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Paragone: rottamare Bossi per non regalare voti a Grillo e Giannino

Maroni deve confermare il cambio di rotta della Lega: senza sacrificare il Senatùr si faranno favori agli avversari (e aumenteranno gli astenuti)

Giulio Bucchi
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  di Gianluigi Paragone Non Berlusconi e non Bossi. Questo potrebbe essere il doppio passaggio della nuova Lega. La rottura col recente passato dev'essere evidente perché altrimenti il nuovo corso non sarebbe credibile. Credo che Maroni non abbia scelte se vuole affrontare la prossima sfida elettorale e risultare credibile nel percorso di rinnovamento cominciato con la stagione delle ramazze. Il rischio di disperdere i voti nordisti è forte; sulla piazza ci sono almeno tre offerte: l'astensionismo, Beppe Grillo con la sua protesta allo strapotere finanziario, e Oscar Giannino che con Fermare il Declino mastica molte parole un tempo appannaggio del Carroccio (cos'è quello «Stato ladro!» se non un ammodernamento di «Roma ladrona»?). Maroni deve quindi spingersi oltre, deve ammodernare nella sostanza quello che comunque resta il più vecchio partito – almeno come sigla – in parlamento. Come farlo? Smarcandosi.  L'opposizione al governo Monti è stata una giocata perfetta, una giocata che ha serrato le fila interne e ha pure consentito ai lumbard di strizzare l'occhio a parecchi pidiellini delusi. Eppure non basta. Le prossime mosse sono ancor più ad alto rischio. Il nome di Berlusconi, se comincia a logorarsi dentro il perimetro targato Pdl, figuriamoci quanta allergia provochi tra i militanti leghisti, i quali (soprattutto i giovani) chiedono a gran voce la corsa in solitaria. Una mossa sì affascinante ma non priva di rischi mortali. Oggi come oggi le probabilità di vittoria in Lombardia sono lontane dagli anni in cui il centrodestra vinceva a mani nude, e neppure il nome di Maroni dà garanzie di vittoria. L'ex ministro dell'Interno è il solo a detenere un peso politico suo proprio, autonomo dal peso dei partiti. Ciò nonostante i partiti gli servono eccome. La Lega è uscita da un anno terribile e ha ripreso a navigare senza l'angoscia di rovesciarsi alla prima burrasca; il Pdl invece è nella più totale confusione con l'aggravante che a Milano deve scontare oltre alle storiche divisioni interne anche il logoramento del sistema formigoniano. Altro fardello è legato alle diverse inchieste che non cessano di frustare il Pirellone, sponda centrodestra. L'ultima figuraccia legata ai rimborsi si allungherà ben oltre il periodo natalizio. In poche parole la voglia di cambiamento è pressante, in Lombardia come in tutta Italia. Maroni conosce bene la forza del vento del cambiamento quando tira al massimo; se la ricorda perché la Lega dei primi anni Novanta capitalizzò quel mutamento d'opinione. A questa domanda di rinnovamento va data una risposta decisa, ecco perché né Berlusconi né Bossi possono restare al centro del gioco. Non so se davvero il Senatur resterà privo di candidatura, tenderei ad escluderlo: sarebbe come condannare un pesce a vivere fuori dall'acqua. Aggiungo (e lo dice una persona che non gli ha concesso sconti) che in un parlamento di mille persone, non sarebbe certo Bossi l'intruso. Il fatto politico non è la singola candidatura del vecchio segretario ma il peso della componente bossiana. Bossi resta un simbolo del movimento, i bossiani no.  Maroni deve spostare l'asse – e lo sta facendo – sugli amministratori locali, sui giovani, sul tessuto economico. Inoltre deve evidenziare la rottura col centrodestra berlusconiano, per superare la stagione delle telefonate e delle cene Silvio&Umberto. Quelle formule non funzionano più, si sono consumate coi loro stessi protagonisti. Leggo così l'offerta del Bobo lanciata ad Alfano come leader di un centrodestra con cui il Carroccio potrebbe tornare a dialogare più per motivi tattici che strategici; tuttavia poiché la raffica elettorale è dietro l'angolo la tattica prevale sulla strategia… È come se Maroni invitasse Alfano (con cui ha un ottimo rapporto) a superare la stagione berlusconiana senza complessi. La Lega 2.0 non può nella maniera più categorica allearsi nuovamente con Berlusconi candidato premier. La politica non si fa con gli affetti.  Ps. Un'eventuale alleanza tra la Lega maroniana e il Pdl alfaniano comunque dovrà fare i conti con la tendenza Monti di cui Angelino è gran tifoso.   

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