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I nostri eroi dell'avvento

 Babbo Bastardo, simbolo dei mostri dell'avvento (e del loro calendario)

Da Apstolicco a Zaki: una galleria di personaggi che hanno fatto il 2023 (nel bene e nel male) visti da Libero

Francesco Specchia
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Il Calendario dell’Avvento riempie i cuori degli uomini di buona volontà. E’ per questo motivo che, colto da frenesia natalizia, Libero stampa il suo personale calendario dei “Mostri dell’Avvento”. Mostri “cattivi” e mostri “buoni”, naturalmente tutti attraversati da spirito inevitabilmente e cristianamente divertito. Al lettore il compito di sfogliarlo.

IOLANDA APOSTOLICO

“Lasciate che i migranti vengano a me”

“Iolanda” come la figlia del Corsaro nero; “Apostolico” come un fiammeggiante percorso di fede: “Lasciate che i migranti vengano a me”. E infatti la giudice di Catania “libera” dal trattenimento quattro tunisini sbarcati a Lampedusa, non dopo essersi ficcata nei cortei anti-Salvini; aver scritto post imbarazzanti contro il governo; ed essere stata beccata in motorino senza casco. Più che nei giorni dell’Avvento, la Iolanda s’è specializzata in quelli dopo l’Avvento. Più precisamente, il 6 gennaio, quando si ostina da anni a liberare Gaspare, Melchiorre e Baldassare perché convinta che siano extracomunitari portatori di carichi di oro, incenso e mirra nascosti nella chiglia del barcone dalla Libia…

 

IANNICK SINNER

Il Richie Cunningham con la racchetta

Diceva: “Voi portatemi a Malaga, poi ci penso io”. Be’, ci ha davvero pensato lui. Ha battuto due volte Djokovic e ha fatto vincere la Coppa Davis all’Italia dopo 47 anni. Sinner è allampanato, saettante, l’unico altoatesino a non parlare come le Sturmtruppen. Somigliante da piccolo –coi quei boccoli rosso tiziano- ad Alessia Marcuzzi e da grande a Richie Cunningham, ha trasformato in maestri di tennis tutti gli italiani anche quelli che scambiano di solito una racchetta per un arricciacapelli. Per la prima volta mio figlio, invece della Playstation mi ha chiesto due biglietti per il Roland Garros.

 

BONELLI-FRATOIANNI

Il Colapesce e Dimartino della sinistra italiana

Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, sono Bibì e Bibò,  il “timido e l’estroverso”, il Colapesce e Dimartino della sinistra italiana. Spaziano, litigano e lottano su tutto: la patrimoniale sul clima, il salario minimo a 9 euro (sostenendo i sindacati che però siglano contratti a 6 euro), l’ambientalismo contro il capitale, la manovra, la necessità del reddito universale che se approvato costerebbe 34 miliardi ma tanto non è mica per i soldi ma per il principio. Il loro capolavoro è stato far eleggere Soumahoro in Parlamento scambiandolo per Martin Luther King senza accorgersi dell’attitudine negriera della moglie. Compagni che sbagliano (troppo).

 

CARLOTTA VAGNOLI

Una Boldrini tatuata

Di stordente bellezza, più tatuata di un calciatore, nata come sex columnis femminista sui magazine maschili, forese sapiosessuale, Carlotta Vagnoli è la giovane prof delle medie che tutti avremmo voluto avere. Si muove nei talk sempre come se sfilasse in un corteo organizzato da Laura Boldrini; e ha una pregiudiziale nell’approccio. Se sei maschio e le dici “buongiorno” lei si autocita: “Non è raro che un ragazzo, per esprimere apprezzamento verso una coetanea, le dica «sei così bella/fica (che qui diventa sineddoche)/bona che ti stuprerei». I suoi refrain sono “non mi infantilizzi” e l’ “”utero è mio e lo gestisco io”. Lei parla e tu torni dallo psicanalista…

 

NICHI VENDOLA

Il richiamo delle foreste

Come Proust in tutti questi anni Nicola Maria Vendola, detto Nichi era andato a letto presto. Dopo essere passato di liana in liana istituzionale (sindaco, deputato, segretario), di sigla in sigla (da Prc a Sel), essersi incasinato con la faccenda dell’Ilva e essersi sposato con un grafico canadese con cui ha acquisito un figlio surrogato, Nichi non ha resistito al richiamo della foresta. Pur pro forma è stato eletto presidente di Sinistra Italiana. Ha accettato perché uno “deve sentire la responsabilità di evitare che vinca il caos, e che l'ardire utopico dei pensieri lunghi si pieghi alla disperazione di un presente immobile, quasi divorato dal suo passato”.  Che non si sa che cazzo significhi, ma comunque meglio lui di Soumahoro.

