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Roberto Salis, vigneti e terreni: ecco tutte le proprietà del papà "partigiano"

Massimo Sanvito
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Solo un quarto d’ora di strada divide quella dimora immersa nel verde, in una zona in cui pullulano bed and breakfast e agriturismi, dalle spiagge più vicine della costa sud-est della Sardegna. Un appartamento, diviso in nove vani, di proprietà di papà Roberto nel territorio di Castiadas: il mare cristallino di Villasimius, ambita meta turistica, è a meno di trenta chilometri. E chissà come mai Sant’Ilaria Salis, protettrice delle sacre occupazioni abusive, non abbia mai pensato di offrire un posto letto spese incluse, proprio qui, a quanti supportava nei blitz tra i casermoni popolari di Milano senza preoccuparsi di chi da anni attendeva in coda in graduatoria.

Avrebbe potuto optare anche per la casa di Monserrato (otto vani e mezzo), ad appena dieci minuti dagli scogli di Calamosca, di fronte a Cagliari, seppur il padre ne sia proprietario solo per una piccola quota. Oppure, volendo, anche per il magazzino da 128 metri quadrati (anche in questo caso si parla di un piccola quota, come si evince dalle risultanze catastali) a Cagliari città.

 

 

 

Nulla da fare, però: l’antagonista col vizio dei blitz oltre le porte altrui e dallo spiccato odio verso le forze dell’ordine («mangiate, solo nella monnezza potete stare», disse ai poliziotti del reparto mobile lanciando loro sacchi di immondizia durante una guerriglia urbana post-sgombero nel 2014) ha sempre tenuto al riparo le proprietà di famiglia per concentrarsi su quelle pubbliche, spacciandosi per una novella giustiziera di periferia. E maturando così l’esperienza utile per far sì che Alleanza Verdi Sinistra ne facesse il candidato bandiera da sventolare per superare lo sbarramento del 4 per cento.

 

NEL CAGLIARITANO

Immobili ma non solo. Roberto Salis, che ha preso di recente la tessera dell’Anpi, nella natìa Sardegna ha piccole quote sparse in una dozzina di terreni tra Monserrato e Selargius (sempre nel cagliaritano): si tratta di due appezzamenti da semina e di dieci vigneti. Senza dimenticare, come raccontato martedì su Libero, il villino da 160 metri quadrati a Monza (oltre a due box per le auto e a un piccolo deposito), nel cuore della danarosa Brianza, a due passi dalla maestosa Villa Reale, e la casetta alle pendici dell’Abetone, tra i principali comprensori dell’Appennino settentrionale con circa 50 chilometri di piste da sci, per un totale di una trentina di tracciati, serviti da ben 17 impianti di risalita. Mare, città, montagna: giusto per non farsi mancare nulla.

 

 

 

IL CORTOCIRCUITO

Ma ci teniamo a ripeterlo: in tutta questa carrellata di proprietà non c’è nessuna colpa da parte della famiglia di Ilaria. Anzi.
Quello che risulta incomprensibile, e che gli ultrà progressisti fingono di non capire (due giorni fa Ilaria Cucchi, deputata di Avs, ha commentato scocciata: «Per la destra Ilaria Salis è una occupante fuori luogo, le proprietà immobiliari della famiglia sono un ostacolo ai suoi gesti politici») è l’ipocrisia che ammanta la neo europarlamentare dal lungo curriculum penale (quattro condanne passate in giudicato e una trentina scarsa di denunce) e la sua galassia: troppo comodo giocare a fare i rivoluzionari a pugno chiuso invadendo senza alcun permesso le case che spettano ad altri, spesso e volentieri famiglie in difficoltà, quando se ne hanno a disposizione diverse in tutta Italia.

 

 

Eppure siamo certi che nessuno di coloro che negli anni si sono rivolti al famigerato “movimento per la casa” animato dall’astro nascente della sinistra-sinistra tra i fatiscenti palazzi popolari milanesi, avrebbe mai disdegnato una stanza all’interno degli immobili della sua famiglia. Dalla Sardegna alla Lombardia, passando per la Toscana. Avrebbero persino evitato di logorarsi, per dirla alla Salis, in occupazioni ballerine, con la spada di Damocle degli sgomberi sempre sulla testa, perché a loro le chiavi le avrebbe date direttamente la “padrona” di casa. Ora, però, apriamo gli occhi: il sogno è finito.

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