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Ultima generazione, il delirio di Miriam Falco sulla Cina: "Torniamo al Made in Italy"

Andrea Tempestini
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Nel campionario degli eroi al contrario di Ultima Generazione, gli ambientalisti che imbrattano, da qualche tempo spicca Miriam Falco. La quale Falco - cognome che pare sinistramente un’antifrasi - si presta a un ruolo che lei, verde & animalista, dovrebbe rigettare con sdegno: quello di carne da macello nei salottini tv. L'ultimo e più roboante capitolo risale a lunedì, siamo a 4 di sera, talk condotto da Francesca Barra e Roberto Poletti su Rete 4. C’è anche lei, Miriam Falco, in collegamento davanti a uno sfondo minimale, bucolico, vasetti e cartoline ecologiste.

Il dibattito è caciarone e Poletti la stana con una singola frase: «Voglio vederli andare in Cina ad imbrattare i monumenti». «Ottima domanda», replica Falco (anche se domanda non era), «perché mi consente di dire che la Cina sulle rinnovabili sta volando, sta andando benissimo. Sanno che tra un po’ non potremo più usare combustibili fossili e si stanno portando avanti». Lo sconcerto è tangibile: la Cina, tecnicamente il Paese più inquinante al mondo (e per distacco: la produzione di Co2 doppia quella degli Usa, secondi in classifica) non è poi così colpevole. La ragione? I colpevoli, ça va sans dire, siamo noi. «Vero che la Cina crea un sacco di Co2, ma perché? Perché noi compriamo dalla Cina! Dobbiamo comprare made in Italy! Pechino fa tutte queste emissioni perché compriamo da loro. Se noi fossimo intelligenti faremmo delle rinnovabili, smetteremmo di comprare made in China». Lo sconcerto è sempre più tangibile: siamo a una sorta di «prima gli italiani» climatico, il che ovviamente non ha alcun senso.

 

Tant'è, Poletti stronca lo sproloquio dell’attivista, che però si mostra stupita: «Perché mi interrompete? ». Segue servizio sui pendolari incazzati come faine per i blocchi stradali di Ultima Generazione. Si torna in studio e prende parola Antonio Caprarica, il quale è ancora turbato dai deragliamenti della Falco su Pechino. «La tesi che la Cina inquini perché produce il made in Italy mi sembra francamente azzardata». «Non ho detto questo!», replica stizzita lei. «Forse non ho capito, pazienza», la dileggia Caprarica. «Il problema è che noi compriamo dalla Cina!», rilancia l’attivista auto-infliggendosi il colpo di grazia (conferma infatti quanto appena sostenuto da Caprarica, chissà se poi se ne è accorta). «Vede, questa si chiama globalizzazione. Poi se lei vuole tornare al protezionismo...». «Io voglio tornare al Made in Italy!», conferma l’eco-confusionaria, ormai inarrestabile.

 

Stendiamo un pietoso velo sulla malaparata televisiva di Miriam Falco: è ciò che tutte le tv cercano ma lei, come molti dei suoi sodali, stentano a comprendere. Ci permettiamo solo due brevi considerazioni finali. La prima riguarda le freschissime parole di Wopke Hoekstra, successore dell’eco-talebano Frans Timmermans nel ruolo di commissario Ue al clima, il quale intervistato da Open ha tagliato corto: «Per quanto riguarda la possibilità di un nuovo programma di debito comune per la transizione ecologica, direi che il centro di gravità si sta spostando altrove. La prossima Commissione investirà di più nella geopolitica e nell’innovazione». Tradotto: Ultima Generazione e altri euro-gruppuscoli hanno davanti a loro ancora molti anni di proteste. Seconda considerazione: ieri su Libero vi davamo conto della possibilità che gli statunitensi del Climate Emergency Fund taglino ogni finanziamento ai movimenti ambientalisti europei (l’indiscrezione ha fatto piombare nel panico Ultima Generazione, che di fatto non avrebbe più un soldo in cassa). Francamente doveroso chiudere i rubinetti, se l’acume è quello portato da Miriam Falco in tv.

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