 

PATRICK ZAKI

La sinistra di Napo Orso Capo

L’Avvento di Patrick Zaki che somiglia in modo impressionate a Napo Orso Capo, ha sconvolto il concetto di gratitudine cristiana. Dopo esser stato tolto dal carcere dai politici di destra evitati accuratamente a vantaggio dei ripetuti incontri con i politici di sinistra con la kefiah, Zaki ha stretto la mano all’Usigrai ma non a Tajani; dopo lo sterminio dei 1400 ebrei ha scambiato Anna Frank per Leni Riefenstahl e Fabio Fazio con Johnny Carson. Infine, ha chiamato il premier israeliano Netanyahu “serial killer” e in un pubblico dibattito col direttore di Repubblica -mica del Giornale- ha dichiarato che “si devono capire le ragioni del terrorismo”. La cosa più grave è che ancora parla tutte le lingue, anche il serbo-croato, tranne l’italiano.

 

PAOLA CORTELLESI

Contro la violenza di genere cinematografico

Ha fatto più per la causa della donna il film C’è ancora domani che tutta la bibliografia e i cortei femministi degli ultimi cinquant’anni. Campione d’incassi più di Napoleon e Spiderman il respiro cinematografico di Paola Cortellesi ha cambiato l’aria tossica del cinema e del patriarcato italiano. Guardi il film di Paoletta, e ti sale il groppo alla gola.  Soprattutto perché pensi che il ministro delle Cultura Franceschini gli aveva negato i fondi in quanto “opera di scarso valore”; e perché sai che la miglior regista attualmente su piazza non potrà essere premiata col David di Donatello perché esordiente. Cioè, appena eletto abbiamo fatto Di Maio ministro, e la Cortellesi si fotta. Dopo la violenza di genere, la violenza di genere cinematografico…

 

ALESSANDRO DI BATTISTA

L’affanno della rivoluzione

Nella solida tradizione del non saper fare nulla ma farlo benissimo, Alessandro Di Battista ha un nuovo guizzo, dadaista quanto basta. Si chiama Schierarsi: è un movimento che ha come simbolo cinque omini stilizzati come le stelle dei 5 Stelle. Una specie di Salon de refuses ottocentesco che raccoglie alti intelletti, dalla Raggi al putinissimo professor Orsini. C’è il Salon, ma Dibba non è Eduard Manet. Dopo aver tentato di fare il pizzaiolo, il falegname, il reportagista di Super8 per Il Fatto; di scrivere libri che non leggi; di essere stato trattato come un Mullah dagli estremisti islamici; be’ ora il nostro eroe si prepara al grande salto delle elezioni Europee. Il perenne affanno della rivoluzione…

 

GIUSEPPE SANTALUCIA

Toga rossa la vincerà

Toga, toga, toga! Nella sua foto ufficiale Giuseppe Santalucia non indossa una giacca, ma una pashmina arabescata che somiglia ad una kefiah stirata male. Forse non è un caso. Il capo dell’Associazione Nazionale Magistrati non solo è un magistrato di sinistra, ma è il convinto sostenitore della fusione in Area di tutte le toghe comunque “rosse”. Praticamente un campo largo dei tribunali. Ne consegue che la sua difesa alle preoccupazioni del ministro della Difesa (che ha parlato di “ostruzionismo giudiziario di alcune toghe”) diventano quasi un discorso di Togliatti. E quando Mario Sechi gli fa notare la mancanza di “terzietà” dei magistrati, lui risponde che, di fatto, la terzietà resta un’opinione romantica…

 

PINO INSEGNO

Il contrattista perfetto

Più verace di Pupo, più cazzuto di Barbareschi, più tignoso di Al Bano, Pino Insegno è il contrattista che tutti vorremmo essere. Al di là dei singoli meriti (quando doppia Will Smith è fantastico, quando doppia Will Smith presentando lo Zecchino d’Oro è perfino surrealista) Insegno è riuscito a compiere la sua vendetta. Dopo esser stato epurato dalla sinistra con la destra al governo si è trasformato nel Conte di Montecristo, e, nell’ordine, è riuscito: a riproporre e ad affossare Il mercante in fiera, programma già vintage anni fa; a venare di sessismo il rapporto con l’ex valletta; a litigare col critico Aldo Grasso e con metà arco costituzionale. Per tutto questo, l’ha Rai l’ha blindato con più di un milione di euro di cachet. Rispetto a Tognazzi che rivendicava il diritto alla cazzata, Pino quel diritto lo monetizza…

 

