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Maglie: le preferenze non ci salveranno dalla malapolitica

L'importante non è mettere la croce su un nome, ma scegliere in base ai miei diritti una formazione che ha un programma che poi manterrà

Matteo Legnani
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  Capisco l'esigenza che Franco Bechis interpreta di restituire un minimo di  potere di scelta  agli elettori. Solo in un Paese che non pratica la memoria storica, ma coltiva ipocrisia e doppiezza con capacità rara,  si può aver spacciato a suo tempo le preferenze per il male della Prima Repubblica, aver finto che il mattarellum dei collegi sicuri e di quelli sfigati fosse la gran pulizia, in seguito, e come un insopportabile tormentone, aver ostentato indignazione perché il porcellum aveva sostituito i prescelti con i designati. Oggi gli stessi sono tornati con faccia tosta invidiabile, attaccandosi agli scandali, che solo confermano il consociativismo perfetto del furto, a tornare a tuonare contro le preferenze medesime. Sono sempre gli stessi, ci scommetto che se prendete per esempio Dario Franceschini del Pd che rilascia ieri intervista dolente contro l'immoralità di una scelta che favorirebbe il voto di scambio, lo ritrovate che un anno fa le preferenze le invocava per ridare parola ai cittadini. E tutti a citare Batman, Fiorito, e gli altri squallidoni bipartisan delle Regioni, fingendo di non sapere che il problema vero è che gli enti locali sono indifendibili perché sono troppi e perché costano uno sproposito, e non servono a niente, non perché Fiorito ha preso quasi ventisettemila voti di preferenza.  Chissà che  il dibattito di questi giorni,  il centro sinistra che tuona contro le ‘ndrine, il Pdl spaccato da qualcosa di più di una fronda di deputati spaventati, unici soddisfatti l'Udc che si risogna democristiana di correnti alla Cuffaro e Lombardo, e gli ex An che pensano a piazzare utili federali sul territorio, faccia almeno giustizia della melassa di sdegno contro il porcellum che ci ha perseguitati per quattro anni. Era, come diceva il rimpianto presidente Francesco Cossiga, un bel sistemino, che forse alla fine delle fiere resterà in auge, studiato a tavolino dal Cav e da Fassino sul modello della Regione Toscana, era il modo migliore, mi perdonino i molti bravi designati, per selezionare la servitù e portarla in Parlamento. Significa questo che in assenza di drastici abbattimenti di costi, di selezioni oneste e spietate che solo un sistema di primarie non ridicolo come quello da alcuni adottato fino a oggi potrebbe garantire, il ritorno delle preferenze segnerebbe il ritorno a una sia pur parziale moralità della vita politica, significa che gli esclusi, spesso i migliori, avrebbero spazio? Non ne sono convinta, già il solo ritorno al sistema proporzionale mi sembra che segnali il fallimento e blocchi la governabilità. Il punto non è se ogni quattro cinque anni mi fanno scegliere i nomi di quelli intitolati a gestire i miei diritti. Il punto è se scelgo in base ai miei diritti una formazione che ha un programma che poi manterrà, i cui eletti hanno superato l'esame delle primarie, i cui eletti siano vincolati a non cambiare di casacca per l'intero mandato. Il punto è che non abbiamo mai veramente avuto e tantomeno rispettato il sistema maggioritario e l'uninominale; e che l'ingovernabilità ancora una volta sarà garantita dal ricatto dei partitini, dal bisogno stupido e vile che i partiti avranno dei partitini, il tutto sancito dal proporzionale. Grillo nuota come Mao nello stretto di Messina, gli americani, con l'eco di Marchionne, ci consegnano a Monti for ever, noi non dovremmo accontentarci di dibattere su una riformina elettorale. Sarà la campagna elettorale più corta del West e non so se  ci sarà il tempo  per le scelte.  Anche quando ci fosse questo tempo, ce ne sarebbe per frenare i costi che non a caso Bechis individua come problema più grave? Inoltre non mi piace che la campagna con le preferenze si faccia naturalmente contro l'avversario interno prima che contro quello esterno. Infine, sempre nella nostra e altrui storia l'idea di risolvere i problemi della politica ricorrendo alla  cosmetica istituzionale si è rivelato un fallimento. Certo, una buona legge aiuta, ma solo se c'è la buona politica. E la buona politica ci dovrebbe far dire che il sistema di governo locale è indifendibile e va cambiato con la massima urgenza. Non fornisce servizi adeguati ed è utilizzato per arricchimenti e spese personali . Ogni giorno di ritardo  costa  milioni di euro e aumenta la corruzione. di Maria Giovanna Maglie  

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