Anche affacciato al balcone di San Pietro con il nome di Leone decimoquarto, Robert Francis Prevost non ha perso quel suo essere “medio” e senza paura, come se ancora indossasse abiti indistinti, un sindaco di provincia che saluta alla festa per la sua elezione, tracimante di una magnificenza imperfetta. Così americano nelle origini - un giro di paiolo che mischia origini francesi, italiane, spagnole e pure creole, scriveva ieri il New York Times, citando un genealogista di New Orleans - eppure il contrario dell’altrettanto americano trionfalismo di Donald Trump, che ha fatto dorato un grattacielo intero e ha riempito di paccottiglia dorata lo Studio Ovale e che vuole dorati i tempi che verranno. Tutto in superficie, Trump. Un enigma che ieri ai cardinali durante l’omelia della messa “pro Ecclesia” ha detto di dover «sparire perché rimanga Cristo», Leone XIV.
Di questo enigma hanno tutti la soluzione. Il Guardian avverte, stupefatto, che il nuovo pontefice non è un sostenitore del matrimonio gay: nel 2012 al sinodo mondiale dei vescovi disse che «i mass media occidentali sono straordinariamente efficaci nel promuovere credenze e pratiche che sono in contrasto con il Vangelo, come l’aborto, lo stile di vita omosessuale, l’eutanasia». Il New York Times ha scritto, prima della fumata bianca, che si era opposto agli insegnamenti sul gender nelle scuole e che sembra a disagio con le politiche di Trump sull’immigrazione.
Prevost, aborto, famiglia ed eutanasia: cosa pensa davvero il nuovo Papa
È il 12 novembre del 2016. Donald Trump, tre giorni prima, è stato eletto per la prima volta presidente de...Politico ha titolato che «la sua visione del mondo appare in contrasto con il motto “America First”». L’Economist sottolinea che «condivide le preoccupazioni ambientali del suo predecessore». Insomma, un Papa che non è per i muri, non è nazionalista e nemmeno sfruttatore. È, cioè, un cattolico. Secondo The Washington Free Beacon, Prevost ha votato per le primarie repubblicane nel 2012, 2014 e 2016, il che ne farebbe un ex conservatore che mai avrebbe votato per l’attuale presidente. Secondo i documenti elettorali ottenuti dalla Cbs, invece, sarebbe stato un elettore registrato nel sobborgo di New Lenox, a Chicago, dove sarebbe andato alle urne sia per le primarie democratiche che per quelle repubblicane, più frequentemente però per quelle repubblicane.
Per Steve Bannon, il capo stratega di Trump durante il suo primo mandato e ideologo MAGA, l’ex arcivescovo di Chiclayo è «la scelta peggiore per i cattolici MAGA: un voto anti-Trump da parte dei globalisti della Curia». Bannon aveva previsto l’elezione del cardinale una settimana fa, in un’intervista all’anchorman britannico Piers Morgan: lo aveva indicato come “dark horse”, un outsider spinto dai poteri forti della Deep Church, la versione ecclesiale del Deep State, lo stato profondo. Per l’attivista MAGA Laura Loomer, Prevost è «anti-Trump, favorevole alle frontiere aperte e un marxista totale come il Papa Francesco», ha scritto su X.
A dire basta alle tifoserie è stato per primo il cardinale americano Raymond Leo Burke, quel tradizionalista cui Francesco tolse alloggio e stipendio, difensore dell’abito lungo, della dottrina e del Vangelo secondo Benedetto XVI, e che sarebbe tuttavia colui che ha spinto la candidatura del concittadino per la sua sensibilità liturgica e la chiarezza dottrinale (Prevost la scorsa settimana è stato visto entrare nella casa di Burke per un vertice segretissimo).
Il piccolo di casa Prevost giocava a fare il prete
Non correva dietro a una palla, il piccolo Rob. Non giocava a guardie e ladri, non organizzava inseguimenti per le strad...«Vi prego di unirvi a me nel ringraziare Nostro Signore per l’elezione di Papa Leone XIV», ha scritto su X, «e a pregare con fervore affinché gli siano concesse abbondante saggezza, forza e coraggio per fare tutto ciò che Nostro Signore gli chiede in questi tempi tumultuosi». Mentre nel pomeriggio si diffondeva la notizia della possibile partecipazione del vicepresidente americano J.D. Vance alla messa di intronizzazione del Santo Padre, ha parlato un altro cardinale americano, l’arcivescovo di New York Timothy Dolan, il conservatore sponsorizzato da Trump: «Non credo che la provenienza del cardinale Prevost abbia avuto peso», ha dichiarato alla Cnn, «E non dovrebbe spaventarci il fatto che guardiamo a papa Leone come a un costruttore di ponti: questo significato la parola latina “pontifex”. Non credo affatto che i miei fratelli cardinali abbiano pensato a lui come a un contrappeso per qualcuno».
Un muro di gomma, infine, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. Alla provocazione dei giornalisti sulle critiche che Prevost aveva manifestato alle politiche del presidente e del suo vice, ha risposto: «Il presidente Trump è molto orgoglioso di avere un Papa americano. Credo sia stata una sorpresa per tutti. È una grande cosa per gli Stati Uniti d’America e per il mondo. Stiamo pregando per lui». La nuova frontiera del sogno americano.