FRANCESCA ALBANESE

Dalla nostra invasata speciale

Francesca Albanese sta alla causa di Hamas come la Littizzetto alla divulgazione sessuale. Solo che le sue sparate fanno meno ridere. Special rapporteur» preferita per cuori antisemiti, palafreniera di Gaza baciata da innaturale fama televisiva, «relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati», la dottoressa Albanese è la donna che girella il mondo a spese altrui, a dipingere gli israeliani come volenterosi della Hitler-Jugend. A parte il conflitto di interesse a causa del marito consulente delle Palestina e la richiesta di dimissioni da parte di Ong internazionali, la dottoressa è riuscita a fare sembrare Piero Fassino –con lei in dissenso- un gigante del pensiero. Il suo astio per tutto ciò che sa di ebreo ormai è leggenda. Da anni non apre la Bibbia alla pagine del Vecchio Testamento, non guarda i film di Woody Allen, non legge Amos Oz e progetta di sradicare il cibo kosher dalla filiera alimentare. Shalom.

 

ROBERTO GUALTIERI

La politica delle chitarre

Roma vive il primato mondiale della “teoria involutiva municipale”: è l’unico luogo in cui il sindaco successivo è sempre un po’ peggio del precedente. Marino peggio di Alemanno, Raggi peggio di Marino e –ovviamente- Gualtieri molto peggio di Raggi. Ecco, Gualtieri è lo scatto evolutivo dell’approssimazione. Non gli bastavano la continuità sui rifiuti e i cinghiali, e il commissariamento di fatto del Giubileo, e “l’inceneritore di Terni? È nel Lazio” e altre amenità che lui lascia fluire suonando Toquinho alla chitarra. Ora ci mancava solo la figura cacina della sconfitta di Roma sull’assegnazione dell’Expo. “Avrete delle sorprese sull’Expo!”, aveva detto il sindaco. E infatti s’è visto. Il fatto che Bob il chitarrista non sia più ministro dell’Economia è una consolazione solo in parte…

 

 

JOHN ELKANN

Uno strano tipo di patriota

John Elkann detto Yaki è uno strano tipo di patriota. “Supereremo la recessione lavorando insieme e aiutando i deboli”, ha detto, mentre con Exor lasciava la borsa italiana dopo 10 anni, restando quotato nella fiscalmente allegrissima Amsterdam. La Fiat non è più italiana ma un crogiolo franco-olandese. Elkann ha pagato più l’Agenzia delle Entrate, e salutato i lavoratori italiani col gesto ad ombrello alla Alberto Sordi. Poi ha benignamente ventilato retromarce soltanto se lo Stato gli tagliava le bollette del gas e lo forniva di incentivi.  Tutti hanno plaudito alla “grande operazione internazionale”. Maurizio Landini che di solito rompe le palle su tutto, s’è dimenticato di organizzargli contro l’unico sciopero che avrebbe avuto un senso…

 

 

GERRY SCOTTI

La strategia delle pensione

Gerry Scotti è la terza potenza industriale di Mediaset. Oltre a rastrellare consensi e simpatia intergenerazionali; oltre a sembrare – grazie alla bonomia e a quel “volto che ricorda uno gnocco di Norfolk”- perennemente uscito da una puntata di Padre Brown; oltre a rappresentare la “buona tv di una volta”, Scotti ha la capacità di fare soldi anche da fermo, a occhi bendati e con un piede solo. Per esempio, da qualche mese percepisce una pensione di quando era deputato nel'92, a cui vorrebbe volentieri rinunciare, ma nessun governo da “Berlusconi, a Renzi, forse anche a Conte” glielo ha mai concesso. Unico in Italia prigioniero di un privilegio da cui vorrebbe liberarsi, Gerry ha cominciato a portarsi avanti col lavoro profondendosi in una beneficienza quasi efferata. L’avessimo messo ai tempi alla spending al posto di Cottarelli…

 

LADY SOUMAHORO

Bonjou stronzesse

Muovendosi flessuosa più in zona Naomi Campbell che in zona Kunta Kinte, Liliane Murekatete meglio nota come Lady Soumahoro (in quanto moglie del deputato di Sinistra Italiana Aboubakar), africana di buona famiglia, è un fulgido esempio di come la stronzaggine sia democratica al di là delle discriminazioni cromatico/cutanee. Mentre lei e il marito rivendicavano un immaginifico “diritto all’eleganza”, eccola consumare i fondi pubblici per le sua cooperativa d’accoglienza dei migranti in borse di Ferragamo e abitini di Elena Mirò. Per una cifra di un milione di euro. I suoi migranti erano trattati come nelle piantagioni di cotone di Django e lei postava foto da Regina d’Etiopia. Finita agli arresti domiciliari assieme alla suocera ha fatto sembrare Wanna Marchi e la figlia una coppia di carmelitane.

