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Matilde Borromeo giustifica i ladri: "Immigrato in casa? Cose che capitano"

Pietro Senaldi
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Com’è bello essere ricchi e nobili. Perfino il furto in casa diventa una vicenda «a lieto fine», un guaio di stagione, «cose che capitano, specie d’estate». Secondo gli psicanalisti, per le persone normali vedersi spazzolato l’appartamento equivale a subire una violenza. C’è chi, dopo, fatica a prendere sonno per mesi. Per Matilde Borromeo, sorella di Lavinia Elkann e sorellastra di Beatrice, ormai principessa di Monaco, coniugata a un rampollo della dinastia dei von Fürstenberg, invece no. Per lei il ladro in casa è una sorta di avventura, un’esperienza esotica, «un grande spavento ma nulla di drammatico» ha rassicurato tutti dal castello tedesco del consorte, dove si trova in vacanza.

Un clandestino marocchino si è intrufolato nella sua casa di due piani nel centro di Milano, in piazza Sant’Ambrogio, e stava riuscendo a impadronirsi di un bottino di 250mila euro, gli oggetti che la signora tiene in casa in bella mostra, ma questo non ha impedito alla principessa Matilde di dichiarare che si sente di «vivere in una città sicura». Sicurissima certo, basta muoversi solo nelle vie del centro e avere i domestici che ti presidiano le stanze quando sei in vacanza, e magari sono talmente efficienti da fermare il topo d’appartamento, trattenerlo e consegnarlo ai carabinieri. Basta soprattutto potersi permettere di tenere l’aria condizionata accesa nella propria vasta magione, malgrado le bollette alle stelle, benché si stia a 6-700 chilometri di distanza. 

Il ladro infatti è stato sorpreso dal personale perché questo era in casa fuori orario per godere dei benefici del climatizzatore. Perché il punto è questo: la flemma non è più solo una questione caratteriale, ormai bisogna pure potersela permettere, come i domestici che vengono a tenerti in ordine la casa anche se sei via. Le dichiarazioni della Borromeo dicono più di un reportage su cosa sia diventato il capoluogo lombardo; una città unicamente per chi se la può permettere. In centro in auto giri solo se hai sette euro al giorno per entrarci, un box da centomila euro dove mettere il mezzo o ti puoi permettere parcheggi da 20 euro, oltre a un sacco di tempo da perdere nel traffico, che la battaglia del sindaco alle quattroruote ha intensificato anziché ridurre, forse per via delle piste ciclabili, più numerose delle biciclette. Finalmente si capisce perché la sinistra che governa la città non tiene in gran conto il problema sicurezza e neppure si preoccupa più di tanto di quello degli immigrati: sono temi che non interessano la plutocrazia che vive e governa la città. L’unica che conta, perché gli altri ormai neppure votano.

LA REALTÀ
Milano infatti sta sempre più trasformandosi da città esclusiva a città escludente, con i milanesi spinti fuori dal centro e ormai anche dalla periferia, che è terra multietnica. È una città che è sempre stata accogliente grazie al fatto che ha sempre mantenuto la propria identità, milanesizzando chi ci arrivava, come cantava O mia bela Madunina.

 

Adesso è diventata internazionale e modaiola ma il prezzo è la perdita della propria anima. Il milanese doc, autoctono o d’importazione, laborioso, concreto e fiero, avrebbe preso a schiaffi il topo d’appartamento, come la principessa Matilde racconta aveva fatto sua madre, vent’anni fa con l’aiuto di un pastore tedesco, insultandolo e cacciandolo senza chiamare la polizia; salvo il giorno dopo lamentarsi con i vicini del sindaco che non mantiene l’ordine in città. Oggi è tutto asettico, del ladro si occupano i domestici e i carabinieri, categorie che le nobildonne ormai faticano a distinguere, e il perdono viene consegnato al reprobo a mezzo stampa, come l’assoluzione alle autorità. C’entreranno mica qualcosa con il crimine. La previsione è facile: ai tempi di Berlusconi Milano 2 e Milano 3 nascevano ai margini della città. La Milano 4 sta già crescendo, in centro, protetta da mura di denaro che la difendono meglio di quelle medievali. Questo non toglie però che tra qualche anno possano ricomparire anche le recinzioni che dividono i quartieri ricchi dagli altri, come nelle grandi capitali del terzo mondo.

 

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