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Patrick Zaki presenta il suo libro nel deserto: spunta una foto clamorosa

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Alessandro Gonzato
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Proprio non riesce, Patrick Zaki, a pronunciare le parole «Hamas» e «terrorismo» nella stessa frase. In compenso, finalmente, ha ringraziato il politico a cui deve la scarcerazione: la premier Meloni? No. Il ministro degli Esteri Tajani? Macché.

Lo studente egiziano, dal palco del teatro Parenti di Milano, ha ringraziato «Pierfrancesco, una figura chiave per la mia libertà». Chi? Pierfrancesco Majorino, l’ex eurodeputato Dem che da aprile dopo la batosta rimediata contro il riconfermato governatore leghista Attilio Fontana- è consigliere regionale in Lombardia. Majorino è in prima fila nel teatro che Repubblica descrive «pieno di spettatori», ma che in realtà è semivuoto, poco più di duecento persone- tra cui una trentina di cronisti e fotografi - in una sala da cinquecento. Zaki è stato intervistato dal direttore di Repubblica, Maurizio Molinari.

IL FUTURO
L’egiziano, studente a Bologna e detenuto in Egitto da febbraio 2020 a dicembre 2021, ha ringraziato per la liberazione perfino la sua manager, e ha detto che forse si stabilirà in Italia perché qui sta bene (parla solo in inglese, in italiano non dice nemmeno un «grazie Milano», come si usa per le star) e l’ha buttata lì ai capi della casa editrice: «Magari mi chiedono di fare un altro libro...». Dicevamo di Hamas. Dicevamo noi, perché lui quella parola non la pronuncia mai: «Si devono capire le ragioni del terrorismo. Ogni attacco terroristico ha delle ragioni.

 

Perché questo gruppo (Hamas, ndr)», si è chiesto Zaki, «è arrivato al punto di perpetrare queste azioni? È necessario fare un lavoro di ricerca sulle ragioni sottostanti». Per Zaki si devono capire le ragioni dei terroristi islamici.

Zaki è l’idolo del Pd, quello a cui il sindaco di Bologna (del Pd), Matteo Lepore, ha concesso la cittadinanza onoraria poche ore dopo che l’egiziano aveva rifiutato di tornare in Italia col volo di Stato altrimenti avrebbe dovuto stringere la mano alla Meloni e ringraziare il governo che l’ha riportato a Bologna, quello delle «destre fasciste», per dirla alla Pd. E a Bologna, in prima fila ad applaudirlo tra “Bella Ciao” e bandiere rosse, ovviamente c’era la segretaria, Elly Schlein.

 

 

Torniamo alle (mancate) parole su Hamas. Ieri il vicepremier Matteo Salvini ha twittato: «Parole inaccettabili, pronunciate tra l’altro dopo l’attentato di matrice islamica a Bruxelles. Davanti al sangue e alle barbarie del terrorismo non esistono ragioni, disquisizioni, distinguo, ma solo condanna, senza se e senza ma».
La serata nel deserto del teatro Parenti scorre veloce.

Zaki giustifica Hamas, e dopo aver definito il premier israeliano Benjamin Netanyahu «un serial killer», adesso rilancia, per quanto possibile: «Io non faccio un passo indietro rispetto a quello che ho sempre criticato, sulla violenza e sulla situazione che abbiamo raggiunto in Israele, dove hanno fatto pulizia etnica e apartheid. Ci sono state tante umiliazioni negli ultimi anni», proegue, «nei confronti dei palestinesi». Ma lei, Zaki - questa una delle poche domande concesse a fine serata dal nutrito entourage del giovane- riscriverebbe quel tweet contro Netanyahu? «Da difensore dei diritti umani scelgo di essere la voce dei palestinesi». 

Ma lei, Zaki, sta con Hamas? Niente, si infervora, fa un giro di parole infinite per dire che lui è contro tutte le violenze, ma Zaki è come Fonzie di “Happy Days” che non riusciva a dire la parola «scusa», ma almeno Fonzie ci provava, a dirla. Poco prima dell’inizio dell’evento, a Bruxelles uno jihadista uccide due svedesi. «Oltre a questo», sottolinea Zaki, «ricorderei anche il bambino palestinese ucciso stamattina negli Stati Uniti». Povero bimbo, sì, che strazio. Ma per Zaki c’è una giustificazione a tutto, o meglio, gli islamisti ne hanno sempre una.

I PASDARAN
Quando l’egiziano punta il dito contro gli Stati Uniti uno sparuto gruppo di ragazzi appollaiati nella prima fila della seconda parte della platea da lì in su il vuoto più totale parte con un vigoroso applauso. «Bisogna cercare di capire perché ci sono questi attacchi criminali, perché arrivano da gruppi diversi». 

In realtà quasi sempre dagli stessi, quelli legati ai fanatici di Allah. Vorremmo chiedere all’idolo della sinistra perché ha ringraziato tutti per la liberazione tranne il governo italiano, ma niente, non possiamo farlo, perché Zaki viene portato via dallo staff: «Basta, basta, deve autografare i libri!». Qualche minuto prima, di fianco a Molinari sul palco, Zaki aveva rimbrottato una parte della stampa italiana: «Non tutti i vostri media hanno dato la giusta copertura (alla scontro Israele-Hamas, ndr)». Zaki è anche maestro d’informazione. «Alcuni giornalisti non hanno raccontato i fatti in modo equo». Il suo salvatore, Majorino, si spella le mani. Poi si fa autografare il libro e Zaki lo abbraccia forte. D’altronde è a lui che Zaki deve la vita.

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