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Vittorio Feltri: "Sesso, come diavolo ci siamo ridotti". Un'inquietante verità

 Vittorio Feltri

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"Come diavolo si fa questo sesso virtuale? Francamente non l'ho mai capito", scrive un lettore de Il Giornale, Luca Bettarini, a Vittorio Feltri, in una lettera pubblicata su Il Giornale. Del resto se ne parla molto e i giovani sembrano prediligerlo. Ma su come funzioni e in cosa consiste, risponde il fondatore di Libero, "anche per me rimane un mistero".

"Immagino che, senza mettere in dubbio la soddisfazione anche fisica che questa attività può produrre in coloro che ne sono assidui praticanti, niente possa sostituire lo scambio di sguardi, il tocco delle mani, le carezze, la vicinanza fisica, quindi il contatto, che sono elementi essenziali della carnalità, della sessualità, dell’amore fisico", ragiona Feltri. "E ti dirò di più, sono convinto che il sesso virtuale sia stato inventato da qualcuno per il timore dell’amore autentico, del confronto con l’altro, del coinvolgimento emotivo che viene alimentato da quello fisico". 

 

 

Insomma, prosegue il direttore editoriale del Giornale, "per paura dell’amore ci siamo ridotti ad evitare il sesso, a stare alla larga l’uno dall’altro, preferendo surrogati del sesso stesso che implicano che l’individuo si isoli e non entri in diretto contatto con la persona con la quale pur vive, sebbene virtualmente, una specie di vicinanza che raramente si concretizza in un incontro effettivo". Del resto, "l’amore ci rende in qualche maniera vulnerabili ed essere vulnerabili è qualcosa di inaccettabile in una società che pretende che siamo forti, performanti, di successo, vincenti. Dunque, il sesso virtuale è una sorta di difesa. Ci consente di sentirci al sicuro".

 

 

E attenzione, conclude Vittorio Feltri, "nel sesso virtuale conta solamente l’io, invece fare l’amore è qualcosa che si fa solo e soltanto in due. Ed in questo risiede la sua bellezza. Come ci siamo ridotti?".

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