come fosse una dépendance del suo appartamento. E i poveri quando pregano chiedono al Signore di riuscire ad arrivare alla fine del mese. Amen. 

 

 

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