 

MAURIZIO LANDINI

Il Conte Marx

Un po’ Luciano Lama (poco), un po’ Jimmy Hoffa - lo storico sindacalista dei camionisti americani-  Maurizio Landini s’inebria di un potere che non ha. Il suo ego, un tempo da tornitore medio di industria meccatronica, oramai si dilata di dichiarazione in dichiarazione, di sciopero in sciopero, di Cgil in Cgil. L’ultima è quella di mandare a parlare sulle piazze minori il compare Bombardieri, tenendo per sé i palchi maggiori. La penultima, quella di allestire astensioni in massa dal lavoro contro una Finanziaria che ancora doveva esser scritta. Poi c’è quel problemino: in virtù del vecchio istinto da falce e martello, appena Landini sente, legge o vede “proprietà privata” – da Adam Smith ai cartelli attaccati ai cancelli - va quasi in trance, si irrigidisce e gli torna su tutto Marx.

 

ROBERTO VANNACCI

Nostalgia della folgore

Strano come Roberto Vannacci in divisa sembri Rambo e senza, con quelle giacche grigie e arditamente destrutturate, ricordi un pignoratore d’immobili. Spentasi la spinta mediatica del suo libro Il mondo al contrario –verso il milione di copie- il generale galoppa in ogni presentazione, casa, desco, possibili. Il rischio è che questo suo immergersi nelle piazze lo trasformi in un Alessandro Orsini qualsiasi. Ormai gli chiedono di tutto: lumi su Israele e l’Ucraina, e lì ci sta. Poi passano ai quesiti più siderali: la crisi delle sinistre, la riforma della giustizia, la Coppa Davis e, naturalmente il femminicidio della povera Giulia; e lì, alla risposta “il patriarcato non esiste, uccidono gli uomini deboli”, bè, sale la nostalgia di Vannacci nella Folgore col coltello fra i denti…

 

PIERCAMILLO DAVIGO,

Tutti colpevoli, esclusi i presenti

Con Nicola Gratteri (che però è ancora in servizio) Piercamillo Davigo detto “Piercavillo” è il magistrato più corteggiato dalle telecamere. Oramai i talk lo chiamano dappertutto, per una gamma di argomenti che va dagli autovelox alla riforma costituzionale; gli manca solo l’apparizione a Forum al posto di Santi Licheri, ma ci sta lavorando. La sua vena da giustiziere e il suo motto, “non esistono innocenti ma colpevoli non ancora scoperti” sono leggenda. Ma essendo stato condannato in primo grado dai suoi pari, ormai ogni volta che si apre bocca in tv c’è sempre qualcuno che gli fa:” lei è un condannato: per i suoi parametri non dovrebbe parlare…”. E si capisce che, da quel momento, ogni tentativo del magistrato di risalire la china d risulti vana. Non potendo adire all’autocondanna, almeno l’autoesilio è consigliabile…

 

DARIO NARDELLA

L’insuccesso può dare alla testa

Sosia di Enzo Iannacci, propaggine politica di Renzi, sodale di Schlein, il mite Dario Nardella ha sempre vissuto acquattato nell’ombra di qualcun altro. Poi all’improvviso il sindaco di Firenze ha cominciato a schiantare le catene. Ha placcato con scatto da quarteback il suo primo ecoteppista che imbrattava Palazzo della Signoria; poi eccolo commissionare una serie di video celebrativi di fine mandato (roba berlusconiana, solo che qui pagava il Comune); e poi ecco la cappella sullo stadio rifatto col Pnrr; e la diserzione per la cittadinanza italiana del direttore degli Uffizi Schmidt “piegato al marketing”; infine le liste di proscrizione ai musei per gli ospiti sovranisti di Salvini. La scuola è renziana: per farsi ancora notare gli manca solo di protestare al Duomo, alabarda alla mano, vestito da Lorenzo de Medici…

 

CARLO BONOMI

Un epilogo fiammeggiante

Carlo Bonomi, uno, nessuno, centomila. Come Cossiga torpido fino ai suoi ultimi mesi di mandato e poi fiammeggiante all’epilogo, Carlo Bonomi consuma i suoi ultimi giorni da Presidente di Confindustria in crescendo wagneriano di detti e contraddetti. Prima critico verso il cuneo fiscale poi ottimista sulla Manovra del governo ma anche “pessimista” sul Pil che poi, in fondo, dai, “crescerà”; prima indisponente verso il Made in Italy governativo e poi plaudente del “grande sforzo” dell’esecutivo; prima avverso alla stampa e poi “ai media servono investimenti”. Bonomi, tipo Zelig, più s’avvicina la scadenza del mandato più si adatta all’interlocutore. La sua aspirazione è diventare presidente della Luiss ma gli servirebbe una laurea che non ha ma che sostiene di possedere. Cosa può fare l’incubo dei giardinetti…

 

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