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Vittorio Feltri: le vacanze causano esaurimento, meglio non partire

Villaggi vacanza all inclusive

Vittorio Feltri
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Scioperi di treni e aerei, ritardi, bagagli smarriti, località gremite di turisti, file, attese, costi elevatissimi a fronte di servizi spesso scadenti, truffe, rincari folli, incendi, non sono pochi gli imprevisti che trasformano la vacanza, che dovrebbe essere una occasione di svago e riposo, in un motivo di stress e addirittura di malessere psicofisico. Ecco perché non godo delle ferie dal lontano 1981, da allora mi procuro di lavorare ogni santo giorno dell’anno, inclusi sabati e domeniche, quando sono sempre presente in redazione. Eppure, nonostante la villeggiatura spesso sia- come è stato dimostrato scientificamente - causa di esaurimento nervoso, gli italiani non rinunciano a questo rito, che perpetriamo dagli anni Sessanta, quelli del cosiddetto “boom economico”, allorché si impose anche la sciocca moda della tintarella. Da allora partire in agosto è divenuto un imperativo categorico, tanto che le famiglie ogni anno si indebitano fino al collo pur di non sentirsi da meno rispetto a parenti, amici, colleghi, i quali non fanno altro che domandare: «E tu dove andrai in vacanza questa estate?».

 


Quando le città si spopolano subentra nell’animo dell’italiano medio una specie di irrequietezza: tutti stanno al mare mentre egli se ne sta da solo in un luogo semideserto. Nasce un senso di esclusione, di solitudine, quindi un profondo dolore. È diffuso il convincimento che coloro che non si muovono da casa, che non salgono a bordo di un aereo qualsiasi o che non si mettono in macchina per migrare al mare o in montagna, siano degli sfigati, pertanto è una corsa a provare di essere come gli altri, per non restare indietro. Insomma, ci si affanna, ci si stressa, si bruciano i risparmi e si accumulano debiti soltanto per potere affermare di avere trascorso le agognate vacanze altrove, lontano dai luoghi dove si vive tutto l’anno. Sta di fatto che anche per questa stagione un nucleo familiare su sei, ovvero settecentomila, si sia indebitato per partire per poi rincasare e pentirsi di essere partito e tornato in bolletta. Il che non mi pare essere operazione molto arguta.

 


Questa cifra mi sconvolge, forse perché non ho mai ritenuto la villeggiatura una esigenza vitale, qualcosa di irrinunciabile, un dovere sociale. A mio avviso, il periodo dell’anno migliore per godere della città nonché di pace e riposo, ricaricando mente e corpo, è senza dubbio proprio il mese di agosto, quando il caldo inizia a non essere più asfissiante, il traffico è assente, le vie silenziose, e, in generale, gli spazi diventano più vivibili. Anzi, i centri urbani nel mese di agosto acquistano un fascino che non siamo in grado di ravvisare in altre fasi. È in questo momento che ci possiamo accorgere di quanto sia bello, persino struggente o poetico, un tramonto in città, o un’alba, di quanto sia elegante un palazzo, o piacevole un angolo nascosto della metropoli.


Chi è intelligente rimane dove sta, si ferma, conserva le ferie usufruendone quando nessuno si muove e le tariffe si abbassano, o le vive a chilometro zero, spendendo zero, preservando la salute oltre che il conto in banca. Al ritorno in ufficio avrà modo di notare sui colleghi gli effetti devastanti delle vacanze fuoriporta: chili in più dovuti agli eccessi tipici del frangente, pelle arrostita, occhiaie... Si rientra più poveri, più grassi e più vecchi. Tornare dalle vacanze è quasi come tornare da un campo di battaglia. Non a caso gli scienziati parlano di “sindrome da rientro”. I sintomi sono: stanchezza, insonnia, ansia, depressione, irritabilità, sbalzi d’umore, tachicardia, tensione muscolare, sudorazione, e qui mi arresto per non spaventarvi. E pensare che l’intento originario era quello di allontanarsi per un po’ per stare meglio! Ma tranquilli. I rimedi offerti dalla medicina infatti non mancano, certo. Tuttavia, mi permetto di suggerire la cura più efficace di tutte, basata sulla prevenzione: è sufficiente non partire.

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