La pace non dovrebbe avere colore. E quando è raggiunto dovrebbe rendere tutti felici. Certo, un processo di pace conserva sempre incognite e pericoli, anche quando è patrocinato e sottoscritto da capi di Stati che ci mettono la faccia. Ma, sinceramente crediamo in quel valore, desideriamo augurarci che tutto vada per il meglio, soprattutto quando le condizioni perché sia così ci ci sono tutte. Eppure, dal momento in cui l'accordo su Gaza è stato annunciato, a sinistra è tutta una rincorsa a minimizzare l'accaduto, a ingigantire i problemi che pur sono rimasti aperti ma che rispetto al cessate il fuoco sono dopo tutto minori, a paventare difficoltà che potrebbero cambiare presto lo scenario (e che sono sì possibili, perché la storia è imprevedibile, ma anche altamente improbabili).
Insomma, piuttosto che soddisfatti, tutti coloro che in questi mesi hanno chiesto la pace, spesso scambiando le responsabilità di chi aveva voluto la guerra, oggi sembrano quasi scontenti, dispiaciuti, e soprattutto pronti a gufare. Media e influencer vecchi e nuovi, nani e ballerine, sembrano quasi rincorrersi per sminuire e fare distinguo, con pochissimi che hanno l'onestà intellettuale di riconoscere lo storico risultato raggiunto e men che mai il successo politico di Trump, abile regista di tutta l'operazione. Le piazze di Gaza e di Tel Aviv in festa non hanno fatto quasi notizia, mentre si sono sprecate le interviste ad analisti (proprio quelli che non ne avevano azzeccata una nei mesi precedenti) che mettevano in dubbio che di vera pace si trattasse. O che addirittura usavano ascrivere il risultato ai manifestanti occidentali o addirittura alla Flotilla. Ancora ieri, Il Domani, titolava in prima pagina: «l'accordo di Trump è già in bilico».
Enzo Iacchetti, la gufata: "Pace a Gaza? Al primo fiammifero..."
Enzo Iacchetti torna da Bianca Berlinguer a È sempre Cartabianca, il programma in onda su Rete 4, la puntata &egr...E Repubblica ribadiva: «La tregua di Gaza già a rischio». Il Manifesto aveva preceduto tutti parlando sin dal primo giorno di una “pace fragile”, incurante del fatto che a garantirla erano quasi tutti gli Stati del Medio Oriente presenti al vertice di Sharm-el-Sheikh, nonché gli Stati Uniti, a cui tutti non manca certa capacità dissuasiva. Completamente spiazzata Francesca Albanese ha alternato pessimismo sulla tenuta dell'accordo a interpretazioni a dir poco surreali: esso sarebbe «frutto di un piano intenzionale» per portare a termine il «genocidio» del popolo palestinese. Il quale, intanto, fra il silenzio dei nostri soloni, l'unico «genocidio» a cui sta assistendo in queste ore è quello compiuto dai miliziani di Hamas contro presunti «traditori».
Non poteva poi mancare la voce del nuovo opinionista di una sinistra al capolinea, Enzo Iacchetti, il quale, ospite su Rete4, se ne è uscito in un'affermazione che gli fa vincere forse questo festival della gufata: «Al primo fiammifero acceso salterà su tutto». Ovviamente, non bisogna sopravvalutare l'influenza di questo piccolo mondo sulla gran massa degli italiani, che ignoranti non sono e sanno vedere e giudicare le cose con la loro testa. Ma con il loro scetticismo essi molto nuocciono a menti deboli oa quei giovani a cui bisognerebbe offrire speranza, soprattutto quando è fondata come in questo caso su basi realistiche. È una vecchia storia quella che si presenta a sinistra in questi giorni, che smaschera un pacifismo ipocrita il cui vero obiettivo è politico. E ormai chiaro che ai nostri, più che la fine delle sofferenze del popolo di Gaza, interessava colpire Trump, Israele, la Meloni, insomma il mondo occidentale. Cioè proprio coloro che concretamente alla pace lavoravano.