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Napoli, ora però evitate alla città un'indigestione di retorica

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Renato Farina
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Tre secchiate di retorica ci stanno per uno scudetto che se n’era andato lontano da 33 anni, una vita di Cristo, e poi è tornato a Napoli. Ci sta la festa «che ha commosso il mondo» e persino la Madonnina tutta d’oro e piccinina ha dovuto benedire «l’onda azzurra che si è diffusa nelle strade per celebrare Napoli». Fantastico, come no? Tre secchiate di retorica uno se le prende in faccia con un sorriso, giusto lavacro per gli sconfitti, ora plaudenti per doveroso nonché convinto fair play, eccetera. Quando però, passata qualche ora, pretendono di infilarti il secchio in testa, e di dettarti le regole di quello che è obbligatorio dire su Napoli e quello che invece bisogna comprimere, tagliare, tacere, francamente è un po’ troppo. E innervosisce il Giobbe che ci siamo ripromessi di imitare nel tripudio senza limiti e confini innescato dalla bella e arci-meritata vittoria partenopea.

Siamo ormai al napoletanamente corretto! Per favore no, almeno dateci una moratoria, anche se sappiamo che è una battaglia disperata. Il codice della retorica vesuviana in poche ore è diventato un obbligo morale, il resto d’Italia lo ha interiorizzato, per qualunque squadra si abbia fatto il tifo fino a un attimo prima, ora si è costretti da una sorta di ricatto non tanto implicito a rinnegare le più innocenti battute, quasi fossero indice di razzismo territoriale. La retorica comporta come primo effetto la perdita di autoironia, che diventa divieto dell’ironia altrui contro la Napoli che ne è la sorgente secolare. Trascrivo dal sito seguitissimo “Notizie Calcio Napoli”: «Negli attimi seguenti alla vittoria dello scudetto del Napoli è andato virale su Twitter il post di un account che si spacciava per la società calistica Pro Vercelli. Il tweet che ha guadagnato decine di migliaia di interazioni recitava: “Complimenti @sscnapoli per il vostro terzo scudetto! Ve ne mancano però altri 4 per poterci raggiungere”. Il club piemontese ha però fatto chiarezza sui suoi profili social: “La F.C. Pro Vercelli 1892 intende prendere le distanze da alcuni tweet comparsi in rete negli ultimi minuti su profili fake. La Società si complimenta con l’@sscnapoli per la vittoria del terzo scudetto!”». Un esempio banale e abbastanza sconvolgente. Personalmente sono in grado di sopportare la dittatura mitologica di Diego Armando Maradona, gol di mano compresi, perché sì, non si danno spiegazioni degli incantesimi. Ma la dittatura di Pulcinella è una deriva che soprattutto i napoletani dovrebbero combattere per preservare la propria anima. Dovrebbero applicare a sé stessi la geniale arte dello sfottò che esercitarono allo stadio di Verona. Esposero questo striscione immortale di fronte agli ultrà che evocavano la salmonella e invocavano il Vesuvio: “Giulietta è ’na zoccola” . Sublime. E adesso come Masaniello vi fate scoppiare la pancia? Diteci almeno: quale codice linguistico è approvato a maggioranza? Il problema infatti è che ciascuno dei vip partenopei si sente abilitato a fornirci i comandamenti della retorica corretta.

 

 

Così il comico e regista Vincenzo Salemme enuncia, mascherati da preghiera, i precetti in vigore per i popoli sconfitti dal glorioso popolo napoletano: «Vi prego, adesso non dite che lo scudetto è un’occasione di riscatto, non dite che come festeggiamo noi non sa festeggiare nessuno. Vi prego, non raccontate la nostra gioia come fosse una buffa commedia. Vi prego, non siate felici della nostra felicità come si è felici quando il meno attrezzato prevale sul forte. Vi prego non fatelo, non siate così ingenui! Se volete un consiglio, vi prego, invidiateci. Perché noi siamo quelli più forti». Roberto Saviano rivendica sul Corriere della Sera la vittoria calcistica come ben altro tono, si sentono le trombe: «È pura illusione, me ne rendo conto: è chiaro come il sole che i trionfi nel pallone non contribuiscono a nessuna riforma della società. Ma l’illusione non è sempre sterile. Talvolta mostra una possibilità ... in nome e per conto di un popolo intero... La vittoria del Napoli è inconsueta, ecco. E oltre a essere inconsueta, la vittoria del Napoli è straordinaria. È una pernacchia in faccia a certi signori. A certi giochetti». Oddio no, eravamo tutti felici dello scudetto tornato sotto il Vesuvio dopo 33 anni, e lo siamo tuttora, ma un po’ meno. Un popolo intero, scrive Saviano. Compresi i camorristi? I riti di giubilo e la retorica espellono dalla memoria le strade che sprofondano, le formiche che camminano sulle braccia della vecchina all’ospedale, la pervasività della camorra. Ecco la camorra. Che se c’è, però non c’entra. Il killer della malavita se ne sta in mezzo alla folla, e ammazza a pistolettate il figlio di un boss godendo dell’immunità che accompagna i riti pagani? Subito prefetto e sindaco chiariscono: non c’entra con la festa, è roba a parte, non bisogna sciupare il rito della dimenticanza, per cui da ieri e per chissà quanti giorni Napoli si è trasferita nei Campi Elisi. D’accordo. Ma accidenti, un po’ della famosa autoironia.

 

 

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