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Olindo e Rosa, Roberta Bruzzone: "Oltre Tortora, accuse senza riscontri"

Roberta Bruzzone

Claudia Osmetti
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«Una delle consulenze che è stata depositata è a mia firma». La criminologa Roberta Bruzzone è una dei 57 consulenti di parte di Rosa Bazzi e Olindo Romano. È anche una che non molla, Bruzzone. Testarda (forse), determinata (sicuramente): sul caso della strage di Erba lavora dal 2009 e lo fa senza ricevere indietro un euro.

Dottoressa Bruzzone, c’è l’ok all’udienza di revisione del processo. Come ci siete riusciti?
«Abbiamo seriamente messo in discussione tutto. Dalla micro-traccia sul battitacco che a nostro modo di vedere è stata acquista con modalità non accettabili anche per l’epoca, alla testimonianza di Mario Frigerio resa in ospedale che è frutto di una rielaborazione successiva, fino all’impossibilità della signora Cherubini di gridare, col tipo di lesioni che aveva, e che invece è stata sentita chiedere aiuto sei o sette volte. Io mi sono occupata di mettere a confronto quello che i due coniugi hanno riferito nelle sgangherate confessioni con ciò che le tracce hanno restituito...».

...E?
«Emerge proprio una versione dei fatti priva del benché minimo riscontro. Mi creda, ognuno di noi ha lavorato su tanti aspetti.
Ci sono elementi testimoniali nuovi, ci sono delle piste nuove che abbiamo indicato, elementi in più. È chiaramente una lettura diversa di quella già esaminata. Abbiamo testimoni che dicono che dentro quella casa, quel giorno, non c’erano Rosa e Olindo ma qualcun altro».

Senta, lei ha iniziato a lavorare sulla strage di Erba quasi quindici anni fa... Cosa si ricorda di allora?
«Eravamo nel processo d’appello: dire che quei due non fossero stati sulla scena mi è costato veramente tantissimo».

In che senso?
«Sono stata aggredita in tutti i modi, trattata come cialtrona, mistificatrice. Me ne han dette di tutti i colori, hanno trattato tutto il collegio difensivo come dei banditi. Adesso posso dire che, evidentemente, i banditi non eravamo noi. Lo abbiamo fatto esclusivamente per amore di verità e giustizia: nessuno aveva voglia di buttarsi in una storia di questo tipo per motivi di notorietà o altro genere. L’abbiamo fatto anche mettendo in discussione la nostra reputazione professionale perché siamo convinti di aver scritto cose vere, sensate e scientificamente inattaccabili».

Ora?
«Non sarà una passeggiata di salute, la vera battaglia inizia adesso. Ma già aver passato il vaglio di ammissibilità ci dà molta energia nell’affrontare il resto».

Se si ribaltasse la sentenza saremmo davanti a un errore giudiziario enorme, un po’ come quello di Enzo Tortora...
«La fermo. Qui siamo oltre Tortora. Per il tipo di gravità dell’accusa, tanto per cominciare, e per la lettura totalmente distorta degli elementi probatori. Ma il problema grosso, laddove si arrivasse davvero a un ribaltamento, cosa che ci auguriamo, non è soltanto legato al sistema giudiziario in sé, bensì anche al modo in cui dovremmo ripensare il ruolo del consulente tecnico. Questo è un processo estremamente tecnico. Dovesse accadere il ribaltamento, avrebbe delle ripercussioni trasversali su qualsiasi aspetto del processo penale».

Insomma, uno scossone. Reso possibile dalla scienza che fa passi da gigante, in pochi anni, in ogni settore?
«Abbiamo applicato una serie di competenze scientifiche che nel corso degli anni si sono affinate, sì. E in altri casi abbiamo ribadito che quello che è stato affermato da alcuni consulenti della procura scientificamente è impossibile».

Però la procura di Milano, a luglio, ha dato parere negativo alla riapertura delle indagini. Cambia qualcosa questo con Brescia?
«Dal nostro lato non pregiudica nulla. A Milano è stato dato un parere negativo, è vero, ma l’istanza di revisione doveva essere trasmessa. Poi è arrivata la nostra e i giudici, adesso, serenamente, faranno le loro valutazioni in totale autonomia».

Lei si è convinta subito dell’innocenza di Rosa e Olindo?
«Guardi, chiariamo una cosa: il mio non è un convincimento dovuto a simpatie o antipatie. Quando mi hanno contattato per occuparmi del caso non volevo neanche prendere la consulenza. Ero convinta, a livello mediatico, che questi due fossero stra-colpevoli. Mi sono fatta convincere a dare un’occhiata alla scena e alle dichiarazioni. Sono partita da lì: e lì mi sono convinta che Rosa e Olindo non c’entravano niente con la strage».

A marzo cosa succederà?
«Torniamo a parlare di tutto quello che è stato depositato nell’istanza. È un processo, a tutti gli effetti». 

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