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Elena Basile, la Farnesina: "Mai stata promossa ad ambasciatrice"

Daniele Dell'Orco
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L’accostamento con la grande parabola mediatica del prof Alessandro Orsini è fin troppo scontato, ma le somiglianze in effetti sono molte. Come fu per il predecessore circa la guerra in Ucraina, ora la diplomatica Elena Basile nei torridi giorni della crisi in Israele si sta guadagnando i galloni di “voce contro” con alcuni interventi tv che stanno facendo discutere. L’ultimo episodio è andato in onda mercoledì sera durante la puntata di Otto e mezzo, nell’esatto momento in cui la conduttrice Lilli Gruber ha letto la dichiarazione del portavoce della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, secondo il quale sarebbero pochi gli ostaggi statunitensi nelle mani dei miliziani di Hamas. Elena Basile, ospite del programma, ha risposto: «Peccato, perché in effetti, se fossero tanti gli ostaggi americani, gli Stati Uniti potrebbero avere un ruolo di mediazione».

Un’affermazione che ha scatenato il giornalista Aldo Cazzullo: «Ma come fa a dire una cosa del genere? Finché stiamo scherzando va bene, ma questo... Non è una buona notizia che ci siano pochi ostaggi americani? Ma cosa sta dicendo? Si vergogni della sua erudizione». Basile, per mettere una toppa, ha provato a smarcarsi con un ragionamento francamente circonvoluto: «Lei non mi ha lasciato finire, io non mi sono permessa di dire quello che lei pensa. Questo è davvero un attacco assurdo. Ma poi c’è una gerarchia nella nazionalità degli ostaggi? Quelli tedeschi e francesi sono diversi?».

 

 

 

La rissa verbale è proseguita fino al time-out chiamato dalla Gruber: «Adesso vi blocco tutti. Basta, togliamo l’audio». Già prima di questa zuffa Basile aveva avuto uno scontro con Paolo Mieli, interpellato sulla necessità di una de-escalation: «Non so neppure cosa significhi», ha commentato. «Secondo me non è possibile trattare con Hamas, un gruppo che si è trasformato in qualcosa di simile all’Isis. Non è fattibile una tregua con un esercito che a un rave party ha ucciso i tipi che ballavano o che ha ammazzato 40 bambini».
Alché la diplomatica ha replicato in tono di rimprovero: «Credo che la de-escalation sia un dovere. Non sono affatto d’accordo con Mieli, che stimo tantissimo. Io non sono qui per fare un confronto tra la barbarie di Hamas e i crimini commessi contro l’umanità dallo Stato d’Israele a Gaza come dice l’Onu. Siamo tutti esterrefatti per quello che ha fatto Hamas ai civili, ma non siamo qui per dire che è meglio uccidere i bambini con una pallottola nella testa, decapitandoli o lasciandoli morire di stenti, senza cibo e medicine, un’agonia forse anche più terribile. Questo, dottor Mieli, è un discorso sottoculturale che non è da lei. Quando lei analizza gli eventi passati, non utilizza mai questi metodi propagandistici».

Infine, la sottolineatura dall’alto sapore orsiniano: «Io non sono filo-palestinese contro i filo-israeliani. Smettiamola, per piacere, di aizzare l’opinione pubblica visto che seguiranno solo orrori». La scena non è piaciuta al Sndmae, il sindacato rappresentativo dei diplomatici italiani, che con un duro comunicato ha espresso solidarietà e vicinanza «di tutta la carriera diplomatica al popolo e allo Stato di Israele per il brutale attacco terroristico di sabato 7 ottobre».

 

 

 

La sigla ha stigmatizzato «dichiarazioni ed interventi pubblici che gettano un’ombra sulla fedeltà ai valori repubblicani dei membri della carriera stessa, come quelle pronunciate dalla collega, ormai a riposo, Elena Basile», facendo peraltro una precisazione sul suo titolo: «Si è dimessa dalla carriera diplomatica con il grado di Ministro Plenipotenziario, e sebbene, dopo aver servito a Tananarive, Toronto, Budapest e Lisbona abbia svolto nel corso della sua carriera anche le funzioni pro tempore di Capo Missione in Svezia e Belgio non è mai stata promossa al grado di Ambasciatrice».

Già in passato “la nuova Orsini” fu criticata per aver colpevolizzato Zelensky per il conflitto in Ucraina con un articolo, sul Fatto quotidiano come il collega, con cui condivide anche la passione per la scrittura dei libri, intitolato “La posizione di Kiev mette a rischio tutti gli ucraini” nel quale indicava come colpevole Kiev per «aver mandato a morte 250mila giovanissimi (arrotondo per difetto) e sta per farne massacrare altri assecondando la volontà della Nato». Ora le manca solo il tour a teatro. 

 

 

 

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