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Spot Esselunga, Luca Ricolfi: "Come il generale Vannacci..."

Luca Ricolfi

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Ci sono due ragioni per le quali in questi giorni non si fa che parlare dello spot dell'Esselunga secondo Luca Ricolfi. Il sociologo infatti si chiede perché abbia avuto tanto successo. La premessa è questa: "Il messaggio è limpido e semplice: la bambina è triste perché i genitori sono divisi, e ricorre a un piccolo sotterfugio nella speranza di farli tornare uniti", scrivesu Il Messaggero. "C'è chi dice che lo spot strumentalizza il dolore dei bambini per fini commerciali (Bersani). C'è chi invita a riflettere sul carrello degli italiani, per molti dei quali 'anche una pesca rischia di diventare un lusso' (Fratoianni). C'è chi legge lo spot come un attacco alla legge sul divorzio e chi, viceversa, vi vede un omaggio alla famiglia tradizionale. C'è chi, insorge a difesa dei genitori che divorziano, e ci spiega che non tutti i figli di genitori divorziati sono infelici, così come non tutti i figli di genitori sposati sono felici". 

 

 

Insomma, osserva il sociologo, destra, sinistra, social, tutti discutono di questa pubblicità. Ma perché "ha suscitato tanto interesse e tanto consenso?". Un motivo, spiega Ricolfi, "è che è uno dei pochissimi spot che non trasmette un'idea stereotipata, banale e sostanzialmente falsa della realtà". Qui "la realtà irrompe mostrando la normalità del dolore". Perché la normalità "non è la famiglia Mulino Bianco" bensì "la famiglia che si è spezzata o si sta spezzando" cisto che "il numero di separazioni e divorzi ha ormai raggiunto il numero di matrimoni". Da un certo punto di vista, azzarda Ricolfi, "il massiccio consenso allo spot è parallelo e affine a quello che ha accompagnato il libro-bestseller del generale Vannacci: la normalità e la sua rappresentazione suscitano scandalo nelle élite intellettuali e politiche, ma riscuotono l'approvazione, non di rado entusiastica, di tanti cittadini comuni, che riconoscono più verità e umanità nello spot della pesca che in tante contese mediatiche, spesso lontane mille miglia dalle sofferenze quotidiane di tanti".

 

 

Ma c'è anche un secondo motivo che riguarda il "formato dello spot, che è diventato molto più lungo e, soprattutto, racconta una storia. Non più messaggi brevi e pretenziosi, non più situazioni improbabili o demenziali, non più lusinghe del consumatore e poco credibili gratificazioni dell'ego, bensì una storia semplice, comprensibilissima, e capace di andare dritta al cuore", "in breve: un racconto, non una predica".

Esselunga, conclude Ricolfi "ha riscoperto e rilanciato la formula di Carosello, quel quarto d'ora di messaggi pubblicitari che, intorno alle 21, segnalavano in modo irrevocabile che, per i bambini, era l'ora di 'andare a nanna'. In quegli spot l'elemento essenziale, quello che affezionava l'ascoltatore, era il brio e l'originalità delle storie" mentre "il messaggio pubblicitario era secondario, quasi marginale. Allora, come nello spot Esselunga, l'elemento cruciale era la capacità dei pubblicitari di inventare storie efficaci". E "la reazione del pubblico alla storia di Emma e della pesca fa pensare che, forse, fra la pubblicità-messaggi e la pubblicità-storie, la gente preferisca la pubblicità-storie".

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