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Report, Sigfrido Ranucci scortato da Conte e Landini: la sceneggiata

Tommaso Montesano
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In extremis si è aggiunto anche Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. Troppo ghiotta l’occasione di mettere il cappello, mentre la sinistra scaldai motori per la mobilitazione contro la riforma costituzionale del governo Meloni, sulla manifestazione contro il «bavaglio» in materia di informazione. Così Landini alle 19,15 di ieri sera ha raggiunto piazza del Pantheon per partecipare alla «passeggiata» organizzata da Articolo 21 per “scortare” a Palazzo San Macuto il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, atteso alle 20 dalla commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai insieme al direttore dell’Approfondimento, Paolo Corsini.

 

 

Una convocazione contestata da Ranucci: «Per la prima volta nella storia un giornalista è chiamato a rispondere del perché e come si fa un’inchiesta davanti a una commissione politica». Pensiero che Ranucci ha ripetuto mentre percorreva via del Seminario: «Vengo per un solo motivo: un giornalista libero può confrontarsi tranquillamente con i politici. Invito invece i politici a confrontarsi con Report. Io in Rai sono libero e dico che la libertà è uno stato dell’anima e sta a noi rispettare questa libertà». A guidare la protesta Giuseppe Giulietti, già parlamentare dei Ds e storico leader dell’associazione Articolo 21, che vede nella piazza a sostegno di Ranucci l’inizio dei nuovi “girotondi”, stavolta contro Giorgia Meloni: «Quello del Pantheon sarà solo il primo passo di tante iniziative per la tutela della Costituzione che vorrebbero “imbavagliare”. Dopo l’audizione decideremo insieme le prossime inziative regionali e nazionali a tutela della Costituzione».

 

La saldatura con l’annunciata mobilitazione del Pd contro la riforma che introduce il premierato è cosa fatta. Trait d’union la Cgil, che lo scorso 7 ottobre aveva già manifestato a difesa della “via maestra” della Carta. E in nome di Ranucci, ieri sera, si sono ritrovati, tra gli altri, il leader M5s Giuseppe Conte («non permetteremo a nessuno di poter condizionare o mettere bavaglio al giornalismo di inchiesta»), Ilaria Cucchi, Amnesty International, Anpi («la libertà di informazione è parte essenziale del diritto alla libera manifestazione del pensiero, conquistato dalla Resistenza»), Nicola Fratoianni di Si e l’accoppiata Daniele Macheda e Vittorio Di Trapani, rispettivamente numeri uno di Usigrai e Fnsi. Al di là dei nomi, tuttavia, una “scorta” tutt’altro che nutrita.

 

La seduta della commissione di Vigilanza è stata preceduta dalla richiesta, subito enfatizzata sui social da Ranucci, di Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, di avere 15 minuti di tempo per elencare tutte le «rimostranze» a carico del conduttore di Report. Ranucci ha preso la parola dopo Corsini. Il giornalista ripercorre i successi della trasmissione, distribuisce i grafici con gli ascolti alla presidente della Commissione, la grillina Barbara Floridia, affinché restino «agli atti», rivendica che Report «in un contesto in cui la notizia è merce è in grado «di dettare l’agenda dell’informazione», loda lo sbarco sui social. E, a proposito del «pluralismo», consegna l’elenco di «tutti ipolitici trattati nelle puntate» nel corso degli ultimi dieci anni.

 

Su La Russa? «Tutte notizie documentate». E sul presunto testamento colombiano di Berlusconi? «Solo verità dei fatti». Gli interventi vanno via senza intoppi fino a quando tocca a Gasparri. L’esponente di FI ricorda lo spazio, e il credito, concesso al pentito Salvatore Baiardo in funzione anti-Berlusconi, l’uso dei figuranti di spalle coperti dall’anonimato, il «riciclo» dei servizi. Poi, all’improvviso, a Ranucci offre una carota (subito ripreso da Floridia) e una boccetta di Cordiale. Quindi lo sfotte: «Mi aspettavo più seguaci. Quella per lei è stata una marcetta».

 

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